martedì 20 settembre 2011

Cosa è dio, cosa è chiesa, cosa è religione, cosa è fede e sentimento, cosa è strategia o bugia


Sono tutte cose tra loro molto diverse, ma spesso accomunate da un destino storico che nel mondo occidentale ha fatto da collante.

In queste righe ho scritto e scriverò ogni “nome sacro” volutamente in minuscolo, per evitare facili ed immediate “mistificazioni” (nel senso mistico del termine) sui temi che saranno toccati dal mio discorso. Sono anche perfettamente cosciente che il tema è così vasto e profondo che non è mai possibile esaurirlo in poche pagine né con un trattato. Non pretendo nemmeno che il mio discorso sia privo di lacune e di contraddizioni. Del resto, non mi interessa ricadere strettamente nel campo delle dimostrazioni scientifiche. Come dicevo ad Augusto, ho solo voglia di un scambio umano, non di un confronto para-professionale.

Punto di partenza
Questo mio scritto prende il via da un breve scambio di battute, non prive di qualche punta di sana provocazione, tra me ed Augusto Cavadi (http://www.facebook.com/event.php?eid=201774369888554). Base di partenza, il nuovo libro di Rindone: chi è gesù di nazareth, idee nuove dopo il concilio. Augusto ha preso spunto dal nuovo libro di Rindone che tratta di una esperienza teologica “fondamentale” ovvero post-concilio vaticano II, e che nell'ultimo cinquantennio si è contrapposta ad un'altra ben più diffusa e radicata- cioè teologia cosidetta “apologetica”.
Poichè Augusto non aveva il tempo di spiegare anche brevemente i significati terminologici delle due etichette di cui sopra, mi ha costretto ad una rapidissima ricerca internet, non essendo io un addetto ai lavori. Tra le cose trovate, e senza nessuna pretesa esaustiva, segnalo allora quelle che possono essere per me significative per comprendere (in modo sia pure ampio e non esaustivo, non cioè da addetti ai lavori) i termini della recente diatriba storica nata in seno alla fede cristiano-cattolica.

http://apologetica.altervista.org/

http://digilander.libero.it/longi48/Teologia%20Fondamentale.htm

Gli opposti non si congiungono nemmeno all'infinito
Si tratta di due esempi di opposte tendenze: vi sono alcuni siti che si ancorano in modo evidentemente bellicoso ad una tradizione conservatrice, se così la possiamo definire; mentre altri aprono le braccia al mondo intero, con un gesto pacifico ed onnicomprensivo e tuttavia razionale, ponendosi però (in modo figurato) a guardare il mondo da dietro le spalle di un cristo pantocratore, icona peraltro molto antica. Così antica, al punto che “L'eminente filosofo Alfred North Whitehead ha avanzato l'idea che la visione scientifica del mondo, ora così profondamente impressa nella coscienza occidentale, abbia le sue radici nella teologia dei Cristiani del V secolo. Il Cristo nel V secolo era infatti considerato il principio organizzatore del cosmo, generato e non creato da Dio Padre, la chiave di comprensione della realtà e la risposta al mistero dell'esistenza. Il desiderio umano di ordine aveva trovato il suo esaudirsi in Gesù, il Logos incarnato, la ragione e la struttura del cosmo. Le implicazioni intellettuali e spirituali di questo significato di Cristo Cosmico sono avvertite ancora oggi. ” (fonte wiki)

Ciò potrebbe (forse) spiegare perchè un numero esiguo di cristiani, i più coraggiosi, oggi si sentono in grado di valicare ogni confine dettato dalla propria identità religiosa tradizionale, permanendo nella certezza intima che non è materialmente possibile uscire dal “corpo di cristo”. Secondo la mia personale interpretazione, i cristiano-cattolici idealmente aderenti alle scuole post-conciliari continuano a vedere nel cristo l'unica “figura” divina in grado di abbracciare il mondo intero, anche se la gran parte altre “religioni”, compresa la propria, non condividono questa stessa visione. In questo contesto, si cita spesso il buon senso e la ragione (in senso filosofico) come premessa essenziale per il dialogo. Per me potrebbe anche essere una interpretazione alternativa correttissima sulla figura di cristo, ma ritengo che non abbia prodotto svolte storiche significative.

Dal canto mio, mi chiedo che senso concreto abbia, per un cattolico, per un cristiano, aprirsi al mondo delle altre religioni ed abbracciare, per dirne una, un buddista o un induista, quando a costoro non è detto  che gliene importi qualcosa di fare il reciproco (per non parlare dei conflitti storici sempre vivissimi tra monoteisti cristiani, giudei e mussulmani). Allora, il “dialogo” interreligioso potrebbe essere solo balla, una una camera di decompressione, un cuscinetto anti-attrito, uno spazio che in realtà solo pochissimi nel mondo si sentono di occupare. Almeno dal momento che, se un fedele afferma un concetto di fede per lui basilare, e l'altro lo nega decisamente e fermamente come non vero o non esistente (es.: contrasto monoteismo/politeismo), questo dialogo o scambio non porta a nulla. Io penso che non vi può essere “complementarità” tra il bianco e il nero, poiché due (o più) “grandi estremi” normalmente si negano e si annullano a vicenda, schiacciando ciò che sta in mezzo. In una sola frase: è molto più facile che questo atteggiamento di apertura sia proprio di taluni intellettuali piuttosto che dei fedeli o dei loro sacerdoti. la storia della cruna dell'ago. Del resto, sapevamo già che fede e sentimento, ragione e ricerca, religione e sistema di credenze sono elementi che non stanno sullo stesso piano, e possono provocare uno “sdoppiamento” all'interno delle coscienze individuali.

Intendo sostenere che, nel contesto dell'affinità cristiana, oggi sarebbero pochissimi gli individui concordi allo stile di vita e di pensiero praticato da Augusto (lo dico sinceramente e posso attestarlo perché lo conosco). Non certo dei fedeli “stricto sensu” ma in gran parte “outsider”: gente che ha davvero la voglia ed il coraggio di ascoltare una differente parola di fede, di leggere e meditare i testi di molte altre religioni, nella coscienza che quanto viene portato dal mondo cristiano non è verità esclusiva né esaustiva. Quanti sono? Spariamo una cifra azzardata? Molto, ma molto meno dell'uno per mille della “popolazione cristiana”. Insomma: ad uno che non è cristiano, quanti cristiani gli rimangono davvero da abbracciare? 

Il problema della ispirazione originaria
Potremmo chiederci da dove proviene tutta questa incomprensione. Partiamo da lontano: quando i paganissimi greci o i paganissimi romani (ancora pre-cristiani, ma comunque gli ultimi arrivati dopo millenni di culture religiose native) conquistavano nuovi territori e nuove civiltà (nuove per loro), se non altro portavano le effigi delle nuove divinità presso la capitale, e vi dedicavano uno spazio nel loro panteon fisico e percettivo. In realtà è successo ben più di questo: ma basta e rende bene, come esempio immediatamente comprensibile. 

Gli ebrei vanno via dall'Egitto in cerca di una indipendenza sociale ma, lungo la via, incontrano un nuovo dio che si manifesta solo a mosè e successivamente viene da lui imposto al popolo in modo esclusivo. Una ulteriore forma di potere religioso. Questo dio non aveva mai detto di essere l'unico esistente, ha detto invece chiaramente di essere un dio geloso e, se era così, implicitamente non negava che vi fossero altri dei. Inevitabilmente, la gelosia del dio monocratico era destinata a diffondersi dal suo popolo prediletto nei confronti degli altri popoli o delle altre tribù, una gelosia continuamente aizzata da stimoli divini caratterizzati da una impronta distruttrice e sovente genocida. Questa nota di fondo è passata pari pari dalla tradizione giudaca a quella cristiana, non tanto nelle idee apertamente professate, ma nella sostanza dei fatti. Poichè, dopo il primo conflitto iniziale tra mondo ebraico e mondo romano si è inserito un terzo soggetto, il potere di ispirazione cristiana. Questo ha assunto il controllo politico e religioso dell'impero romano, e ha di fatto inasprito una belligeranza "teologica" che aveva origini lontanissime e non del tutto chiare nella loro essenza profonda.

Ecco però che siamo di fronte ad atteggiamenti religiosi molto diversi in seno alle varie civiltà storicamente affermatesi tra cui sappiamo, alla fine, aver prevalso quello di ispirazione cristiana, nel seno dell'ultima gestazione di cui al sacro romano impero.


Socialità e religione oggi: osservazioni minime sulla convivenza
Oggi, dopo molti secoli, qualcuno di voi è attualmente in grado di concepire che in un tempio cristiano vi sia la raffigurazione di shiva, e in uno induista quello di cristo, ed in uno zoroastriano quello di krishna ? È stata fatta una separazione tale che nemmeno i pagani brutti e cattivi avevano intenzione di fare. D'altra parte, riuscite ad immaginare come ai nativi europei, americani ed africani, possano mai essere restituiti i templi ed i simulacri millenari delle loro divinità della terra e della natura, una volta che sono stati estirpati e distrutti, e sostituiti con la forza dalle chiese, dalle croci e dalle statue dei santi e delle madonne? Siamo tutti informati del fatto che, negli USA, la "chiesa di satana" è una religione riconosciuta e legale, in quanto non ha mai commesso qualcosa di illegale? Ciò è reso possibile solo dal fatto che il vaticano non ha un peso decisionale talmente significativo sulla politica interna di quel paese. Perdonate l'asperità estrema: ma voi, riuscite ad immaginare che -anche in Italia- coloro che si ispirano al satanismo spirituale o al luciferismo riescano ad ottenere lo status di confessione religiosa, che possano svolgere liberamente i loro riti senza doversi nascondere, e che vengano abbracciati dai cristiani? Io no. 
Sono malvagi? E non è forse questo il pregiudizio religioso che impedisce la vera apertura?
Secondo voi, quanto accaduto è definibile come evoluzione o involuzione?

Intanto, constatiamo insieme di essere ancora molto lontani dalla civile tolleranza (perchè quella religiosa è un tantino più difficile), e abbiamo solo immaginato delle fantascientifiche ipotesi: le sole però che potrebbero esprimere una realizzazione concreta e credibile di ciò che Augusto, Rindone e pochissimi altri hanno in parte sognato sinceramente ed, alla fine, isolatamente.

Viviamo in un'epoca ed in un Paese dove alla religione cattolica (dopo decenni di sberleffo allo Stato laico definito dalla Costituzione repubblicana) solo da pochi anni è stato tolto legalmente il privilegio esclusivo di “religione di stato”. Anzi, un sistema di privilegi che, al di la delle formalità legali, riesce ancora tranquillamente a fare imporre nelle aule pubbliche i simboli legati alla propria particolare religione, o a mobilitare le istituzioni e le strutture per la difesa dei propri particolari valori, anche se questi valori vanno ad interferire o a ledere quelli altrui. Se questo è “legame alle tradizioni”, noi tutti possiamo ben comprendere di quali tradizioni si tratta.

Siamo in un paese dove oggi rifioriscono alla grande i movimenti persecutori di tipo “anticult”, quei gruppi nostalgici che, con la scusa degli allarmismi provocati ad arte sul demonio e sulla “setta”, vorrebbero far piazza pulita i tutti i movimenti legalmente non difendibili. Si tratta in pratica di quei movimenti che non hanno ottenuto o non desiderano lo status di “confessione religiosa”: la “grande idea” attuale, già praticata da quel fascismo che regalò alla chiesa i patti lateranensi, è quella di voler reintrodurre in Italia il reato di plagio, dichiarato incostituzionale non molti anni fa. 
Altro che abbraccio, qui siamo lontani dai limiti decenti che un moderno paese europeo dovrebbe far valere in materia di tolleranza religiosa.

Il problema dell'intenzione del vertice
...non è da poco. Non posso fare a meno di constatare che la realtà intenzionale del vertice ecclesiastico (e cioè quello che conta davvero) si muove in direzioni ben diverse da quelle sognate ed ispirate da Augusto. Per avere una conferma, leggasi per credere quanto riportato qui: sembra che voci assai più autorevoli di quella di Cavadi indichino (a meno che non siano un falso riportato da quel sito) che d'ora in poi l'apologetica dovrà tornare ad essere assai più importante della teologia fondamentale (sarà forse perchè quest'ultima non ha funzionato abbastanza?). 

Secondo le prospettive storiche prima accennate, interessanti per alcuni ma decisamente respinte da altri, per moltissime altre religioni non cristiane (o sistemi di credenze, o linee di pensiero spirituali) il "problema" dell'accettazione e comprensione dell' ”altrui” esiste molto meno, mancando da una parte la certezza del monoteismo, dall'altra il secolare senso di colpa, derivato dalle tristissime e aberranti vicende delle persecuzioni religiose che presero il via dalle interpretazioni “dominanti” circa la figura di cristo e dalla conseguente necessità di dover evangelizzare il mondo intero. Continuo a credere che prima del III sec. d.c., anche in differenti contesti geografici, non era forse mai esistita la tendenza a sopraffare una cultura diversa sul piano religioso, imponendo le credenze da parte dei conquistatori sui vinti, e vedo derivare questa esigenza pressante dall'idea stessa di monoteismo storicamente affermatasi. E per le stesse ragioni, oggi comincio a credere, anche sulla base di altre evidenze, che l'ispirazione antisemita dei nazisti non poteva basarsi su solo su "fonti" pagane e sugli interessi imperialistici del reich. Ma finchè in vita, fu un felice connubio ovviamente mai dichiarato né dichiarabile, tra le intenzioni di tutti i nemici storici e giurati dei giudei.

Perdonate il gioco di parole e le bestemmie storiche, ma secondo me e non solo secondo me, è per questo che molte foto di archivio ritraggono gerarchi fascisti e nazisti insieme sul palco in atteggiamento sorridente con i prelati vaticani, cosa che non avrebbe mai potuto essere concessa ai rabbini, nemmeno per eventuali motivi opportunistici di questi ultimi. In altri termini, se il nazismo avesse vinto, le sinagoghe e le moschee sarebbero scomparse, le chiese no. Ma i templi pagani non sarebbero risuscitati, non essendo utili ai fini dell'esercizio del potere. Per la medesima alleanza tacita, i difensori di cristo dell'Opus Dei furono accanto ai franchisti spagnoli durante e dopo la loro presa del potere, così come papa Wojtyla si fece in più occasioni ritrarre, sorridente, accanto al feroce dittatore cileno Pinochet. Erano modi di dimostrare da che parte si stava, negli schieramenti possibili che la storia offriva. E la gran parte dei fedeli cattolici è sempre rimasta dov'era, a tutto ciò indifferente o distratta, anche se tutto questo non aveva molto a che vedere con il cristo ideale. Quando allora il fedele difende la sua identità, sta in effetti difendendo la "sua" chiesa, non cristo, che non potrebbe essere rappresentato da questa religione né dai suoi vertici.

Pertanto, ciò che può secondo me essere setacciato dai concili vaticani secondi (se si tiene conto della prospettiva di un vertice che non ha mai mutato il proprio atteggiamento di gelosia, se non per motivi di opportunità o di vera strategia) è comunque (o nel migliore dei casi) un atteggiamento di tipo pantocratore, cosciente o meno. "Io sono la via, la verità, la vita" (l'unica possibile, secondo chi diffonde queste idee).
O, viceversa potrebbe essere una teologia che, per quanto spontaneamente nata in seno alla bontà, venga solo assecondata da ulteriori bugie ed opportunismo, cioè da interpretazioni ora favorite ora osteggiate dai vertici ecclesiastici per lanciare (o ritirare) aperture mentali, nuove o vecchie teorie su ciò che cristo è o non è stato. Ma tutto in funzione di come tira il vento della ispirazione umana e della politica, e di cosa conviene tentare, o meno, per influenzare il pensiero umano in funzione dei propri obiettivi evangelizzatori, gli unici che contano al di là della possibile sofferenza dei popoli.

Allora, io non dico che Augusto abbia torto o che sia portatore di negatività, anzi. Penso solo che il suo sentire ed elaborare, in questo panorama, non ottiene riscontri interessanti. Se è così, chi continua in buona fede a fare riferimento principale o esclusivo alla figura di cristo, dovrebbe a mio parere rendersi conto meglio di dove abita, storicamente e spiritualmente parlando. Non dovrebbe farne a meno, se usa la coscienza, poiché “la coscienza” e “l'esame di coscienza individuale” non sono la stessa cosa. 
Perdonate anche se la mia lettura storica può restare anche molto diversa dalla vostra.

Il problema della limitazione delle fonti
Se poi aprissimo un altro immenso capitolo di questa enciclopedia, relativa al perché, nelle sue “esegesi” (come le chiamano) il cristiano-cattolico debba limitarsi sempre e soltanto a leggere i testi canonizzati da quel vertice ecclesiastico, così tanto amato ed odiato al contempo, qui non ci capiremmo più nulla. Difficilmente riesco a comprendere il perchè il cattolico preferisca restare all'interno del recinto dei testi canonici, piuttosto che uscirne “anche” verso altre fonti che parlano di gesù. Io non riesco a capire come faranno le donne e gli uomini di tutta la terra (e che siano -come dice Augusto- alla ricerca di una vita ‘spirituale' senza gelosia, né invidia né condanna) a spostare la propria mente da un assolutismo pervasivo, se non gli è dato di leggere, interpretare e credere “anche” in ciò che sta scritto nel vangelo di giuda, nei testi di Qumram, in altri vangeli “apocrifi”, eccetera. I quali invece continueranno ad essere ignorati dalla gran parte dei fedeli e delle loro guide spirituali, essendo considerati come testi non veritieri o attendibili, dal momento che rischiano di mettere in crisi una serie di assunti da sempre dati per verità e di offrire prospettive ancora più diversificate sulla figura di cristo.

Le possibili prospettive di interpretazione biblica, la cui gran parte è permeata dal giudaismo, risulteranno allora inevitabilmente confinate e pre-colorate da un timbro canonizzato, voluto da coloro che hanno fatto e fanno tutto ciò di cui sopra. Per quanto riguarda cristo, in particolare, ne deriva un'immagine marchiata dal timbro di quel saul di tarso, il san paolo tredicesimo apostolo che non conobbe mai gesù, ma che riuscì a costruire ed affermare quell'immagine del nazareno così tanto affascinante come (forse) altrettanto lontana dalla realtà. Insomma, l'ispiratore assoluto e protagonista principale della romanizzazione del cristianesimo, un processo grazie al quale gli sparuti gruppi che prima dovevano nascondersi nei sotterranei per scampare alle persecuzioni, divennero poi potenti e temibili persecutori.

Anche in queste controversie storiche, adesso “liberalizzate”, il fedele cattolico potrebbe mettere il naso (ma non lo fa), forse per timore di doversi rendere conto che ciò che gli è stato spesso venduto come incontrovertibile verità storica, non possiede invece (pardon, potrebbe non possedere) sufficienti presupposti fermi che possano essere accertati e riscontrati.
 Opinioni? Beh, certo, come quelle del prete, del vescovo, del fedele cristiano, oppure del buddista, dello sciamano o del mussulmano: anche il non-credente nel cristianesimo (o nelle verità delle religioni) dovrebbe essere da quest'ultimi abbracciato. Sarà così? E con quale esito?

Il senso di questo scritto
Concludendo, io non ho e non avrò il tempo e la voglia di acquistare il libro di Rindone (in quanto anche io ho tempi e denari limitati, e faccio come tutti delle selezioni in base alle mie priorità), ma devo dire che le sensazioni che avevo prima di leggere lo scritto di Augusto permangono le medesime, e cioè:
  1. Che le cose presentate da Rindone, almeno per ciò che comprendo dalla breve presentazione di Augusto, ed al di là dell'ambito strettamente intellettuale, non siano del tutto nuove né totalmente originali, essendo state se non altro pensate già da molti altri individui (lasciamo stare se erano o meno filosofi, semplici fedeli o addetti ai lavori); poiché dopo 1700 e passa anni di storia, su una figura così controversa come gesù è stato detto e pensato tutto ed il contrario di tutto. 
  2. Certo, in seno al cattolicesimo la prospettiva della teologia fondamentale è (o poteva essere) una rivoluzione culturale di vastissima portata, almeno nella “mente” di quei cristiano-cattolici che si sentono di condividerla. 
  3. Che le tendenze attuali vive ed operanti nel nostro paese, ma anche in gran parte del mondo, portano verso una separazione tra le religioni o le filosofie spirituali piuttosto che verso un reciproco riconoscimento; e questo credo proprio grazie all'atteggiamento della maggior parte dei cristiani. Credo che, alla fine, questo sia il dato che ha più peso.
Per quanto detto, mi piacerebbe allora che i tolleranti che si ispirano ad un gesù non universale ma universalista, fossero più decisi e concentrati a fare pesare la propria voce all'interno di un mondo che tollerante non è mai stato.
Ma, (e qui il mio dilemma), ciò su cui potrebbe essere interessante scambiare e fare un totoindovino su questa pagina è:

quale percentuale di appartenenti di base al mondo cattolico, o più ampiamente cristiano, si sente di condividere questa prospettiva di "abbraccio universale” METTENDO TOTALMENTE DA PARTE l'altra, (non quella fondamentale) ma quella fondamentalista ed apologetica? Quanti cattolici o cristiani, se si parla di valori di identità, sentono di non essere chiamati a difendere la propria fede ad ogni costo, e sono disposti a credere ed applicare quotidianamente un pensiero davvero aperto al resto dell'universo, il che è molto differente dal dire che “il mio pensiero è l'unico ad essere universale” ?

La mia personale risposta è che sono pochissimi coloro che desiderano aprirsi a possibilità ed ipotesi assai lontane da quelle definite dalle radici in cui sono nati e sono stati battezzati.
Luce ed arcobaleno
Augusto parla di convivialità tra differenti ispirazioni. Differentemente, io ritengo che stare semplicemente a tavola con qualcuno con cui non riesco a comprendermi, non mi porta davvero da qualche parte, almeno spiritualmente parlando. Intendo dire che la tolleranza e lo scambio (non il dialogo) interreligioso sono due atteggiamenti molto ben distinguibili: il primo dovrebbe essere un dovere civile, il secondo è un'opzione che parte dal presupposto che nessuno possiede la verità assoluta, cosa invece negata da quasi tutte le religioni monoteiste.

Per quanto detto fin qui, trovo addirittura pericoloso il concetto Augusteo di globalizzazione spirituale, non comprendendo io se davvero esista o possa esistere una prospettiva di fede o di pensiero talmente condivisibile e che, partendo dal basso, riesca realizzare una serena ed utile convivialità spirituale, per me fatta di scambio. Possono esistere delle idee in proposito, delle limitate esperienze (come le palermitane “domeniche di chi non ha chiesa” di qualche anno fa) o una teologia. Ma ogni teologia è una particolare teorizzazione interpretativa, compresa all'interno di un particolare colore dell'arcobaleno.

Se è vero che l'insieme dei colori fa la luce, è altrettanto vero che la luce del sole è abbagliante: nessuno è in grado di guardarla senza appositi filtri; ma quando poni un filtro sugli occhi hai già fatto una selezione, e corri inevitabilmente il rischio di vantarti di essere l'unico a guardare la luce. Ma non è così.
Se accetti di “usare” vari “filtri” invece, forse imparerai a vedere in quanti infiniti modi la luce può essere osservata, tutti parimenti importanti. Forse diventerai piccolo piccolo, ma avrai abbandonato la pretesa di avere anche una sola certezza sulla natura della luce. Forse questa prospettiva è un po' diversa da quella (necessariamente) solo abbozzata da Augusto nel suo articolo e da lui stesso messa sicuramente in pratica da lunghi anni.
Per me l'accettazione dell'altro significa dire, in tutta sincerità ed interesse: “Io ho visto questo, e tu cosa hai visto? Fammi vedere”. Per capire e sentire in modo diverso, devi mettere da parte il tuo personale ed unico filtro, per sperimentare davvero quello dell'altro. Lo puoi fare in convivialità, ma non è la tavola, e nemmeno i commensali, che sono importanti o che creano quella condizione essenziale che è la ricerca spirituale ampia, approfondita e soprattutto varia e diversificata.

L'importante (per me) è la pluralità di ciò che è stato visto e sentito. Non il monocolore. Perciò, mi interessa molto meno scambiare con le persone che sono troppo affezionate al monocolore. Paradossalmente, oggi mi interessa molto di più scambiare con la pluralità di coloro che sono stati esiliati, zittiti o annullati dal monocolore, con la scusa di rappresentare la stregoneria o forme primitive di religiosità o spiritualità. Infatti, nella gran parte di questi ambiti, io non scorgo nessuna “melma esiziale” e nessuna “vacca nera” cui Augusto accenna, cosa che non posso facilmente fare semplicemente pensando all'inquisizione, agli esiti dell'evangelo missionario, o a ciò che oggi accade nei dintorni della Palestina per motivazioni esegetiche, esecrabili certo, ma interrottamente poste sotto gli occhi di tutti per lo meno dall'epoca delle crociate.

Io non credo che questa pagina possa essere la tavola dove i commensali giungano per difendere la propria ed attuale identità religioso-culturale, le proprie “radici”, per adoperare un termine caro ai cattolici di base.
Sarebbe bello (ma credo utopico) se fosse un test, che contribuisce a mettere in chiaro da che percentuale di cristiano-cattolici (o appartenenti ad altri credo affini) possono essere condivise le prospettive offerte da Augusto, da Rindone, da Panikkar, e dagli altri autori citati nel brano di Augusto stesso, alla relativa pagina del suo blog (http://www.augustocavadi.eu/public/public/?p=2007). 
Non solo quelle prospettive lì, ma anche quelle da me qui suggerite.

Se invece quello che hai letto ti fa arrabbiare e suscita in te una reazione intima e repentina, per favore, rasserenati e sorridi. Tanto, se davvero cristo ha vinto sulla storia, tu hai vinto con lui, di che ti preoccupi?