martedì 6 novembre 2007

Il quasi-reale, ovvero: ipnosi e principio di verità

Noi e l'ipnosi
L’ipnosi è un possibile stato della coscienza. Potremmo anche definirlo “alterato”, ma di fatto l’esperienza del mondo attuale, con l’uso diffusissimo di linguaggi e di simbolismi “ipnotici” da parte della pubblicità, della politica e dei media, ci dimostra che in questo stato ci ritroviamo molto spesso. Per cui è difficile dire quando lo siamo o no. Non ce ne siamo accorti? E’ proprio quello che volevano! Chi sono “loro” ? Semplice, i detentori di un qualsiasi potere sulla massa. Pensaci. Stai guidando, e mentre la tua parte razionale è intento, e crede di guidare, la tua vera coscienza legge perfettamente, e recepisce, cosa c’è scritto nei grandi cartelloni pubblicitari, lettera per lettera. In realtà, siamo guidati, e molto spesso anche.

L’ipnosi come ricerca ha altri scopi. Innanzitutto esplora un terreno traballante, ancorato sul famoso interrogativo se può esistere una “verità comune” su cui potremmo essere tutti d’accordo. Ebbene, praticando l’ipnosi su svariati soggetti (consenzienti !) è curioso osservare che si arriva per necessità di cose al principio espresso da Alfred Korzybski, di cui raccontava Giovanni. Questo principio, definito secondo una corrente terminologia ipnotista adottata da alcune scuole, si chiama “quasi-reale”.

Caratteristiche del quasi-reale
Il quasi-reale di una persona altro non è che la sua personale rappresentazione del mondo esperienziale, unica ed irripetibile, ma fedele a sé stessa, entro archi di tempo prefissati e sufficientemente lunghi. Al suo interno possono coesistere contraddizioni e paradossi ma il soggetto, di fronte a determinate domande, sarà coerente con sé medesimo nelle risposte. Il gatto può essere bianco e nero nello stesso momento, ma per lui/lei sarà sempre così, fino a quando non trova una motivazione profonda per sostituire quella particolare rappresentazione.

L’altra caratteristica fondamentale che si osserva, è che tutto ciò che il soggetto percepisce come facente parte del suo mondo interiore è per lui assolutamente “vera”. Un ipnotista che non tenesse conto di questo principio, rischierebbe di far seriamente male al suo interlocutore. Se hai davanti a te un soggetto che, durante lo stato di ipnosi, “vede” davanti a se una tigre che sta per sbranarlo, non puoi dirgli -“Ma no, non ti preoccupare ! Stai sognando!”. Dal momento che per lui la tigre è assolutamente reale, rischieresti di entrare in rotta di collisione col suo essere e di combinare guai. Che ne so, dovrai dirgli magari: “Guarda alla tua destra, vedrai una porta stretta: rifugiati velocemente lì dove la tigre è troppo grande per passare !”. Il suo quasi-reale ha il concetto di porta stretta, per cui egli la visualizzerà velocemente, e sarà altrettanto “vera”, ed il gioco sarà fatto.

Il quasi-reale è quindi la rappresentazione, la mappa del mondo di ciascuno, e risulta formato da un insieme di ricordi, di concetti, di attributi possibili e di valori assegnati. In generale non è un casellario squadrato. Ogni volta che si ripete l’esperimento con la medesima persona, in generale non si riuscirà a tornare nello stesso punto seguendo il medesimo percorso. Poiché nel frattempo qualcosa sarà mutato, essendo la mappa in aggiornamento ed estensione costante. Il quasi-reale delle persone non è rigido, può essere modificato usando alcuni “trucchi”, anzi viene comunque continuamente modificato in questo modo. Quante volte ci è successo di entrare in un grande magazzino con l’intento di comperare alcune cose, ed alla fine di uscirne con altre completamente diverse? Quando abbiamo comprato la nostra auto, perché abbiamo scelto proprio quella?

Qualcuno ha fatto giustamente notare (PNL) che la mappa non è il territorio. Se davvero esista uno ed un solo territorio indipendente da noi e pertanto “vero” non può saperlo nessuno essendo, il nostro personale punto di osservazione, ancora una volta, un quasi-reale come tanti altri. La verità assoluta potrebbe assimilarsi al concetto di infinito, un limite estremo che è possibile solo concepire teoricamente ma forse non raggiungere e verificare, almeno a partire dalla condizione umana in cui ci troviamo.

Un'altra caratteristica interessantissima del quasi-reale, individuabile attraverso l’ipnosi, è che il soggetto riesce ad interagire con effetti fisici consistenti nel mondo esterno, su di sè o su gli altri, usando la propria personale interpretazione. Quindi l’input e l’output hanno la stessa “forza” incisiva nella materia.
Ciò ci ricorda, molto umilmente, che non è necessario avere in mano la “verità assoluta” per produrre gli effetti desiderati, ma che bastano il desiderio profondo, la volontà, l’energia. Tutte cose che si scaturiscono normalmente dal quasi-reale di ciascuno.
Potenzialità dello stato ipnotico cosciente
Una persona in stato ipnotico è di per sé felice; è perfettamente in grado di controllare sé stesso di calmare i dolori, arrestare una emorragia, ed in gran parte di rigenerarsi energeticamente e fisicamente in poco tempo. Questo è sempre verificato biunivocamente, nella relazione tra soggetto ed ipnotista: per questo l’ipnosi può funzionare terapeuticamente, ma senza certezze di ottenere gli effetti desiderati da entrambi. Per raggiungere un risultato si deve trovare la strada giusta.
In ipnosi è normale ricordare perfettamente ogni momento della propria vita andando indietro nel tempo, fino a sei giorni prima di nascere. Basta dare data ed ora, e chiedere “Cosa stai facendo in questo momento?”. Il soggetto è anche in grado di rivisitare altre “vite”, collocabili in un passato storico (Sono sue? Non lo sono? Certamente sono per lui “vere”. Entreremmo qui nel campo delle interpretazioni, e ciascuno avrà le sue. Quindi lasciamo stare…).

A confronto di tutto ciò, un individuo “in normale stato di veglia”, quasi normalmente è già fortunato se riesce a sentirsi né stanco né stressato. Di solito non vede bene, o non sente bene, e i suoi muscoli di occidentale benestante sono quasi completamente atrofizzati. E’ distratto, o ha il mal di testa. Non respira e non digerisce correttamente; non si nutre, correttamente. Se non mangia o non beve o non dorme o non fa l’amore “ai suoi propri orari”, allora soffre. Se questo è un Uomo “sveglio”, ditemi voi….
Cognizione della realtà ed ipotesi "oniriche"
Tornando adesso a rivisitare la questione dal punto di vista filosofico o scientifico o esistenziale, ci chiediamo: cosa possiamo conoscere davvero? Tentare di rispondere a questa domanda (forse) è il vero motivo per cui ci troviamo qui. Da un lato vi sono i filosofi, dall’altro i poeti, dall’altro ancora gli scienziati ed i matematici e ciascuno ammira il mondo dai balconi dal proprio personale palazzo.
Vi è però un saggio (sarà forse un maestro, un illuminato ?) che parla attraverso i miti. I miti sono più flessibili, ed hanno la capacità di contraddirsi, senza che questo costituisca un problema. Così come ci piaceva che la mamma ci raccontasse le favole prima di andare a letto, e non ci importava per niente se fossero vere o inventate, allo stesso modo molti “maestri dello spirito” hanno parlato sull’argomento della verità in questo particolare modo. E forse, con umiltà, ci hanno insegnato che il sogno non è per noi meno importante del ragionamento o dell’arte.

Uno ha detto una volta: “l’Essere è Verita, la Verità è l’Essere.”
Un altro invece ha raccontato che una grande, immensa Divinità si sia frantumata nel Mondo delle Forme dopo averlo creato, per tentare un esperimento grandioso: ampliarsi e ricomprendere sé stesso a partire dalla molteplicità, cortocircuitando la propria assoluta unità primeva. Una sfida che può anche perdere, se non si ritrova “in tempo e nel tempo”. Cosa succederebbe se non ci riuscisse? Non si sa, poiché la Divinità non era stupida (speriamo!). Se avesse predeterminato qual’era la fine del film, si sarebbe annoiata. Invece ha pensato di entrare in un numero infinitamente grande di esseri individuali, dotandoli del potere più grande che può esistere: la libertà di scelta e di creazione (o distruzione). Individui che possono popolare liberamente ogni angolo dell’Universo conosciuto e di tutti gli Universi del possibile. Sta a loro riconoscere, o meno, la propria unità e la propria origine. Se questo dovesse mai avvenire il Mondo delle Forme sarebbe “divinizzato”, e la partita vinta. Altrimenti la materia, l’energia e le forme scomparirebbero nel nulla dal quale sono emerse.
Non dovrebbe stupirci allora il constatare che in giro nell’universo vi siano molte forme di vita distruttive, verso sé e verso altre specie.
Verità assoluta e verità relative non si contraddicono...
Secondo questa particolare visione, l’Uomo non è costretto a riconoscere Dio, ma le so facesse, “potrebbe” anche convenirgli. Come fare? Attraverso un atto di volontà, innanzitutto. Ma certamente non può bastare. Ma la fine del film non è data, perché ciascuno ha la propria, ed attraverso la propria può vedere e modificare, se vuole, il mondo. Può aprire delle porte "molto particolari".
Viceversa puoi anche pensare che la materia sia sempre esistita, che il nostro pensiero è prodotto dalla materia, e che alla fine tutto scomparirà comunque. Dobbiamo scegliere: siamo noi il creatore al Centro dell'Universo: creeremo ciò che desideriamo, la vita o la morte sono in nostro potere, che intendiamo usarlo o meno. Chi desidera l’annullamento totale, riuscirà certamente ad accontentare se stesso. Se una parte di noi desidera approcciare una ipotesi di “Vita Eterna” deve farlo qui ed ora, perché nessuno ha il diritto di influenzare il film personale di qualcun'altro, e perché nessun altro ha il diritto di rispondere al posto nostro alla nostra intima domanda. Quando il film (personale e collettivo) sarà finito non sappiamo nemmeno cosa succederà. Fa parte delle regole del gioco, ma soprattutto della nostra esperienza ontologica.

Se tutto ciò fosse “vero”, o semplicemente desiderato, vorrebbe dire che per conoscere meglio qualcosa del mondo abbiamo bisogno di mettere in comune ciò che “abbiamo visto, sentito e compreso” con tutti gli altri esseri umani. Senza di ciò non potremmo consolidare dei risultati. Il mondo è innanzitutto il mondo interiore di ciascuno. Non esisterebbero allora punti di vista più “veri” di altri, ma solo punti di vista, che però sarebbero tessere di un unico grande mosaico che ciascuno può scegliere liberamente di condividere per uno scopo più grande, diverso da quello egoistico. Ogni tessera potrebbe essere quindi dotata di una propria funzione particolare in un contesto più ampio, che può essere riconosciuto solo individualmente. Sembra perverso, ma per me è bellissimo.
Il mio colore ha bisogno del tuo...
Come la luce che entra in un cristallo si scompone in un raggio di arcobaleno, in modo inverso se tu unisci il tuo proprio colore con quello degli altri otterrai, otterrete, otterremo, la Luce.
Attenti però, se guardata direttamente da vicino, la luce fa male agli occhi!

“…Verrà il giorno in cui il Filosofo, il Poeta, il Fisiologo, parleranno la stessa lingua, e si comprenderanno…”

E. Schurè
(da “i Grandi Iniziati”)