mercoledì 22 ottobre 2008

riflettendo sul "Candido"



dopo l'incontro di ieri per commentare la prima metà del Candido di Voltaire, mi hanno colpito le riflessioni di Alberto che hanno dato tre chiavi di lettura al romanzo-filosofico dell'illuminista ed ecco come li ho lette io: la prima è sulla Storia che col continuo ripetersi nel tempo (guerre, violenza,inganno, sopraffazione etc..........) sembra incapace di leggere se stessa per non cadere negli stessi errori, la seconda è la rinuncia da parte di chi non vuole (per paura, per scelta?) esserne parte attiva e si trincera nel suo giardino dove cerca di trattenere il solo nucleo familiare limitandosi a coltivare il proprio orticello e la terza è Candido (almeno fino all'ultimo capitolo) col suo peregrinare attraverso gli accadimenti della Storia cercando la coerenza nell'amore, nell'amicizia e soprattutto nell'inseguire la dimensione "gruppale" (termine usato da Alberto) del confronto e della sfida con opinioni e scelte diverse.
Ecco, a me sembra che quest'ultimo aspetto sia il "motore" del romanzo "fantastico" di Voltaire e direi dovrebbe essere il motore della vita di chi non si rassegna ad osservare semplicemente ciò che avviene restando passivo alle conseguenze ma cerca di reagire in un osmosi continua con gli altri relazionandosi sempre e comunque con tutti quelli disposti ad ascoltare e a dire (cosa che richiede una certa fatica).
Questo è tutto, credo che ce ne sia abbastanza per stimolare considerazioni sulla ns. attualità e sugli atteggiamenti che in questi mesi ognuno di noi è chiamato a scegliersi.
Armando Caccamo

5 commenti:

alberto.spatola ha detto...

In buona sostanza sono d'accordo. Amore ed amicizia per Voltaire sembrano gli elementi più importanti. Il lavoro, secondo me, non è per V. una fuga dalle responsabilità, ma una dimensione reale e possibile di responsabilizzazione.

armando caccamo ha detto...

Si Alberto, se il lavoro viene inteso come "dimensione reale e possibile di responsabilità" (come dici tu) sono d'accordo con te ma credo che il lavoro che sceglie Candido, dietro suggerimento del vecchio turco, sia un altro. Infatti il vecchio gli dice (ultime tre pagine):"In genere presumo che quanti si immischiano di pubbliche faccende rischiano di morire miseramente e di meritarselo......e non domando mai che succede a Costantinopoli. Mi contento di mandar a vendere la frutta e di coltivare il mio giardino" tant'è che Martino, commentando l'incontro con Candido che si appresta a imitare il vecchio, lo esorta: "Lavoriamo senza ragionare, è l'unico modo di rendere sopportabile la vita".
Armando

alberto.spatola ha detto...

Si, letta così sembrerebbe che Candido Voltaire indichi "il pericolo" di occuparsi di pubbliche faccende, come dice il turco. Ma ritengo che, dati i tempi e le persecuzioni all'epoca di Voltaire ( che condannò tra l'altro l'esecuzione di un pastore protestante del suo tempo),il commento Volteriano sia una sorta di denuncia dell'impossibilità di dare una valenza "politica" al proprio operare, ed al proprio lovoro. Ma se dice questo lo fa per dire che non dovrebbe essere così,e che si dovrebbe potersi occupare di pubbliche faccende. Comunque anche la tua lettura è compatibile con il Candide, diciamo le stesse cose o quasi.

armando caccamo ha detto...

Alberto,
la mia lettura ovviamente non riflette il mio pensiero in merito all'atteggiamento che ogni uomo dovrebbe avere vs. la vita e la società di ogni epoca e neanche quello di Voltaire, ci mancherebbe!!!!....secondo me l'Autore vuole mettere in guardia il lettore dalla tentazione (a volte motivata)di una scelta rinunciataria.....e Candido, secondo me alla fine la fa!...comunque grazie di questo dibattito che, anche fra persone che hanno visioni simili , dimostra come sia utile per tutti confrontarsi su interpretazioni che possono arricchire chi lo sviluppa e chi solamente ascolta (o legge).
Armando

alberto.spatola ha detto...

Certamente. Forse questo blog è un tantino silente, con pochi visitatori, ma sia il confronto con chi come te è un appassionato frequentatore, sia le riflessioni in solitudine, mi giovano per capire meglio.