sabato 26 aprile 2008

Cambiare?

Qualche settimana addietro ho ricevuto da Francesco Vitale il seguente messaggio per mail:

Carissimo Francesco, ti chiedo di cambiare il tema di layout del blog; mi risulta veramente orripilante aprirlo, con questo colore così sgargiante, con questi caratteri così giganteschi, e senza alcuna personalità.
Visto che non siamo tutti d'accordo, magari cambialo spesso, almeno accontenterai un po' tutti....

Effettivamente qualcosa da cambiare ci sarebbe, il dibattito è aperto....

Cari cenacolanti
Ancora storditi dai risultati delle elezioni e dalla prospettiva di altri cinque anni con Berlusconi e Bossi al governo, abbiamo fatto fatica a ricollegarci alle ben più alte riflessioni proposteci dal libro di Mancuso sull'anima ed il suo destino.
Ha esordito Anna Pensato che ha chiesto ad un teologo "a caso", eventualmente presente tra di noi, se quando Mancuso parla della grazia la concepisce come un’arbitraria elargizione clientelare dall'alto che, come al solito, premia solo chi ha giuste frequentazioni e amicizie altolocate, oppure il tutto avviene secondo criteri meritocratici. A sorpresa ha risposto Augusto che, dopo averci stordito con dotti riferimenti a Pelagio ed Agostino e sapienti incursioni nella teologia della predestinazione di Calvino, ha poi capito che era meglio adeguarsi al nostro livello di preparazione teologica ed ha esemplificato, più o meno, così: la grazia è come una bella donna solo apparentemente facile: sta lì a civettare con tutti ma poi si concede solo se si sente capita.
Fuor di metafora, la prospettiva Mancuso-Cavadiana, se abbiamo compreso bene, è questa: il Bene, il Bello e il Vero sono lì per tutti, ma si tratta di riuscire a sintonizzarci (a scoprirli, preferisce dire Simonetta).
Ed infatti Mancuso scrive, al riguardo, parole molto belle: "Quando Mozart componeva, non inventava nulla, sentiva. Quando Rembrandt dipingeva non inventava nulla, vedeva. Hanno riconosciuto una realtà che c’era da sempre. …Diceva Mozart: tutto è stato composto ma non ancora trascritto". Sono idee che ricordano un po’ W. Otto ("Il mito", che consiglierei come preparazione alle prossime vacanze filosofiche sul sacro) quando afferma che i poeti più creativi sono solo dei recettori e cita Goehe:
"Ed una divinità parlò quand’io credevo di parlare".
Solo che - ho poi osservato a proposito delle resistenze mentali che ha confessato Mario Micciancio - Mancuso avrebbe dovuto spiegare che, per aprirsi alla grazia ed ai suoi doni, non basta una decisione razionale a tavolino: quell'apertura presuppone un coraggioso lavoro (spirituale) di decostruzione rispetto a pre-giudizi e difese mentali che ci ostacolano. Ma, ha replicato Mario, "il fatto è che a me non bastano teorie come quelle di Mancuso pur plausibili rispetto alle conoscenze scientifiche: io voglio basare le mie aperture e le mie scelte su prove certe e razionalmente inconfutabili". Ma Mario non ha spiegato come si concilia questo asserito bisogno di scelte razionali con la decisione di risposarsi a sessant'anni e di reincarnarsi nuovamente a Milano, dove sta ritornando lasciandoci qui sedotti e abbandonati.
Ed a proposito di reincarnazione, qualcuno ha ricordato che Mancuso la esclude dal suo campo visivo perchè comporterebbe la perdita dell'esperienza e dell'informazione acquisita in questa vita e, pertanto, la scomparsa dell'individuo. Scrive, infatti, Mancuso: : "La storia della coscienza, con tutte le esperienze fatte e le persone amate, se si rinasce nuovamente nel tempo viene azzerata".
Non si capisce, però, come mai questa irrimediabile dissoluzione dell’individuo – che nella visione di Mancuso somiglia molto a quella della sinistra dopo le ultime elezioni – venga imputata alla reincarnazione piuttosto che alla morte.
A questo punto sarà interessante leggere il prossimo capitolo sull’immortalità dell’anima per scoprire che cos’è che sopravvive, per il nostro autore, dopo la morte.
Dopo una critica di Maria a certe mie idee (ma per errore anche Maria se l'è presa con lo iellatissimo Mancuso, che non c'entrava nulla, invece che con me) Alberto ha concluso la serata spiegando perchè la visione evolutiva di Mancuso "uso Teilhard de Chardine" non lo soddisfa per nulla: se ci fosse un principio ordinatore alla base di tutto, se l’evoluzione non fosse casuale ma, come pensa Mancuso, fosse davvero sorretta da un logos e diretta, sin dall’inizio, verso un telos (n.d.r. : ormai le sole parole italiane a noi cenacolanti stanno strette…) allora ci sarebbe una gravissima responsabilità che dovremmo imputare a questo principio ordinatore per tutto il male, la dissipazione, lo spreco ed il dolore che, in questo tumultuoso processo evolutivo, colpiscono tanti innocenti. E Alberto ha fatto l’esempio dello tsunami, dell’olocausto e della vittoria di Berlusconi alle elezioni per dimostrare che non è possibile che ci sia un disegno divino così sadico e malvagio che ci costringa, per evolverci, ad attraversare certe sciagure.
Nel darvi appuntamento per martedì prossimo alle 20 e trenta per chi cena con noi e alle 21 per gli altri, Vi ricordo che nel nostro Blog è stato pubblicato un bell’articolo di Augusto che dovremmo leggere tutti perché evidenzia, anche criticamente, gli aspetti più importanti del libro e ci offre importanti spunti di riflessione per le prossime cenette. Sempre nel Blog si è aperto, inoltre, un interessante dibattito sulla compatibilità tra l'esistenza del male e quella di Dio (cè una branca della filosofia che si occupa di questo annoso problema: mi sembra che si chiami teodicea e che fu fondata molti anni fa da un certo Giobbe.
Pietro Spalla