sabato 26 gennaio 2008

CANTO



Passata è la tempesta; odo augelli far festa e la gallina tornata in su la via, che ripete il suo verso.
Ecco il sereno rompe là da ponente, alla montagna; sgombrasi la campagna, e chiaro nella valle il fiume appare.
Ogni cor si rallegra, in ogni lato risorge il mormorio torna il lavoro usato.
L'artigiano a mirar l'umido cielo, con l'opra in man, cantando, fassi in su l'uscio; a prova vien fuor la femminetta a còr dell'acqua della novella piova; e l'erbaiuol rinnova di sentiero in sentiero il grido giornaliero.
Ecco il sol che ritorna, ecco sorride per li poggi e le ville.
Apre i balconi, apre terrazzi e logge la famiglia: e, dalla via corrente, odi lontano tintinnio di sonagli; il carro stride del passegger che il suo cammin ripiglia.
Si rallegra ogni core.
Sì dolce, sì gradita quand'è, com'or, la vita? Quando con tanto amore l'uomo a' suoi studi intende? O torna all'opre? O cosa nova imprende? Quando de' mali suoi men si ricorda?
Piacer figlio d'affanno; gioia vana, ch'è frutto del passato timore, onde si scosse e paventò la morte chi la vita abborria; onde in lungo tormento, fredde, tacite, smorte, sudàr le genti e palpitàr, vedendo mossi alle nostre offese folgori, nembi e vento.
O natura cortese, son questi i doni tuoi, questi i diletti sono che tu porgi ai mortali. Uscir di pena è diletto fra noi.
Pene tu spargi a larga mano; il duolo spontaneo sorge: e di piacer, quel tanto che per mostro e miracolo talvolta nasce d'affanno, è gran guadagno.
Umana prole cara agli eterni! Assai felice se respirar ti lice d'alcun dolor: beata se te d'ogni dolor morte risana.