mercoledì 22 ottobre 2008

Perchè mi piace Voltaire



Cari amici filosofi e "filosofanti" , stimolato dalla mail di Armando, vorrei provare ulteriormente a spiegare perchè la lettura del "Candide" mi sta davvero appassionando, dopo tanti anni dalla prima frettolosa lettura,effettuata negli anni del liceo. Per prima cosa rilevo che il Candido-Voltaire si confronta con personaggi vari e molteplici, che, ognuno a modo suo, impersonano pensieri e filosofie diverse riguardo alla vita. C'è Pangloss, che spicca inizialmente su tutti gli altri, perchè rappresenta il pensare filosofico "antico", "sistematico", "forte" all'apparenza, ma sostanzialemente debole. Pangloss non rappresenta solamente il pensiero di Leibniz, e la sua teoria sul migliore dei mondi possibili, ma è in qualche modo il garante della possibilità di un pensiero "metafisico". Tutto ciò che accade a questo mondo, anche le incredibili avventure di "Candide", possono avere per Pangloss (ma Pangloss simboleggia Leibniz, tutti i metafisici, gli uomini di chiesa alla San Tommaso etc . etc. ) una giustificazione ed alla fin fine possomno esitare in un inno di lode a Dio. Pangloss giustifica tutto. Con molta eleganza e direi "delicatezza", Voltaire-Candide non aggredisce la posizione ed il giustificazionismo di Pangloss, ma presenta semplicemente i fatti di vita, le mirabolanti storie del suo eroe Candide. E così facendo, senza stancare il lettore, fa capire che la posizione di Pangloss è quasi insostenibile. Sono tali e tante le disgrazie e le sventure del protagonista, che giustapporre una spiegazione metafisica, come tenta di fare Pangloss, appare davvero un tentativo senza speranza.

A questo punto Voltaire, vero filosofo moderno, opera una svolta copernicana nella storia della filosofia: grazie al suo romanzo filosofico, narra i fatti della vita, fa parlare l'esistenza e la storia del quotidiano, dice come stanno le cose. Ecco dunque una prima differenza fondamentale tra il pensare dei filosofi della classicità ( primo tra tutti Aristotele, sino ad Hegel , etc. etc. ) , ed i filosofi legati alla storia di vita, al contesto, alla esistenza. Candido-Voltaire non dice che Pangloss "ha torto", ma in modo problematico evidenzia la singolarità dei fatti dell'esistenza, nella loro crudezza così diversi dal giustificazionismo leibniziano. Sottolineo che la "critica" volteriana al modo leibniziano di fare filosofia, è di un rispetto e di una ammirazione tali ( certo mista ad elegante ironia ovviamente), che costituisce già di per sè un "caposaldo" etico, sui modi del filosofare. Ma Voltaire, sempre in modo efficace, introduce grazie a Candide , le sue prime controdeduzioni filosofiche rispetto al filosofare iper-razionale e sistematico degli antichi. Semplicemente "narrando" l'amore per Cunegonda di Candide e la sua amicizia per i vari compagni di avventura.

Si noti con meraviglia cosa fa Voltaire, quasi senza che ce ne accorgiamo: rivolto agli antichi e a Leibniz sembra dire: voi parlate e disquisite tantissimo, ma le vostre riflessioni sono lontanissime dai fatti della vita, dalla pancia vuota o piena degli esseri umani, dall'amore sentimentale che unisce Candido a Cunegonda, dall'amicizia franca e stabile che unisce Candide, Martino, Pangloss, la vecchia etc. etc. Voltaire, che sembra apparentemente non avere certezze e caposaldi di natura metafisica, in realtà ci addita con maestria ed eleganza, VALORI umani che finiscono per trascendere persino i fatti di vita: l'amore, l'amicizia, il rispetto democratico, la solidarietà ( basti pensare alla figura "caritatevole" dell'anabattista). Ed anche il "lavorare" il proprio giardino, frase con cui Voltaire conclude il Candido, mi sembra un chiaro voler indicare la necessità del lavoro, come partecipazione responsabile ai fatti di vita.

Ammiro Voltaire grandemente anche perchè le avventure di Candide sono "gruppali". I filosofi del passato, anche nelle opere più dialogiche (Platone per esempio), erano filosofi "monocratici", che, presentavano "una" teoria ed "un" pensiero. Proprio "uno", talvolta evolventesi nel tempo. Dicevano: "è così ". Voltaire invece chiude il Candide con una miscellanea di voci, compresa quella di Pangloss, che stanno l'una accanto all'altra e sono tutte possibili, unite dal vincolo dell'amicizia, ma plurime nell'interpretare la vita. C'è il metafisico P., c'è l'ottimista, c'è chi non c'è più., e ci sono soprattutto l'amore di C. per Gun. e l'amicizia complessiva del gruppo. Ciò riflette straordinariamente la nostra società moderna dove , per fortuna dico io , non prevale un pensiero o una teoria, ma più voci , si spera amichevolmente e democraticamente , formano un coro ( dissonante ? non ha importanza ) di voci.

Concludo: ho voluto paragonare la nostra attività filosofica di gruppo a questa miscellanea di voci diverse, che costituisce spesso il pensare moderno. E se stiamo insieme come gruppo , certamente non è solo per i pensieri ed i dialoghi in comune , ma per le simpatie e/o antipatie che animano ogni fenomeno gruppale. ( per chi vuole approfondire rimando alla psicanalisi dei gruppi) Personalmente coltivo dentro di me , interiormente, molta "devozione " e simpatia per i grandi filosofi del passato, ma poi mi diverto un mare a metterli in crisi, a capire che la vita è spesso misteriosa ed inafferrabile, con una sola ottica o chiave di lettura. Forse l'unica possibilità è dunque quella di convivere pazientemente, nel coro di voci, ed abituarsi a far filosofia come quando si va al mercato e si "abbannia": c'è chi grida, c'è chi ha merce buona e chi cattiva, chi sa vendere e chi no, chi pretende di imporsi quasi a forza, etc., ma tutti in realtà devono rispettare le regole ( anche semplicemente e kantianamente inscritte nella coscienza morale dell'uomo), saper convivere. ( senza pagare il pizzo agli arroganti, e senza calare la testa a chi proprio non ci convince)

P.S. Qualcuno nel gruppo continua ostinatamente ad attribuirmi (quasi come una colpa?) uno sviscerato amore per S. Tommaso: confermo, ma spero si capisca, da quanto ho scritto, che in realtà, per me, anche S. Tommaso va unito al coro di voci che " abbanniano".

riflettendo sul "Candido"



dopo l'incontro di ieri per commentare la prima metà del Candido di Voltaire, mi hanno colpito le riflessioni di Alberto che hanno dato tre chiavi di lettura al romanzo-filosofico dell'illuminista ed ecco come li ho lette io: la prima è sulla Storia che col continuo ripetersi nel tempo (guerre, violenza,inganno, sopraffazione etc..........) sembra incapace di leggere se stessa per non cadere negli stessi errori, la seconda è la rinuncia da parte di chi non vuole (per paura, per scelta?) esserne parte attiva e si trincera nel suo giardino dove cerca di trattenere il solo nucleo familiare limitandosi a coltivare il proprio orticello e la terza è Candido (almeno fino all'ultimo capitolo) col suo peregrinare attraverso gli accadimenti della Storia cercando la coerenza nell'amore, nell'amicizia e soprattutto nell'inseguire la dimensione "gruppale" (termine usato da Alberto) del confronto e della sfida con opinioni e scelte diverse.
Ecco, a me sembra che quest'ultimo aspetto sia il "motore" del romanzo "fantastico" di Voltaire e direi dovrebbe essere il motore della vita di chi non si rassegna ad osservare semplicemente ciò che avviene restando passivo alle conseguenze ma cerca di reagire in un osmosi continua con gli altri relazionandosi sempre e comunque con tutti quelli disposti ad ascoltare e a dire (cosa che richiede una certa fatica).
Questo è tutto, credo che ce ne sia abbastanza per stimolare considerazioni sulla ns. attualità e sugli atteggiamenti che in questi mesi ognuno di noi è chiamato a scegliersi.
Armando Caccamo

venerdì 17 ottobre 2008

Da Maria Ales sul Candido

La mail di Pietro Spalla è arrivata puntuale e stimolante come un invito per me a restare nel tema, nella atmosfera dell’ ultima cenetta filosofica sul Candido di Voltaire.
Aggiungerei alcune notazioni:
1) la prolusione di Gianni Rigamonti è convincente, stringata e chiara, attenta alla critica letteraria che assegna al Candide un posto nella satira sociale. Ma Gianni ci parla anche dell’Autore di cui sottolinea aspetti personali, storici, di costume. Sono pennellate sapienti, rapide e stringate, con le quali ne tratteggia l’area psicorelazionale, il contesto di appartenenza, l’epoca.
Il Candide, dice Gianni, ha un modo di vivere assurdo e un pensiero irrazionale; nello stesso tempo ci informa che è un tedesco, alto per la sua epoca non meno di 1,70 soggetto dunque all’arruolamento militare forzato ( oggi no ma i corazzieri si scelgono).
Il forte rapporto con Federico II, imperatore della Prussia che lo accoglie nel regno non fu duraturo; anche l’ imperatore ha una visone del mondo contrastata dal re padre proprio per la sua inclinazione alle arti, l’ amato flauto, e la repulsione alle arti militari cui venne invece costretto subendo il carcere e rischiando la morte. Dal canto suo Voltaire /Candido sciorina una campionatura di disavventure che pure non ne modificarono le scelte.
2) Circa il ritmo del racconto satirico, la serie di disavventure snocciolate con un ritmo accelerato, senza pause, sottolinea l’ aspetto dell'assurdità del mondo; immaginando che anche la divisione in capitoli sia da considerare un artificio per chiudere una scena dopo l’ altra e non lasciare, almeno nell’ immediato, la possibilità di risonanza emotiva.
Una del gruppo filosofanti ha citato Calvino e le Lezioni americane, un testo molto lontano dalla mia capacità di comprensione, interessandomi per la immagine che una oscillazione del raccontare in onde lunghe e corte possa contenere invece il momento della riflessione.
3) In coda alla cenetta filosofica Francesco Palazzo ha da proporre una sua lettura che ha appena il tempo di accennare, Comincia con il riportare il concetto del “coltivare il proprio orticello”aprendo a possibili altre letture; quella che lui ha scelto utilizza il concetto delle aree relazionali e sociali all’ interno di ciascuna delle quali l’uomo acquisisce funzioni e ruoli definiti. Penso che l’avere consapevolezza delle relazioni interpersonali e sociali, dalla appartenenza al privato del primario gruppo familiare a quella dei vari gruppi sociali, favorisca e in sostanza promuova gli incastri utili nel gruppo allargato e ai vari livelli. E ciò proprio se mi concentro sulla definizione di bisogni temperati, aspettative misurate, scelte consapevoli, progetti condivisi.
Allora leggerei il dedicarsi al proprio orticello o dell’ ulteriore ritorno ai campi di Cincinnato, eroe salvatore della patria, senza il sapore della rinuncia ma come una ulteriore capacità di scelta nella vita.
4) Buon ultimo alla domanda che ho rivolto al gruppo su possibili rappresentazioni teatrali del Candide risponde Internet.
Candide venne rappresentato per la 1° volta nel lavoro di Leonard Bernstein ( 1918 – 90): la fatica nell’azzardo di tradurre in musica per il teatro popolare un capolavoro della lettura polemica illuministica del candide o de l’ Optimisme di Voltaire fu un insuccesso nel 1759 riproposto nel ‘973 e ‘89 con successo)
Candide nel teatro: rappresentazioni attuali al teatro Granchio di Motisi in Toscana con il titolo “ il migliore dei mondi possibili”; al teatro della Tosse a Genova; a Fidenza, come un musical in una piece teatrale “un gioco di teatro nel teatro”
Saluti affettuosi o di compassione per chi è arrivato in fondo
Ciao Maria

giovedì 16 ottobre 2008

Un Crudele Esperimento - II

Siamo nel 2650 d.c., in Giappone. Da alcuni anni è divenuto normale produrre nuove specie viventi, in sostituzione delle vecchie. La modifica sostanziale di quelle esistenti si era già consolidata verso la metà del 2300.
Ogni volta che si producono nuovi umanoidi però, è sempre emozionante come la prima volta.In questo caso, ai nuovi nati si deve chiedere infatti se vogliono continuare la loro esistenza e meno, dichiarando quindi la loro intenzione di riprodurre e proseguire nel tempo la nuova specie.

È il 25 settembre, e da mesi nel nuovo laboratorio situato in un luogo segreto e protetto dell’isola di Hokkaido, si sta lavorando ad un megaprogetto, attraverso il quale sarà possibile creare una specie di nuovi Trans-Umani che abbiano alcune fondamentali caratteristiche, tipiche delle altre specie animali inventate in laboratorio nei 200 anni precedenti. Una di queste è il “dono dell’instancabilità”, che fa leva su una riserva di forza fisica e presenza mentale in grado di auto rinnovarsi in pochi minuti.

I primi esperimenti, come ricorda il direttore del laboratorio, Hyoshiro Makoto, avevano puntato sulle capacità artistiche ed intellettive; egli stesso poteva dirsi fieramente figlio di questi esperimenti, essendo stato generato da un padre ibridato con seme “AAB- kk3450” e da una madre di tipo “6852 FFG 835”, cioè quelli riconosciuti come tra i migliori selezionati fino a quel momento. Le caratteristiche di Hyoshiro sono stupefacenti, la sua capacità di comprensione e sintesi istantanea di problemi complessi, quasi ineguagliabile. La sua sensibilità umana ed affettiva non è da meno, essendo controllabile attraverso una serie di bioapparecchiature microscopiche poste vicino alle mani. I meccanismi di controllo sono stati applicati in modo sottocutaneo, e soltanto lui può attivarli, riconoscendo nel proprio codice genetico la password di accesso per cambiare il proprio stato.

A Hyoshiro basta sfiorarsi i polsi o gli avambracci dove lui sa, per cambiare in brevissimo tempo il proprio stato intimo, comunicativo o di percezione. Così, se è arrabbiato, gli basterà fare dei movimenti non solo per calmarsi, ma proprio per dimenticare e superare la sua condizione istantanea, rimettendosi in sesto. Se vuole essere più attento ed affettuoso verso i propri cari, gli basterà compiere intenzionalmente un determinato gesto, poiché le microghiandole di cui è dotato, metteranno in circolo sanguigno le sostanze necessarie, appositamente studiate per quell’effetto.
Hyoshiro ricorda ancora, quasi sorridendo, quando gli umani di alcuni secoli prima andavano nelle farmacie ad imbottirsi di sostanze velenose e tossiche, pur di togliersi un banale mal di testa.
Queste cose adesso le si guarda solo negli spettacoli comici, o nei remix dell’epoca. Però, doveva essere carino, trovarsi lì. Gli umani del 2650 hanno superato qualsiasi condizione di malattia, e sono padroni del loro destino. Decidono di nascere, di restare fin che vogliono e, quando è il momento giusto, anche di morire, concedendosi una pausa di relax sufficientemente lunga prima di riprendere la propria missione sulla Terra con un trasferimento bio-genetico. La consapevolezza, nel trasferimento della propria coscienza individuale, è assicurata. Ogni volta che le esperienze personali devono essere trasferite su un altro corpo, vengono prelevati tutti i cloni genetici e di memoria dell’individuo che, come si sa, non appartengono solo al cervello, ma a tutte le cellule del corpo. Esistono potenti elaboratori bio-tecnici, sovralimentati al plasma di tungsteno ed iridio, in grado di svolgere questa complessa operazione di sintesi, compressione e riduzione all’essenza, delle singole esperienze. Naturalmente è l’individuo che sceglie quali esperienze vorrà ricordare e quali no. Poi il tutto viene conservato in una banca dell’informazione androide mondiale, che possiede le complete garanzie di stoccaggio e controllo delle informazioni vitali. L’individuo sceglie di interrompere la propria vita su quel corpo quando lo desidera, programmando la propria rinascita in un altro luogo e in un tempo prestabilito, scegliendo perfino una coppia di genitori consenzienti, che si ritroveranno grazie ad un complesso appuntamento.

Grazie a questo sistema, pochi hanno scelto di non rivivere più, essendo disincantati e stanchi dell’esistenza. Se avessero voluto, avrebbero anche potuto scegliere di percepire l’esistenza in modo totalmente diverso, con gioia, amore, collegamento esteso agli altri esseri viventi, essendo queste percezioni totalmente controllate dalle sostanze cellulari e plasmatiche in circolo. Eppure essi hanno deciso di terminarsi, e questo per fortuna non è più un problema morale o giuridico, essendo eticamente riconosciuto e delegato all’individuo stesso il proprio diritto alla vita, ma anche a quello della morte e dell’annullamento.

I problemi filosofici degli individui sono stati sciolti, avendo essi la possibilità di ricordare gli stati di premorte e post-morte, così come le esperienze vissute nelle fasi intermedie tra una esistenza e l’altra. Le persone conoscono ed arbitrano il proprio destino in modo totale, nella certezza di porre in essere il desiderio profondo di un creatore supremo, che essi non ricordano di aver mai visto, ma la cui presenza è avvertita a livello subliminale in modo pressoché continuo. Ognuno si sente parte di un Tutto in modo chiaro, e questo Tutto viene spesso indicato metaforicamente come “il Grande Amore”. Così, esistono una serie di storielle e barzellette che giocano sull’equivoco del “mio grande amore”, utilizzate ad esempio quando un ragazzo vorrebbe per la prima volta dichiarare il proprio interesse verso una ragazza, e magari non trova il coraggio di farlo.

In questo mondo la riproduzione è naturale, ma selezionata. Ogni particolare del proprio futuro, e di quello dei figli è programmato dall’individuo non in senso casuale, ma in modo saggio, attento ed amorevole. Questo accade perché gli umani hanno imparato a fidarsi completamente gli uni degli altri, e quindi ciascuno accoglie ed elabora, in modo onesto e privo di pregiudizi, migliaia di consigli altrui, prima di decidere.

Può sembrare paradossale, ma questa civiltà è frutto di un crudele esperimento.

Infatti, si è sviluppata in un piano esistenziale diverso, in un mondo parallelo ove i nazisti avevano vinto la seconda guerra mondiale. Non ve ne era stata una terza, perché per oltre un secolo e mezzo il mondo dovette marciare in modo monotematico, ma non monoteistico. Già verso la fine del nel 2100 si avvertirono i primi cedimenti governativi, i quali indicavano chiaramente che l’esperienza del nazismo, in quanto forma autoritaria e suicida verso alcune razze, era finita. Al tramonto dell’Autorità assoluta, gli esperimenti nel Deserto del Sahara avevano prodotto una razza superiore, in grado di uscire dalla prigionia e prendere il potere, capovolgendo la situazione mondiale in modo relativamente più lento. Forme di inquinamento barbarico non avevano avuto modo di esistere, così come l’energia nucleare non fu mai impiegata a scopi bellici, e neanche tanto a scopi civili, non essendo quel mondo affamato di energia da devolvere agli sprechi.

E soprattutto, essendo l’uomo già da molto tempo privato del dogma filosofico–teologico, ed avendo superato quello politico-sociale post-nazista, poté nei secoli successivi scegliere gli scopi e gli impieghi della tecnologia. Avendo gli umani imparato sulla propria pelle cosa significa morte, distruzione, abbandono, isolamento, genocidio, discriminazione, ma anche e soprattutto egoismo, autocrazia o prigionia, nei secoli successivi essi evitarono gli errori fatti in precedenza. Inoltre, essendo stata la cultura precedente in gran parte perduta, e gli antichi libri bruciati, ne fu creata una totalmente nuova, non meno avvincente ed interessante. I classici non influenzarono le menti, dimostrando che il vuoto genera libertà, ove vi è intelligenza. Il ferro invece genera ruggine e l’ossido corrode, lasciando scheletri che nessuno ha il coraggio di togliere.

Così, nel settembre del 2650, Hyoshiro Makoto si appresta a creare nuovi umanoidi in grado di non stancarsi. Egli sa, come tutti sanno, che di fronte alla possibilità di autodeterminarsi non ha molto senso parlare di anima o di corpo, ma solo di possibili ed infinite sfaccettature dell’esistenza. Entrare ed uscire dalla materia per l’uomo è divenuto naturale, ed anche per tutte gli esseri da lui creati.
Forse un giorno anche Hyoshiro, divenuto ormai vecchio, si interrogherà su un mistero, chiedendosi perché queste possibilità, appena pochi secoli prima, non esistevano. Si chiederà perché la gente soffriva, si ammalava e poi moriva, anche se ovunque nel mondo le religioni confortavano i moribondi e gli ospedali curavano gli ammalati, nel lusso come nella fatiscenza.

Un dubbio sfiorerà allora la sua mente, e sarà la prima volta che ciò sia mai accaduto per lui. Alla penombra della lampada laser blu, poggiata sul tavolo di vetro-titanio, così trasparente da sembrare impalpabile, le sue mani toccheranno la fronte pensierosa e gli occhi saranno chiusi, assorti in questo immenso mistero. Egli avrà una visione, e sognerà che un giorno lontano del tempo passato un dio cattivo aveva privato l’uomo della sua libertà, assegnandogli una serie di destini, tutti apparentemente diversi ma in realtà tutti monotoni.

Sognerà il destino dei manichini, uomini riprodotti incontrollatamente da sé stessi, a partire da un umanoide-prototipo in gran parte lobotomizzato. Così come la specie che lui incarna adesso, non rappresenta più quei manichini, forse intuirà che, a suo tempo, una “nuova” specie umana fu introdotta artificialmente nel pianeta, con caratteri e scopi molto distruttivi, e con una serie di parti mancanti o mal funzionanti, in modo da accrescerne spaventosamente le potenzialità deleterie.

Ma, non riuscendo ad immaginare chi e come abbia mai potuto concepire e realizzare qualcosa di così crudele, scaccerà dalla sua mente questo pensiero, con il suo solito gesto che serve ad annullare le tristezze ed i pensieri negativi. Allora troverà pace, ed il suo corpo, ormai stanco, deciderà di andare a letto. Forse in quel momento comincerà anche a pensare che, essendo all’apice della sua splendente vita, è anche giunto il momento di morire saggiamente, e di lasciare il suo compito ad uno dei tanti giovani collaboratori di cui egli è fiero. E, per darsi pace ed un pizzico di sano ideale, tornerà a ricordare il millenario Impero del Sol Levante, con le infinite schiere dei valorosi che diedero la vita per un ideale più alto, per un mondo migliore. E cancellerà dalla mente il pensiero dei nazisti, che furono solo dei temporanei alleati. Ed i suoi occhi brilleranno, per la commozione che quel sentimento fantastico avrà suscitato in lui. Con emozione vibrante, ricorderà l'anziano Maestro 会気道 quando gli aveva detto: "Sarai libero di combattere solo quando non sarà la tua mano a tenere il bastone. Ma il bastone la tua mano".

E' arrivato il momento di salutare Hyoshiro. Lo lasciamo mentre ancora egli non sa, non ha ancora concepito tutto questo. Lo lasciamo libero di continuare quegli esperimenti che egli conduce nella certezza etica che questi faranno evolvere la specie umana di quel pianeta Terra.
Un pianeta Terra-2, nato in una realtà parallela dove i nazisti avevano vinto, ma poi erano passati come il Tempo e, lentamente, erano stati sepolti, senza la necessità di alcuna distruzione ulteriore.

mercoledì 15 ottobre 2008

Resoconto di Pietro

Cari filosofanti (a tempo perso e per professione). E' stato bello ritrovarsi per ricominciare a pensare insieme, ispirati da Voltaire e dal suo "Candido". Gianni ci ha introdotto al libro contestualizzandolo opportunamente con sintetitci ed efficaci riferimenti storici e filosofici. Secondo Gianni, Leibniz non meritava l'ironia di Voltaire che lo prende in giro in tutto il libro per il suo ingenuo ottimismo dato che ritiene che questo sia "il migliore dei mondi possibili". Ma, come ha fatto notare lo stesso Gianni, non è solo Leibniz il bersaglio delle frecciate umoristiche di Voltaire, che ridicolizza anche la mentalità del periodo e la stupidaggine degli uomini che si procurano inutili e reciproche sofferenze. Dopo alcuni accenni di Armando al "deismo" di Voltaire che crede in un Dio solo creatore ma lontano e indifferente, gli interventi hanno messo in luce la velocità da comiche del film muto con la quale si muovono i personaggi e si succedono gli avvenimenti del libro: personaggi di gomma, ha notato qualcuno, che muoiono e rinascono all'improvviso. Lo stesso Candido - fa notare Mario Spalla - si muove, cade e si rialza, insegnandoci ad andare comunque avanti nonostante tutte le tribolazioni della vita. Candido è, invece egoista secondo Armando e Gianni, quando teorizza che ognuno deve coltivare il proprio giardino senza occuparsi della cosa pubblica. Ma meritano attenzione anche le benevoli interpretazioni di Marcella e Francesco che cercano di vedere, in questo invito a coltivare il proprio giardino, anche un richiamo al pragmatismo, alla necessità che ognuno esegua al meglio il proprio lavoro non per rinchiudersi dentro uno steccato ma per mettere a frutto i propri talenti a beneficio anche degli altri. Simpatico e indovinato il riferimento che Augusto ha fatto al personaggio Forrest Gump come al moderno Candido dell'omonimo film. Ci rivedremo martedì 21 ottobre per commentare la prima metà del libro e anche per approfondire almeno due interessanti domande che mi sembra siano sono venute fuori da questa interessante cenetta:
1) E' ingenuo Candido che rimane candidamente convinto che bisogna comunque credere nei propri sogni (e che la vita ha un senso anche se non sembra) o siamo ingenui noi quando crediamo solo a quello che vediamo forse perchè non riusciamo a vedere al di là del nostro naso?
2) E' possibile che lo scontro tra Voltaire e Leibniz si possa comporre così: Dio effettivamente non ha creato il migliore dei mondi possibli ma solo la sua materia prima lasciando agli uomini la possibilità di plasmarla per realizzarlo?
Pietro Spalla