domenica 13 gennaio 2008

Ricordando Roland Barthes


"parole..parole..parole..", ognuno di noi ha ancora il ricordo delle voci reciprocamente graffianti e profonde di Mina ed Alberto Lupo, mentre da quel giorno non si sono più potute regalare caramelle, senza aver chiesto, o essere presi per chiedere qualcosa in più. Un blog vive di "pensieri e parole" (caro buon Lucio Battisti!) ed è chiaro che attraverso essi/esse ci si vuole confrontare. Ultimamente in questa sede,abbiamo fatto parecchio ricorso al concetto del dire e del parlare, ora come cose distinte e separate dai fatti e dal fare e lavorare, rispetto cui potrebbero risultare distrattive, ora come mezzo per la comunicazione della personale lettura ed interpretazione della realtà, mediante la percezione e la conoscenza, al di là del "nominalismo dei fatti", ora con il sottile timore che quanto detto potesse risultare ovvio. Anche io credo molto nella fantasia, nell'intuizione ed in tutte le sensazioni in genere, che mesi fa parecchi tra noi abbiamo equiparato, nelle cenette, a mezzi di conoscenza di pari dignità della ragione; però in tutto questo la mia testa funziona in modo un pò meccanico e leggere la parola "ovvio" è stato come avvertire un impulso irrefrenabile a cliccare sul link della parola, il che in pratica è significato prendere dallo scaffale il mitico "L'ovvio e l'ottuso" di Roland Barthes e sfogliandolo interrogarmi sul mio interesse a stare e partecipare alle cenette. Si, perchè la prima sovrapposizione percettiva che ho avuto è stata tra me, presente alle cenette, e Fantozzi, presente al dibattito del cineforum aziendale sulla "Corazzata Potemkin" di Ejzenstein, visto che un capitolo del libro è dedicato a questo film. R.B., argomentando di semantica delle immagini, di questo film, parla di un primo livello informativo di comunicazione (scenario costumi, personaggi, etc.), di un secondo livello simbolico di significazione (attraverso l'uso dei simboli è evidente il senso della rivoluzione) e di un terzo livello che definisce significante (eccede e travalica il significato)...poetico. Definisce senso ovvio il secondo livello dei simboli di cui è carico il film, una sorta di "decorativismo" funzionale alla "verità enfatica del gesto nelle grandi circostanze della vita" (Baudelaire). Esso è intenzionale e prelevato in una sorta di lessico generale, comune, che mi cerca in quanto destinatario del messaggio...viene incontro a me...obvius significa che viene incontro. In quanto all'altro senso, il terzo, quello che è "di troppo", come un supplemento che la mia intellezione non riesce bene ad assorbire, ostinato e nello stesso tempo sfuggente, liscio e inafferrabile, propongo di chiamarlo il senso ottuso...obtusus significa che è smussato, di forma arrotondata... uno smussamento di un senso troppo chiaro, troppo violento. Barthes fa riferimento ai particolari che appaiono fuori luogo o eccessivamente caricaturali rispetto ai personaggi; continuando ricorda come l'angolo ottuso sia più grande dell'angolo retto ed afferma che anche il terzo senso, l'ottuso, gli sembra che sia più grande che non la perpendicolare dritta e tagliente del racconto..che apra il campo del senso totalmente, cioè infinitamente. Sono disposto ad accettare per questo senso ottuso la connotazione peggiorativa: sembra spiegarsi al di fuori della cultura, del sapere, dell'informazione; analiticamente, ha qualcosa di derisorio; in quanto apre all'infinito del linguaggio, può apparire limitato nei riguardi della ragione analitica...sta dalla parte del carnevale. Quindi ottuso va proprio bene. Più avanti chiarisce che questo senso ottuso è come uno sfogliato di senso che lascia sempre sussistere il senso precedente, come in una costruzione geologica; dire il contrario senza rinunciare alla cosa contraddetta. E' in queste parole che aggancio il mio stare alle cenette ed i nostri conversari; forse siamo tutti alla ricerca di un poetico, sfuggente infinito. Il fatto che poi Barthes, con il suo libro sulla mitica corazzata, abbia sancito la fine dei cineforum ad essa dedicati è un merito di cui penso gli siamo tutti riconoscenti e grati.