lunedì 21 gennaio 2008

La vita è bella.Sottotitolo: Leopardi ed il pensiero divergente

Mi permetto ancora una volta di partecipare al dibattito su Leopardi spezzando nuovamente una lancia a favore di un possibile ottimismo, che è contenuto nei suoi scritti. Sapete bene che sono digiunotta di filosofia, però già aver letto il modo in cui Giacomo parla di amore nella sua prima operetta, mi ha convinto ancora di più che, possibilmente, anche lui pensava che una "filosofia dolorosa ma vera" non volesse dire automaticamente pessimismo, anzi. Trovo il coraggio di scrivere dopo i precedenti autorevoli contributi, non ultimo quello dell'autore stesso con la sua lettera che sembra scritta per noi ed inviataci tramite Marcella.
Sono alcuni giorni che rifletto sul concetto di "pensiero divergente". Basta usare un qualsiasi motore di ricerca per saperne di più, io ne ho la memoria da un corso di formazione fatto a Roma, da cui tornai come se avessi avuta una visione, per i giochini pratici che ci furono fatti fare, tanto per capire di che si trattasse.
Guilford distingue due modelli di pensiero: convergente e divergente. Il pensiero convergente è il ragionamento logico e razionale. Consiste in un procedimento sequenziale e deduttivo, nell'applicazione meccanica di regole apprese, nell'analisi metodica di dati. Si adatta a problemi chiusi che prevedono un'unica soluzione. E' il pensiero sollecitato anche dalla scuola.
Il pensiero divergente è il pensiero creativo, alternativo e originale. E' sollecitato da situazioni aperte, come quelle sociali, e che ammettono più soluzioni alternative. Secondo Guilford il pensiero divergente è misurato da 3 indici:
Fluidità: parametro quantitativo basato sull'abbondanza delle idee prodotte
Flessibilità:capacità di cambiare strategia ed elasticità nel passare da un compito ad un altro che richiede un diverso approccio
Originalità:capacità di formulare soluzioni uniche e personali che si discostano dalla maggioranza
Importante il richiamo all'
Autonomia di pensiero ed all' Autostima che Bandura definisce" il sistema immunitario della coscienza".
Il sistema immunitario non rende invulnerabili alle malattie, ma predispone l'organismo alla difesa e rende meno devastante un eventuale attacco dei virus. Così, l'autostima non preserva dal dolore o dall'errore, ma consente di affrontarlo più preparati e di uscirne meno danneggiati.
Finiti questi richiami da manualetto, mi piace pensare alla capacità di applicazione del pensiero divergente alla realtà fatta da Benigni nei suoi film, per me migliori: Down by law, Johnny Stecchino, Il Mostro e chiaramente il superpremiato La vita è bella (mi vengono ancora i brividi a riascoltare con la mente la voce della Loren che chiama Roberto sul palco). Secondo me Benigni ha accarezzato a lungo questo modo di guardare alla realtà, esprimendolo talora in modo parallelo ad una lettura convergente, per poi esplodere con sicurezza ed a tuttotondo nel film sui lagher.
Si poteva parlare meglio di amore, bellezza e, contemporaneamente di realtà dolorosa?
Un abbraccio, Donatella.


Cari cenacolanti, non potrò esserci Martedì sera a discutere con voi su Leopardi per concomitanti ed urgenti problemi “addiopizzari”. Me ne duole perché questi nostri incontri, indipendentemente dall’autore su cui si riflette, per il modo in cui ci relazioniamo, mi sollevano spirito e morale. In attesa dunque di conoscere quanto vi direte attraverso l’obiettiva sintesi di Pietro, contribuisco alla discussione sottoponendovi quanto in una lettera al De Sinner del 1832 scriveva Leopardi contro chi ha bisogno di giustificare la sua “filosofia disperata” accusando i suoi malanni. Le sue parole delineano da una parte la sua attenzione a voler essere “filosofo” dall’altra il suo rifiuto a considerare la sua visione della vita come risultato delle sue personali condizioni.
Buona cenetta
Un abbraccio
marcella
Quali che siano le mie sventure, che si è creduto giusto sbandierare e forse un po’ esagerare in questa rivista, io ho avuto abbastanza coraggio per non cercare di diminuirne il peso, né con frivole speranze di una pretesa felicità futura e sconosciuta, né con una vile rassegnazione. I miei sentimenti verso il destino sono stati e sono sempre quelli che ho espresso nel Bruto minore. E’ stato proprio per questo coraggio che, essendo stato condotto dalle mie vicende ad una filosofia disperata, non ho esitato ad abbracciarla tutta intera; mentre, d’altro canto, è stato solo per effetto della debolezza degli uomini, che hanno bisogno d’essere persuasi del valore dell’esistenza, che si è voluto vedere le mie opinioni filosofiche come il risultato delle mie sofferenze individuali e che ci si ostina ad attribuire alle mie circostanze materiali, ciò che si deve solo al mio intelletto. Prima di morire, io voglio protestare contro queste invenzioni della debolezza e della volgarità, e pregherò i miei lettori di cercare di demolire le mie osservazioni e i miei ragionamenti piuttosto che accusare i miei malanni."