giovedì 29 maggio 2008

EUGENIO SCALFARI risponde al teologo Vito Mancuso


ieri Scalfari ha risposto a Vito Mancuso in merito ad alcune critiche che questi ha fatto al suo libro: "luomo che non credeva in Dio" di recente pubblicazione, ritengo utile riportarla sul blog....


Repubblica — 28 maggio 2008 pagina 54 sezione: CULTURA
.............Dicevo che tra i miei recensori ce n' è stato uno che ha concentrato la sua attenzione critica sugli aspetti filosofici del mio libro. Diciamo sulla mia filosofia. Si chiama Vito Mancuso. Mi ha dedicato un lungo articolo sul Foglio del 18 maggio. E' filosofo e teologo. Ha scritto libri pregevoli, l' ultimo dei quali s' intitola L' anima e il suo destino che ho letto con vivo interesse. E' di cultura cattolica anche se piuttosto eterodossa. Privilegia la ragione sulla fede, ma non al modo di san Tommaso o almeno non soltanto. Usa molto le categorie ontologiche, direi ammodernando un tipo di pensiero che è più vicino ad Anselmo d' Aosta che al grande Aquinate. A lui desidero rispondere non da scrittore ma piuttosto da filosofo a teologo perché questo tipo di confronto mi interessa e spero interessi anche i miei lettori. * * * Mancuso concorda con me su parecchie questioni. Per esempio sul mio modo di intendere la morale come un istinto biologico mirato alla sopravvivenza della specie. E ancora sulla mia visione dell' amore come elemento dominante della vita alla pari con la volontà di potenza. Infine sulla mia ricerca dei «fondamenti» che determinano le forze primarie e vitali. Ma dissente, Vito Mancuso, su alcuni punti essenziali e mi coglie in difetto di coerenza. Anzitutto su Nietzsche. Secondo lui l' autore di Zarathustra ha demolito la Ragione come grembo primordiale del creato, mettendo al suo posto il corpo il «soma», l' irrazionale-istintuale. Scalfari - scrive Mancuso - è intriso di pensiero illuminista e tutte le sue pagine sono un onesto e cauto esercizio di razionalità, ma d' improvviso abbandona Diderot e Voltaire per Nietzsche. Non è incoerenza questa inattesa giustapposizione di due tesi completamente opposte tra loro? Rispondo con una delle frasi che meglio rappresentano il pensiero nietzschiano: «Bisogna avere il caos dentro di sé per partorire una stella danzante». Nietzsche parlava per aforismi e metafore e questa è una delle più profonde e poetiche tra le tante da lui usate. Egli non pensa l' essere alla maniera di Parmenide e delle religioni induiste. Tanto meno lo pensa come Logos. Per lui il grembo primordiale - se posso usare l' immagine di Mancuso - è il caos, il ribollente informe che sfugge alle categorie del tempo e dello spazio. Il caos non è l' essere ma piuttosto un perenne divenire che erutta forme. La stella è già una forma, dotata d' una sua figura, d' una proporzione tra gli elementi chimici e le forze elettromagnetiche che la compongono; una forma in evoluzione, soggetta a regole e leggi proprie; misurabile sia nello spazio sia nel tempo. Volete conoscere la prima di tali regole? E' l' entropia, la degradazione dell' energia potenziale che si traduce in luce e calore secondo i principi della termodinamica. Il caos non è pensabile dalla ragione. Come il nulla. La stella invece è pensabile, misurabile, degradabile, ha un tempo di nascita e un tempo di morte, soggetto alle leggi imposte dalla sua stessa natura, conoscibile attraverso i processi propri del pensiero razionale. Questa del resto è una visione tipicamente spinoziana e Mancuso ricorderà che Nietzsche riconobbe Spinoza come suo maestro e anticipatore del suo pensiero. L' irrazionalismo nietzschiano coincide con la visione caotica dell' informe originario ma cessa nel momento in cui entrano in scena le forme e le leggi che regolano il loro divenire. In questa concezione non c' è posto per il «logos primordiale». Le religioni monoteiste lo trasmettono ai loro fedeli come verità certa mentre si tratta di una verità di fede. Dal punto di vista della ragione vale appunto come un vento di fede, valida soltanto per chi ne sia vivificato e ne derivi tutte le conseguenze induttive e deduttive. Togliete la fede e l' intera costruzione logica che poggia su quella premessa crolla come un castello di carta. Il suo guaio, caro Mancuso, è di scambiare quel vento di fede per verità di ragione. * * * Ci sono nel suo articolo altri punti di dissenso con me: il tema della libertà, il tema dell' anima (che le sta particolarmente a cuore), quello dell' amore in contraddizione (secondo lei) con la volontà di potenza, quello della Trinità di Dio. Fossi in lei, teologo cristiano e anzi cattolico, starei molto attento a infilarmi in quest' ultimo argomento: lei sa meglio di me a quali dispute ha dato luogo il Dio uno e trino. Dispute da Concilio, votazioni su Dio, scomuniche, scissioni, papi e antipapi, episodi cruenti, quanto di più lontano da una teologia libera e feconda di pensiero e di carità. Il tema della libertà, come lei lo pone attraverso le equazioni tra Io e Mondo, è per me assai poco ricevibile. Se Io è eguale a Mondo (lei dice) il risultato dell' equazione è zero nel senso che non c' è residuo; se invece Io è qualche cosa in più di Mondo, da quella sottrazione resta un x e quell' x è la libertà. Debbo dire che pensare la libertà come un elemento residuale, un sovrappiù dell' Io depurato dalle influenze esterne (Mondo) mi suscita un sentimento di sgradevolezza. Nell' immagine corrente la libertà è una forza potente, una «anima mundi» che pervade la vita di ogni persona e di ogni società. O è questo o non è. La libertà come un residuo mi sembra impensabile ed anche mi sembra impensabile un Io depurato dalle interferenze del Mondo, cioè dalla realtà esterna. Non è lei stesso a sostenere (ed io convengo con lei) che una delle caratteristiche fondative della nostra specie è la socievolezza che lei chiama «legge relazionale»? E dunque se la relazione con gli altri è elemento fondativo della specie come è mai possibile concepire l' Io sottraendolo ad uno dei suoi elementi fondativi? Significherebbe snaturarlo non depurarlo; significherebbe distruggerlo e quindi privare l' equazione da lei formulata di uno dei suoi due elementi. E poi: mi sembra strano che un teologo cattolico concepisca la libertà come un residuo quando tutta la dottrina cattolica indica nel libero arbitrio la pietra angolare della sua costruzione. Qui - mi permetta di dirlo - è lei in contraddizione con la sua Chiesa. Ma torniamo alla libertà. Io ritengo che l' istinto fondamentale di ogni entità vivente sia quello della sopravvivenza cioè della forma di ciascun vivente e della durata della sua organizzazione. Tutto il resto ne deriva. In questa visione la libertà è il modo con cui il soggetto utilizza la realtà esterna e le occasioni che essa gli offre per poter sopravvivere. La libertà comporta il rischio di sbagliare, l' errore di scegliere un' occasione che sembra utile alla sopravvivenza e invece non lo è. Quante specie sono perite anzitempo per aver imboccato strade cieche, prive di evoluzione ulteriore? Quanti individui hanno compromesso la loro felicità e la loro fortuna scegliendo «liberamente» l' occasione negativa anziché quella per loro positiva? Il margine di libertà così concepito è molto piccolo, ma comunque è molto maggiore di quanto non sia quello di altre specie viventi. Noi siamo dotati di mente riflessiva e quindi di capacità comparative, cioè di giudizio. Non solo ci sentiamo soggetti ma aggiungiamo al soggetto il predicato. La nostra libertà ha la sua radice proprio in quel punto, situato nel rapporto tra vivere e pensare, tra soggetto e giudizio. * * * Concluderò parlando dell' amore, un tema che mi è molto caro in tutte le sue declinazioni. L' amore, come tutti gli altri nostri sentimenti, deriva dall' istinto di sopravvivenza. C' è l' amore di sé e l' amore per l' altro. Gli animali non hanno questa duplice declinazione; non avendo una mente adeguata a costruire l' Io agiscono soltanto per sopravvivere. Per noi umani è diverso: noi amiamo noi stessi ma amiamo anche gli altri la cui esistenza è necessaria alla nostra sopravvivenza. Di qui nascono la morale e l' egoismo come istinti separati ma alimentati entrambi da quello della sopravvivenza. Non ci sono in questa visione atti morali che possano danneggiare la specie, come lei caro Mancuso sostiene. Intendo: che possano danneggiare l' umanità della specie. Ci possono invece essere e purtroppo ci sono atti egoistici che possono danneggiare l' umanità della specie. L' istinto morale interviene a correggerli, alle volte ci riesce, altre volte no. La nostra vita è fornita di due pedali come una macchina che abbia un acceleratore ed un freno. Tra le tante buone letture in materia, consiglio le massime di La Rochefoucauld: fu un uomo per tanti aspetti detestabile ma aveva un cervello e capacità di giudizio fuori dal comune. Se per caso non le avesse lette le legga ora, caro Mancuso: imparerà o si rinfrescherà con molte cose che la teologia non include nel suo sapere. Non ho bisogno di ripetere che apprezzo molto i suoi scritti. Del resto non avrei dedicato tanto spazio a contestarne alcuni aspetti. - EUGENIO SCALFARI

lunedì 26 maggio 2008

Ordine e Caos


Cari cenacolanti
Martedì commenteremo il quinto capitolo (Salvezza dell'anima) del libro di Mancuso. Spero che il caldo non vi scoraggi e che ci sia anche Donatella Ragusa, magari in geens se vuole (per chi non c'era, mi riferisco al suo anarchico bisogno di non seguire - per il momento - le regole del gruppo).
La volta scorsa, dopo un'acuta ed incomprensibile riflessione di Simonetta sul testo di Mancuso, il nostro bersaglio è stato Dio che, non avendo fatto i conti con Alberto Spatola, pensava ingenualmente di sottrarsi alle inevitabile critiche per le sofferenze dei giusti e degli innocenti facendosi scudo dell'impersonale Principio Ordinatore alla cui cecità - anche nella prospettiva suggerita da Mancuso - sarebbe imputabile tutto il male del mondo.
Ed in effetti, non per prendersela sempre con i poteri forti che manovrano dietro le quinte, ma non può piacerci il modo poco trasparente con cui Dio cerca di mascherare le proprie respondabilità: se proprio il male è, nel progetto divino, indispensabile all'evoluzione del mondo, uno si aspetterebbe che Dio abbia almeno il coraggio di metterci la faccia, invece di fare esporre solo il Princio Ordinatore a cui fa fare tutto il lavoro sporco.
Apprezzabile, infine, il contributo di Camillo che ha cercato di giustificare le difficoltà in cui si muove il Principio Ordinatore in un Universo dominato dal secondo principio della termidonamica, ossia dalla legge dell'Entropia, secondo cui la tendenza costante è, ovunque (e sopratutto sulla mia scrivania) all'aumento del disordine.
A domani
Pietro Spalla

venerdì 16 maggio 2008

La filosofia come cura

ricevo da Augusto e con piacere pubblico
La 'filosofia-in-pratica' NON è una terapia. Può essere però una forma di 'cura' verso di sé e verso gli altri, filosofi o non-filosofi di mestiere?
Sabato 17 maggio alle ore 21,30 Augusto Cavadi ne discuterà presso il Parco letterario "Tomasi di Lampedusa"(Vicolo della Neve, alle spalle di piazza Marina in direzione di via Alloro) con Moreno Montanari (Ancona) autore del recente volume LA FILOSOFIA COME CURA (Unicopli, Milano 2007).
Augusto Cavadi 091.6377018 338.4907853 www.augustocavadi.eu

mercoledì 14 maggio 2008

AMT-1 detto "IL MONOLITO"

Ho dovuto lasciare la cenetta senza aspettarne la conclusione, ma sono stata attentissima (della serie "non studio ma sto attenta in classe"), perchè veramente i contenuti e le riflessioni espresse erano densissimi, a mio avviso, di profondità. Sono uscita con una frase che mi risuonava nell'orecchio, sul pianerottolo, nell'ascensore, nello scivolo (in salita), in strada etc: "ma siamo sicuri che l'uomo sia un'espressione del principio ordinatore?". Prima ancora mi aveva colpito il ripetuto interrogativo di Pietro: " ma se il principio ordinatore è un'entità, questa entropia, questo disordine non può essere un'entità pure essa?... che so satana?". Chiedo scusa se riporto le frasi in modo inesatto, ma cerco di essere il più possibile precisa rispetto quanto detto.

Ecco allora che mi è tornato alla mente un argomento accennato a conclusione della cenetta ancora precedente e trattato un pò di fretta.

Qualcuno aveva detto che nel film di Kubrik "2001Odissea nello spazio"(1968), tratto dal racconto di Clarke "The Sentinel" (1951), la comparsa del monolito data la contemporaneità dell'intuizione di usare un osso per colpire, in quanto segno di intelligenza, poteva essere un segno del principio ordinatore. Avevo obiettato per spirito di verità (se mai è possibile raggiungerla..ahimè), ma ancor di più per allargare la riflessione appena lanciata, che Kubrik fa riferimento ad una delle principali correnti sataniste del nostro tempo e qui cerco di spiegare meglio.

Un paio d'anni fa cimentandomi in una ricerca sul satanismo giovanile ho letto su un testo di M.Introvigne, che è uno degli studiosi contemporanei più accreditati sull'argomento, che il riferimento di Kubrik è alla corrente “occultista”, di M.A. Aquino e del tempio di Set secondo cui ed attraverso cui l’uomo cerca di realizzare la propria volontà, con l’aiuto del “principe delle tenebre, colui che diede all’origine l’intelletto agli uomini”.

Per tranquillità di quanti mi conoscono, dato che la mia ricerca sfociò in una relazione ad un convegno sulla devianza giovanile, organizzato da me, sottolineo che a moderare la sessione in cui parlavo io, ho voluto il cappellano di un carcere minorile siciliano, perchè avvertivo una certa inquietudine a parlarne e ..per non saper nè leggere nè scrivere.. con un sacerdote vicino mi sentivo più tranquilla.
Ma tornando a Kubrik ed al cosceneggiatore Clarke, si ricorderà che il film, chiusa la parentesi "primitiva", si occupa, nella prima parte, del viaggio di uno scienziato alla base americana Clavius, presente sulla luna dove, guarda un pò chi si rivede, è custodito L'ATM-1 "Anomalia Magnetica di Tycho numero 1" (in gergo "il monolito" e chiamato così perchè è stato trovato sotto la superficie del cratere Tycho seguendo delle variazioni anomale del campo magnetico lunare). Su Clavius, ..guarda caso, si è sviluppata un'epidemia e una volta toccato da mani terrestri e dalla luce solare il monolito si "attiva", e secondo un programma stabilito dai suoi misteriosi costruttori lancia un segnale fortissimo verso Giove, attorno cui ruota un altro monolito ATM-2.

Il macello che segue è, secondo me, uno dei più crudeli della storia del cinema e si salva solo l'astronauta che entra nel monolito (ricordate quella scena da video-gioco a velocità fortissima?) avendone in cambio, in un'atmosfera onirica, un'accelerazione dei propri ritmi vitali ed una rinascita.


In occasione della prima, Kubrick proclama: - Se "2001" ha scosso le vostre emozioni, il vostro subconscio, acceso il vostro desiderio di miti, allora avrà avuto successo ( io personalmente ero ragazzina e ricordo ancora quanto fosse scomoda la poltroncina di ferro dell'arena estiva in cui ho preso sonno).

In pochi si sa che dopo il successo del film Clarke ne scrisse il seguito " 2010: Odissea due", subito tradotto in film da Peter Hyams, in cui il monolito che avevamo visto in "2001" orbitare intorno a Giove discende sul pianeta, crea copie di se stesso, si moltiplica, aumentando la massa di Giove fino a raggiungere il livello critico che innesca una reazione a catena trasformando Giove in una nuova stella, che viene battezzata Lucifero.

Non mi permetto di dire altro.
Messaggio privato per Pietro: ho scordato il contributo materiale per la cenetta, rimedierò la prossima volta ... chi disse di ricordare che doveva un pollo ad Esculapio o qualcosa di simile..?

domenica 11 maggio 2008

Anima,Sapere ed Aristocrazia

...per favore un attimo..
Intanto complimenti proprio tanti per le bellissime cose che avete scritto.
Manco un bel pò dal blog, come prima ancora dalle cenette, e se scrivo è per esprimere una sensazione di pelle che spero dia magari un pò più di voglia di scrivere a quanti non l'hanno mai fatto, guadagnandosi così l'eccezionale award proposto da Alberto, con l'implicita speranza che mi venga passato per un'eventuale fotocopia.
Ringrazio per la possibilità datami da Augusto di rimettermi in "carreggiata" lasciando come "compito" per il prossimo incontro un buon "ripasso" di quanto sino ad ora letto del libro di Mancuso, ma non riesco proprio a comprarlo:non riesco a varcare la soglia di una libreria per farlo. Sinceramente comincio a nutrire seri dubbi sulla mia natura umana e la sensazione che ne ho è di essere un vampiro dinanzi ad una collana d'aglio.
Ho ancora dinanzi alla mente gli affettuosi richiami a comprarlo e leggerlo prima di poter esprimere un parere sulle cose dette a commento: sicuramente è una possibilità che mi si incita a voler cogliere ed in particolare la possibilità di essere un'anima per così dire "eletta", tramite l'adeguamento ad una norma condivisa.
Non me ne si voglia ma è quello che ho preso dall'ultimo "conversare" sul libro cui ero presente.
E mentre noi si conversa di anime, un mondo in carne ed ossa, nel tentativo di una convivenza umana possibile, cerca modelli politici tramite svariati e diversi meccanismi "elettorali".
Non ce la faccio a comprarlo il libro, non ce la faccio a leggerlo e se fosse l'interrogazione "chiave" dell'ultimo quadrimestre, rinuncerei "stoicamente" all'anno, "autocandidandomi" a ripetente.
Per me non c'è bisogno per forza di leggere un libro sull'anima per poter parlare di essa, dando per scontato, chiaramente che gli altri però lo abbiano fatto e che ti permettano di farlo.
Ci si sente un pò, è vero, ad una serata di gala in jeans, ma se nessuno nota che non hai il vestito adatto, ti senti a tuo agio come con un G.M.Venturi o un R.Cavalli e di colpo ti senti persona in mezzo alle persone.
Mi torna a tal proposito qualcosa riguardo l' abito con cui si può entrare nel regno dei cieli, mi sembra detta proprio da chi ne è il governatore, ma forse non ci si crede più che costui lo fosse davvero e pensiamo che ne sparasse di grosse e questa con le altre.
Ed allora eccomi qua caparbiamente a dire cosa è per me l'anima: quando soli si è in riva al mare e ci si avverte uniti ad acqua terra e cielo perchè sono lì a farti compagnia accettandoti per come sei o quando anche vedendo le proprie miserie più nere si ha ancora la forza di aprire l'uscio di casa ed andare per strada, non sempre sapendo dove. Credo molto a quello che ciascuno avverte nel proprio intimo più segreto e lì per me sta l'anima.
Chiuso per me con questi cenni personali l'argomento, spero che il coraggio di poter dire contagi quanti non scrivono o non hanno mai scritto sul blog e poichè il mondo è bello perchè vario, anche grazie ai colori, coloro il testo ( anche questa è libertà personale , senza imporre modelli agli altri).
Per inciso: la foto di Armando sulla panchina è molto più simpatica, spero presto di cambiare anche la mia.


venerdì 2 maggio 2008

L'anima e la sua costituzione

Resta centrale nel bel libro di Vito Mancuso il discorso riguardo alla natura dell'anima ( se c'è ). Preferisco pensare all'anima come a qualcosa che, comunque ,( se davvero persiste oltre la morte ) rimanga oltre ogni nostra discussione. Un quid di sostanziale che soddisfi la nostra pretesa ( illusoria ? ) di immortalità. Certo lo studio degli antichi insediamenti abitativi , in specie delle necropoli antiche , indica la assoluta certezza dei nostri avi riguardo la presenza di un mondo dell'al di là , altrettanto corposo e vivace di quello mondano. Il ritrovamento di suppellettili , monili , scodellame vario et al. delle decorazioni funerarie , sembra essere un ( infantile ? ) desiderio di vivere oltre il tempo , al di là del tempo e vivere concretamente , non solo in spirito. Se l'aspirazione dell'uomo ( forse di ogni uomo benchè ci sia chi vagheggi la morte come annichilimento totale ) sia fondata non lo so . Certo non credo sia un discorso meramente razionale a giustificare una tale aspirazione . Semmai è tutto l'uomo , anche nelle sue corde più nascoste e irrazionali , che nel proprio " cuore " può desiderare di non morire mai. C'è pure chi , stufo della vita e delle sue sofferenze , dell'anima non vuol proprio sentire parlare. Comunque credo che un tal discorso teologico possa avere per reale fondamento soprattutto la fede, o anche una fede naturale e primigenia molto lontana dal solo e puro argomentare razionale e filosofico o teologico. Del resto molta gente umile e semplice crede in Dio ( gente guarda caso preferita dal Gesù evangelico ) senza alcuna argomentazione logica. Noi che ci dilettiamo di filosofia e dei bei ragionamenti, possiamo dire che sia "plausibile " sia che l'uomo abbia un anima, sia che ci sia un Dio Personale ( vedi Mancuso ). In tal caso è come se levassimo un ostacolo alla vita di fede , cioè è come se dicessimo che non è "irrazionale" il credere , e che se qualcuno arriva alla fede , non va contra rationem. Nello stesso tempo però la "plausibilità" del credere non è mai certezza matematica , ma " possibilità dell'intelletto ", o , se si vuole , "argomentare ardito ma non impossibile ". Inoltre , a me pare che Mancuso , nel suo voler privilegiare l'analisi razionale sull'esistenza di Dio e dell'anima , trascuri che si possa arrivare alla fede anche e sopratutto per la "testimonianza " dei maestri di spiritualità , di quelle figure cioè che "incantano" per esemplarità di vita; si pensi ad alcuni come Gandhi , o a un San Giovanni della Croce, o a Giovanni l'evangelista , o ( la dico grossa ) a chi fa i "miracoli " , cioè rende "visibile" il soprannaturale e lo fa così conoscere. Primo fra tutti lo stesso Gesù dei vangeli.