giovedì 6 dicembre 2007

Dimitri, ovvero: Dai magici ritratti dell’inconscio alle Idee archetipiche

Sono sempre molto interessato, su queste pagine, allo scambio di esperienze ed esperimenti rispetto alla pura speculazione.

Lo scorso anno ho visitato a Parigi una mostra di immagini a dir poco singolare. Ne è autore un grafico ed artista francese, Dimitri, il quale ha creato una tecnica che evidenzia il potere della visualizzazione impressiva. La mostra è allestita permanentemente al Grande Arche della Defense, lo straordinario quartiere futurista della capitale.

"Pour le peintre comme pour le visiteur, c’est le signal du départ pour un voyage au coeur de sensations inconnues dans un monde sans limite et sans âge" déclare Francis Bouvier, Président du Toit de la Grande Arche.
En effet, le spectateur devient acteur privilégié de l’art en participant à l’élaboration du spectacle visuel. La peinture en rémanence est un art qui s’appuie sur la persistance rétinienne, pour permettre au cerveau de virtualiser en positif- et de reconnaître- des peintures regardées en négatif très contrasté.
Dimitri s’est inspiré de célébrités : Julia Roberts, Georges Clooney, Marilyn Monroe…

Le immagini esposte ritraggono personaggi famosi per lo più contemporanei i quali, attraverso un processo di iconizzazione grafica digitale, vengono resi assolutamente irriconoscibili a prima vista, cioè al processo di identificazione conscio. Va notato che l’autore ha scelto proprio dei personaggi-simbolo, e che questa scelta non è casuale, perché amplifica l’effetto del richiamo iconografico-simbolico.
L’unico modo che consente di riconoscere facilmente i personaggi non è quello visivo diretto, ma quello impressivo. Si deve fissare l’immagine per almeno 3 - 5 minuti di orologio (che sono lunghi da trascorrere, per il nostro comune senso della pazienza!). Questo processo di fissazione prolungata e concentrata, permette all’immagine di imprimersi nella retina; allorché si deve chiudere gli occhi ed attendere altri 10-15 secondi. Allora si forma “dentro” l’osservatore un’immagine molto chiara, che rivela immediatamente l’identità del soggetto ritratto.



Vi assicuro che l’effetto-sorpresa è strabiliante, ed il semplice raccontarlo, al confronto, non rende affatto lo stupore di “vedere” con chiarezza qualcosa “attraverso la mente”.

Dopo essermi divertito un po’ a saltellare da Humphrey Bogart a Bob Marley a Marilyn Monroe, (che riconoscevo solo nel momento in cui chiudevo gli occhi...!) mi sono fermato a riflettere su quanto, certi nostri meccanismi di funzionamento, lavorino attraverso parti inconsce in senso davvero molto esteso. Quasi certamente, le immagini dei cartelloni pubblicitari, oltre al ben noto meccanismo del “subliminale da rapidità”, nascondono una serie di altri messaggi, che vengono sparati nell’inconscio degli osservatori attraverso questo genere di trucchi, appositamente predisposti per “pilotare” ed incrementare le nostre scelte consumistiche. Ovvio che i risultati possono essere constatati in termini di influenza su un campione di popolazione, e non sono certo dei meccanismi ai quali tutti sono costretti ad obbedire come robot. Però hanno effetto sulle masse.

Al di là dell’uso scorretto e sconsiderato della Conoscenza che l’Uomo ha di sé stesso, mi intriga pensare che una gran parte di noi si muove, riconosce, decide ed agisce al di là del vaglio razionale, cui tanto siamo affezionati anche quando ci dilettiamo a filosofare sul perché e sul percome dell’esistenza. Diciamo sempre …”io penso, io ritengo, io valuto…” Ma io chi?

E’ straordinario rendersi conto di come il riconoscimento di qualcuno o di qualcosa non avviene attraverso l’immagine che il bulbo oculare trasmette “in diretta” al cervello, ma soprattutto attraverso una serie di elaborazioni successive alla pura osservazione, le quali fanno parte di un complesso processo cognitivo in gran parte inconscio..

Ma cosa succede se vediamo un volto, o un oggetto, od una qualsiasi altra cosa che ci sembra di non aver mai visto prima? Magari, senza rendercene conto subito, potrebbe darsi che in verità la stiamo comunque riconoscendo…
E se si tratta di un qualcosa che effettivamente non abbiamo mai incontrato prima, quale sarà l’immagine inconscia che verrà proiettata dentro di noi, e come verrà processata?

Vi è mai successo di scoprire che una certa cosa la sapevate fare, senza averla mai vista e fatta prima? E che la vostra sensazione fosse proprio quella di un "vago ricordo"? Finora non è mai stato dimostrato che la coscienza umana possa attingere direttamente ad eventuali memorie ontologiche condensate nel DNA dei propri geni. Pertanto restano difficili da spiegare alcune particolari esperienze individuali, ad esempio come quella di un bimbo di tre anni che sa suonare un violino alla meraviglia, senza che nessun professore di musica glielo abbia insegnato.

Un’altra domanda interessante, che discende dalle precedenti considerazioni e le travalica, potrebbe essere: “…Questo tipo di memoria inconscia, risiede davvero nel nostro corpo fisico individuale? Cosa impedisce che il nostro Essere possa collegarsi ad un serbatoio di conoscenza più ampio ed esterno, senza averne coscienza istantanea?”
Di fatto questo processo è pari a quello che esercitiamo consapevolmente quando ci colleghiamo ad internet…Se ci penso bene, l’intera memoria di Internet, che ormai comprende e sintetizza le informazioni di quasi tutta l’umanità, potrebbe essere concentrata in pochi grammi di materia, e con modeste pretese energetiche per essere tenuta in vita per molti millenni, ben oltre la vita degli stessi creatori.

ὰρχέτῦπος
I miti, ed alcune strampalate idee filosofiche di un lontano passato poi riprese dalle ben più recenti tesi psicologiche junghiane, presuppongono che l’uomo abbia in sé degli archetipi che, come idee platoniche primeve, sono impresse nel profondo della sua coscienza; queste idee possono anche essere espresse attraverso simboli archetipici. Ma se noi studiamo oggi Filone, Dionigi o Platone, li critichiamo (perdonate l’efficace strafalcione filosofico) attraverso la nostra “ragion pura”, e siamo portati a pensare che quella del “mondo delle idee” e degli archetipi sia una proiezione mitica, per noi fantastica, coerente con lo stile iconografico secondo cui l’attuale mondo occidentale classifica quello della Grecia classica. Quella stessa nostra razionalità che si inceppa quando tenta di spiegare, ad esempio, il ritrovamento del “Meccanismo di Antikitera”, il quale rivela che nell’antichità classica vi erano perfette conoscenze scientifiche, tecniche e matematiche, di fatto soltanto “riscoperte” nel tardo ‘500…


Di pari passo, qualcun altro che ha studiando i grafi di tutte le espressioni primordiali dell’umanità (per lo più da arte rupestre) si è accorto che esistono una trentina simboli base che le accomunano tutte quante, indipendentemente dall'area geografica in cui sono stati ritrovate.
Sarebbe interessante fissare attentamente, meditare e magari “ricordare” questi simboli, provare l’effetto che producono dentro di noi, al di là della coscienza razionale a cui non dicono nulla. Ma questo fa eventualmente parte della sperimentazione volontaria, non della speculazione.

Alcuni miti raccontano che l’uomo abbia perso il possesso di un linguaggio universalmente conosciuto, e che inoltre sia stato privato del possesso e del controllo di idee archetipiche, poiché un suo grande avversario, approfittando del fatto che l’Uomo "dormiva", gliele ha sottratte, o meglio, occultate….Nella Bibbia questo antagonista è indicato come dio, e risulta evidente dai medesimi racconti che questo dio non sia poi tanto amico delle sue creature. Magari quella del dio è solo un’interpretazione successiva di un ben più antico monito, inviato ad una residua parte della razza umana eventualmente in grado di afferrare il messaggio.

Se ci guardiamo intorno, la storiella del linguaggio universale e degli archetipi sottratti risponderebbe perfettamente alla grande stupidità e cecità che oggi imperversa nel mondo, ancor più in quello del progresso tecnologico rapido ed incontrollato: il mondo di quella sapienza razionale, fredda e calcolatrice, che ha fatto in modo che il piccolo creatore si sentisse solo nell’universo.