mercoledì 22 ottobre 2008

Perchè mi piace Voltaire



Cari amici filosofi e "filosofanti" , stimolato dalla mail di Armando, vorrei provare ulteriormente a spiegare perchè la lettura del "Candide" mi sta davvero appassionando, dopo tanti anni dalla prima frettolosa lettura,effettuata negli anni del liceo. Per prima cosa rilevo che il Candido-Voltaire si confronta con personaggi vari e molteplici, che, ognuno a modo suo, impersonano pensieri e filosofie diverse riguardo alla vita. C'è Pangloss, che spicca inizialmente su tutti gli altri, perchè rappresenta il pensare filosofico "antico", "sistematico", "forte" all'apparenza, ma sostanzialemente debole. Pangloss non rappresenta solamente il pensiero di Leibniz, e la sua teoria sul migliore dei mondi possibili, ma è in qualche modo il garante della possibilità di un pensiero "metafisico". Tutto ciò che accade a questo mondo, anche le incredibili avventure di "Candide", possono avere per Pangloss (ma Pangloss simboleggia Leibniz, tutti i metafisici, gli uomini di chiesa alla San Tommaso etc . etc. ) una giustificazione ed alla fin fine possomno esitare in un inno di lode a Dio. Pangloss giustifica tutto. Con molta eleganza e direi "delicatezza", Voltaire-Candide non aggredisce la posizione ed il giustificazionismo di Pangloss, ma presenta semplicemente i fatti di vita, le mirabolanti storie del suo eroe Candide. E così facendo, senza stancare il lettore, fa capire che la posizione di Pangloss è quasi insostenibile. Sono tali e tante le disgrazie e le sventure del protagonista, che giustapporre una spiegazione metafisica, come tenta di fare Pangloss, appare davvero un tentativo senza speranza.

A questo punto Voltaire, vero filosofo moderno, opera una svolta copernicana nella storia della filosofia: grazie al suo romanzo filosofico, narra i fatti della vita, fa parlare l'esistenza e la storia del quotidiano, dice come stanno le cose. Ecco dunque una prima differenza fondamentale tra il pensare dei filosofi della classicità ( primo tra tutti Aristotele, sino ad Hegel , etc. etc. ) , ed i filosofi legati alla storia di vita, al contesto, alla esistenza. Candido-Voltaire non dice che Pangloss "ha torto", ma in modo problematico evidenzia la singolarità dei fatti dell'esistenza, nella loro crudezza così diversi dal giustificazionismo leibniziano. Sottolineo che la "critica" volteriana al modo leibniziano di fare filosofia, è di un rispetto e di una ammirazione tali ( certo mista ad elegante ironia ovviamente), che costituisce già di per sè un "caposaldo" etico, sui modi del filosofare. Ma Voltaire, sempre in modo efficace, introduce grazie a Candide , le sue prime controdeduzioni filosofiche rispetto al filosofare iper-razionale e sistematico degli antichi. Semplicemente "narrando" l'amore per Cunegonda di Candide e la sua amicizia per i vari compagni di avventura.

Si noti con meraviglia cosa fa Voltaire, quasi senza che ce ne accorgiamo: rivolto agli antichi e a Leibniz sembra dire: voi parlate e disquisite tantissimo, ma le vostre riflessioni sono lontanissime dai fatti della vita, dalla pancia vuota o piena degli esseri umani, dall'amore sentimentale che unisce Candido a Cunegonda, dall'amicizia franca e stabile che unisce Candide, Martino, Pangloss, la vecchia etc. etc. Voltaire, che sembra apparentemente non avere certezze e caposaldi di natura metafisica, in realtà ci addita con maestria ed eleganza, VALORI umani che finiscono per trascendere persino i fatti di vita: l'amore, l'amicizia, il rispetto democratico, la solidarietà ( basti pensare alla figura "caritatevole" dell'anabattista). Ed anche il "lavorare" il proprio giardino, frase con cui Voltaire conclude il Candido, mi sembra un chiaro voler indicare la necessità del lavoro, come partecipazione responsabile ai fatti di vita.

Ammiro Voltaire grandemente anche perchè le avventure di Candide sono "gruppali". I filosofi del passato, anche nelle opere più dialogiche (Platone per esempio), erano filosofi "monocratici", che, presentavano "una" teoria ed "un" pensiero. Proprio "uno", talvolta evolventesi nel tempo. Dicevano: "è così ". Voltaire invece chiude il Candide con una miscellanea di voci, compresa quella di Pangloss, che stanno l'una accanto all'altra e sono tutte possibili, unite dal vincolo dell'amicizia, ma plurime nell'interpretare la vita. C'è il metafisico P., c'è l'ottimista, c'è chi non c'è più., e ci sono soprattutto l'amore di C. per Gun. e l'amicizia complessiva del gruppo. Ciò riflette straordinariamente la nostra società moderna dove , per fortuna dico io , non prevale un pensiero o una teoria, ma più voci , si spera amichevolmente e democraticamente , formano un coro ( dissonante ? non ha importanza ) di voci.

Concludo: ho voluto paragonare la nostra attività filosofica di gruppo a questa miscellanea di voci diverse, che costituisce spesso il pensare moderno. E se stiamo insieme come gruppo , certamente non è solo per i pensieri ed i dialoghi in comune , ma per le simpatie e/o antipatie che animano ogni fenomeno gruppale. ( per chi vuole approfondire rimando alla psicanalisi dei gruppi) Personalmente coltivo dentro di me , interiormente, molta "devozione " e simpatia per i grandi filosofi del passato, ma poi mi diverto un mare a metterli in crisi, a capire che la vita è spesso misteriosa ed inafferrabile, con una sola ottica o chiave di lettura. Forse l'unica possibilità è dunque quella di convivere pazientemente, nel coro di voci, ed abituarsi a far filosofia come quando si va al mercato e si "abbannia": c'è chi grida, c'è chi ha merce buona e chi cattiva, chi sa vendere e chi no, chi pretende di imporsi quasi a forza, etc., ma tutti in realtà devono rispettare le regole ( anche semplicemente e kantianamente inscritte nella coscienza morale dell'uomo), saper convivere. ( senza pagare il pizzo agli arroganti, e senza calare la testa a chi proprio non ci convince)

P.S. Qualcuno nel gruppo continua ostinatamente ad attribuirmi (quasi come una colpa?) uno sviscerato amore per S. Tommaso: confermo, ma spero si capisca, da quanto ho scritto, che in realtà, per me, anche S. Tommaso va unito al coro di voci che " abbanniano".

riflettendo sul "Candido"



dopo l'incontro di ieri per commentare la prima metà del Candido di Voltaire, mi hanno colpito le riflessioni di Alberto che hanno dato tre chiavi di lettura al romanzo-filosofico dell'illuminista ed ecco come li ho lette io: la prima è sulla Storia che col continuo ripetersi nel tempo (guerre, violenza,inganno, sopraffazione etc..........) sembra incapace di leggere se stessa per non cadere negli stessi errori, la seconda è la rinuncia da parte di chi non vuole (per paura, per scelta?) esserne parte attiva e si trincera nel suo giardino dove cerca di trattenere il solo nucleo familiare limitandosi a coltivare il proprio orticello e la terza è Candido (almeno fino all'ultimo capitolo) col suo peregrinare attraverso gli accadimenti della Storia cercando la coerenza nell'amore, nell'amicizia e soprattutto nell'inseguire la dimensione "gruppale" (termine usato da Alberto) del confronto e della sfida con opinioni e scelte diverse.
Ecco, a me sembra che quest'ultimo aspetto sia il "motore" del romanzo "fantastico" di Voltaire e direi dovrebbe essere il motore della vita di chi non si rassegna ad osservare semplicemente ciò che avviene restando passivo alle conseguenze ma cerca di reagire in un osmosi continua con gli altri relazionandosi sempre e comunque con tutti quelli disposti ad ascoltare e a dire (cosa che richiede una certa fatica).
Questo è tutto, credo che ce ne sia abbastanza per stimolare considerazioni sulla ns. attualità e sugli atteggiamenti che in questi mesi ognuno di noi è chiamato a scegliersi.
Armando Caccamo