mercoledì 30 aprile 2008

....... in risposta a Francesco sul Mondo e sulla sua interpretazione


Colloco questo intervento sui post e non sui commenti perché vorrei che oltre a Francesco Vitale mi leggessero anche gli altri frequentatori delle Cenette per implementare e/o confutare quanto da me detto e quanto ho capito di Mancuso.

A Francesco (che mi sollecita in un suo commento a un mio post del 24 aprile) rispondo che il pensiero esposto non è il mio punto di vista ma ciò che credo sia il punto di vista di Vito Mancuso (d’altra parte stiamo ancora leggendo e commentando il suo libro). Mi spiego: Mancuso si definisce un teologo cristiano e cattolico (nel senso etimologico del termine) e in quanto tale ha deciso di “riscrivere” la teologia cristiana alla luce di alcune critiche sollevate nel corso del tempo all’interno del Cristianesimo e alla luce delle scoperte scientifiche degli ultimi secoli ma soprattutto degli ultimi decenni (potremmo dire alla luce della Ragione del XXI secolo!). Ora (lo dico per Francesco che non ha letto il libro) il Logos che l’autore identifica col Principio Ordinatore e che (emanazione di Dio) ha dato inizio al Mondo (materia-energia) e alla sua storia lasciando lo stesso a fare i conti con i suoi stessi attributi che sono Libertà, Giustizia, Bene, Bellezza, Amore ect… ma anche con i suoi contrari! e il cui esito è la “scommessa” del Dio Creatore nei confronti del Suo creato non come Sua immagine in uno specchio ma come interlocutore ( condizione necessaria alla Sua esistenza! = io esisto solo perché sono percepito). Una volta che Mancuso dice come per lui stanno le cose…..si mette ad affrontare la problematica dell’Uomo come risultato più alto raggiunto (almeno per quello che ne sappiamo) finora dal Principio Ordinatore e con la sua consapevolezza di essere oltre che anima (nei primi tre livelli di discontinuità: fino all’anima sensitiva degli animali) essere Persona . E’ a questo punto che interviene il concetto necessario di Dio personale che interloquisce con la persona e a cui per questo viene garantita l’immortalità individuale nella perfetta Armonia e Amore. Ecco ciò che ho voluto dire nel mio post precedente.
Se poi Francesco mi chiede come la penso io, gli rispondo che a tutt’oggi ( domani è un altro giorno) la penso come B. Russel : ”…non sono gli argomenti razionali, ma le emozioni che fanno credere nella vita futura”. Anche se è e resta doveroso cimentarsi razionalmente su questi temi altrimenti non sarei a scrivere e a interloquire qui in questo blog .

Armando

lunedì 28 aprile 2008

parafrasando Salvatore Quasimodo

14 aprile - 28 aprile 2008

......e come posso cantare con un piede spudorato sopra il cuore!

sabato 26 aprile 2008

Cambiare?

Qualche settimana addietro ho ricevuto da Francesco Vitale il seguente messaggio per mail:

Carissimo Francesco, ti chiedo di cambiare il tema di layout del blog; mi risulta veramente orripilante aprirlo, con questo colore così sgargiante, con questi caratteri così giganteschi, e senza alcuna personalità.
Visto che non siamo tutti d'accordo, magari cambialo spesso, almeno accontenterai un po' tutti....

Effettivamente qualcosa da cambiare ci sarebbe, il dibattito è aperto....

Cari cenacolanti
Ancora storditi dai risultati delle elezioni e dalla prospettiva di altri cinque anni con Berlusconi e Bossi al governo, abbiamo fatto fatica a ricollegarci alle ben più alte riflessioni proposteci dal libro di Mancuso sull'anima ed il suo destino.
Ha esordito Anna Pensato che ha chiesto ad un teologo "a caso", eventualmente presente tra di noi, se quando Mancuso parla della grazia la concepisce come un’arbitraria elargizione clientelare dall'alto che, come al solito, premia solo chi ha giuste frequentazioni e amicizie altolocate, oppure il tutto avviene secondo criteri meritocratici. A sorpresa ha risposto Augusto che, dopo averci stordito con dotti riferimenti a Pelagio ed Agostino e sapienti incursioni nella teologia della predestinazione di Calvino, ha poi capito che era meglio adeguarsi al nostro livello di preparazione teologica ed ha esemplificato, più o meno, così: la grazia è come una bella donna solo apparentemente facile: sta lì a civettare con tutti ma poi si concede solo se si sente capita.
Fuor di metafora, la prospettiva Mancuso-Cavadiana, se abbiamo compreso bene, è questa: il Bene, il Bello e il Vero sono lì per tutti, ma si tratta di riuscire a sintonizzarci (a scoprirli, preferisce dire Simonetta).
Ed infatti Mancuso scrive, al riguardo, parole molto belle: "Quando Mozart componeva, non inventava nulla, sentiva. Quando Rembrandt dipingeva non inventava nulla, vedeva. Hanno riconosciuto una realtà che c’era da sempre. …Diceva Mozart: tutto è stato composto ma non ancora trascritto". Sono idee che ricordano un po’ W. Otto ("Il mito", che consiglierei come preparazione alle prossime vacanze filosofiche sul sacro) quando afferma che i poeti più creativi sono solo dei recettori e cita Goehe:
"Ed una divinità parlò quand’io credevo di parlare".
Solo che - ho poi osservato a proposito delle resistenze mentali che ha confessato Mario Micciancio - Mancuso avrebbe dovuto spiegare che, per aprirsi alla grazia ed ai suoi doni, non basta una decisione razionale a tavolino: quell'apertura presuppone un coraggioso lavoro (spirituale) di decostruzione rispetto a pre-giudizi e difese mentali che ci ostacolano. Ma, ha replicato Mario, "il fatto è che a me non bastano teorie come quelle di Mancuso pur plausibili rispetto alle conoscenze scientifiche: io voglio basare le mie aperture e le mie scelte su prove certe e razionalmente inconfutabili". Ma Mario non ha spiegato come si concilia questo asserito bisogno di scelte razionali con la decisione di risposarsi a sessant'anni e di reincarnarsi nuovamente a Milano, dove sta ritornando lasciandoci qui sedotti e abbandonati.
Ed a proposito di reincarnazione, qualcuno ha ricordato che Mancuso la esclude dal suo campo visivo perchè comporterebbe la perdita dell'esperienza e dell'informazione acquisita in questa vita e, pertanto, la scomparsa dell'individuo. Scrive, infatti, Mancuso: : "La storia della coscienza, con tutte le esperienze fatte e le persone amate, se si rinasce nuovamente nel tempo viene azzerata".
Non si capisce, però, come mai questa irrimediabile dissoluzione dell’individuo – che nella visione di Mancuso somiglia molto a quella della sinistra dopo le ultime elezioni – venga imputata alla reincarnazione piuttosto che alla morte.
A questo punto sarà interessante leggere il prossimo capitolo sull’immortalità dell’anima per scoprire che cos’è che sopravvive, per il nostro autore, dopo la morte.
Dopo una critica di Maria a certe mie idee (ma per errore anche Maria se l'è presa con lo iellatissimo Mancuso, che non c'entrava nulla, invece che con me) Alberto ha concluso la serata spiegando perchè la visione evolutiva di Mancuso "uso Teilhard de Chardine" non lo soddisfa per nulla: se ci fosse un principio ordinatore alla base di tutto, se l’evoluzione non fosse casuale ma, come pensa Mancuso, fosse davvero sorretta da un logos e diretta, sin dall’inizio, verso un telos (n.d.r. : ormai le sole parole italiane a noi cenacolanti stanno strette…) allora ci sarebbe una gravissima responsabilità che dovremmo imputare a questo principio ordinatore per tutto il male, la dissipazione, lo spreco ed il dolore che, in questo tumultuoso processo evolutivo, colpiscono tanti innocenti. E Alberto ha fatto l’esempio dello tsunami, dell’olocausto e della vittoria di Berlusconi alle elezioni per dimostrare che non è possibile che ci sia un disegno divino così sadico e malvagio che ci costringa, per evolverci, ad attraversare certe sciagure.
Nel darvi appuntamento per martedì prossimo alle 20 e trenta per chi cena con noi e alle 21 per gli altri, Vi ricordo che nel nostro Blog è stato pubblicato un bell’articolo di Augusto che dovremmo leggere tutti perché evidenzia, anche criticamente, gli aspetti più importanti del libro e ci offre importanti spunti di riflessione per le prossime cenette. Sempre nel Blog si è aperto, inoltre, un interessante dibattito sulla compatibilità tra l'esistenza del male e quella di Dio (cè una branca della filosofia che si occupa di questo annoso problema: mi sembra che si chiami teodicea e che fu fondata molti anni fa da un certo Giobbe.
Pietro Spalla

giovedì 24 aprile 2008

Il Principio Ordinatore di Mancuso e il Male


A proposito di ciò che ripetutamente dice e scrive Alberto Spatola, io credo che la compatibilità del Principio Ordinatore di Mancuso, orientato inevitabilmente al Bene, e l’esistenza del Male che legittima poi il libero arbitrio dell’uomo, possa esserci se si pensa a Dio come al “Soffio vitale” che non vuole entrare nella “Storia” dell’Universo (e quindi dell’Uomo), ma direttamente nell’anima ( intesa alla Mancuso) dell’Uomo ( e anche della Natura?) e quindi infondergli l’intenzione al Bene ( badate solo l’intenzione!) lasciandogli poi la facoltà di scelta. Mi piacerebbe dibattere su questo punto.
Armando

sabato 19 aprile 2008

Augusto Cavadi si è finalmente degnato di farci visita: è un giorno importante per il Blog
Ecco il suo contributo

IL DESTINO DELL'ANIMA SECONDO UNA TEOLOGIA LAICAPossibili ragioni di un successo editorialeIl successo editoriale, davvero imprevedibile per un titolo di teologia, dell'ultimo volume di Vito Mancuso si spiega con una serie di ragioni che si inanellano in sequenza. La prima è che affronta un tema che sfida il turbinio delle mode e non cessa di interpellare gli animi che mantengono un guizzo di vivacità spirituale. Ma - e siamo ad una seconda ragione - l'autore affronta l'argomento dell'anima cercando di dialogare con la cultura filosofica e scientifica contemporanea: dunque prendendo sul serio obiezioni e suggerimenti che di solito i laboratori teologici preferiscono ignorare. Inoltre - questa potrebbe essere una terza ragione - egli, infrangendo la prosopopea diffusa fra quanti trattano di simili questioni, si preoccupa di usare un linguaggio per quanto possibile non-tecnico evitando le sottigliezze specialistiche di chi scrive più per fare mostra di sé ai colleghi che per sollecitare la riflessione del lettore 'medio'. Infine individuerei una quarta ragione nel fatto che l'interrogazione sull'anima viene formulata in maniera fortemente problematica rispetto alla tradizione cattolica a cui Mancuso ribadisce più volte di appartenere. Se egli avesse proposto le medesime idee dichiarandosi esterno alla Chiesa cattolica, molto probabilmente sarebbe stato letto da una cerchia molto più limitata di specialisti: così, invece, egli ha dato voce alle inquietudini sotterranee di quei milioni di cattolici (più o meno praticanti, più o meno istruiti) che, secondo l'ormai celebre espressione di Pietro Prini, hanno consumato uno "scisma sommerso", staccandosi d fatto dall'obbedienza al Magistero senza sprecare fiato per formulare apertamente e pubblicamente il loro dissenso. Questi scismatici anonimi leggono, con stupore misto ad ammirazione, un teologo che - senza infingimenti clericali ed anzi con un pizzico di civetteria - scrive: "Oggi in teologia, soprattutto in Italia, per lo più non si pensa, si obbedisce, nel senso che anche quando si pensa, spesso lo si fa come vuole l'autorità, per fondare, spiegare, difendere ciò che è già stato stabilito dall'autorità. Un pensiero, diciamo così, pilotato. Ma, come mostrerò in queste pagine, le autorità bibliche e magisteriali sono talora in contraddizione tra loro quando si tratta dell'anima e del suo destino, e non su aspetti secondari" (p. 32). In questo contesto, all'autore non sembra restare che una sola via: ristabilire davvero il primato del Logos" (ivi).Alcune tesi principaliMa che cosa sostiene, nella trama essenziale, questo corposo saggio?Che la questione antropologica non può essere isolata dal più ampio quadro della questione cosmologica in cui è incastonata e che, a sua volta, la questione cosmologica implica una interpretazione, più radicale, ontologica e teologica.Perciò Mancuso si chiede, preliminarmente, cosa debba intendersi per 'natura' (nel senso comprensivo dei Greci che, in quanto physis, vedevano in essa la matrice generativa di tutto ciò che a qualsiasi titolo può considerarsi essente) e quale sia il rapporto fra essa 'natura' e Dio. La prospettiva in cui si colloca esplicitamente l'autore è quella pionieristicamente indicata da Teilhard de Chardin quando intitolava uno dei suoi primi scritti La potenza spirituale della materia: " Dobbiamo cambiare prospettiva rispetto al racconto biblico di Genesi 2,7 secondo cui Dio prese la polvere, plasmò l'uomo e poi infuse il suo soffio vitale. Per stare all'immagine mitica utilizzata dal testo, occorre piuttosto pensare che Dio infuse il suo soffio vitale prima, direttamente nella polvere, nella materia-mater, la quale poi da sé, autonomamente, ha dato origine alla vita in tutte le sue forme, compresa quella dell'uomo. Si tratta di una prospettiva legittima anche a livello biblico alla luce dei racconti di creazione della tradizione sapienziale, in particolare Proverbi 8 e Siracide 24" (p. 14).Da questa angolazione - "una prospettiva che parte dal basso" (p. 53) - "l'anima spirituale, che pure conduce chi la coltiva in un'altra dimensione facendolo entrare nell'eterno, è da pensarsi non come una sostanza separata che proviene dall'esterno ma come una peculiare configurazione dell'unica energia che ci costituisce" (p. 54).Rispetto a questa materia in evoluzione - di cui l'Uomo costituisce il vertice (attuale) - in che rapporto concepire Dio? Il tendenziale monismo antropologico (l'anima come dimensione consapevole e spirituale di quell'unica realtà che chiamiamo materia quando la consideriamo nella sua dimensione visibile e misurabile) è coerentemente inquadrato in un più ampio monismo onto-teologico: "il divino, in questa prospettiva, non è nulla di misterioso o di qualitativamente altro rispetto all'essere, ma è la pienezza dell'essere, come sapevano perfettamente i Greci" (p. 102). E - si potrebbe aggiungere per compensare un'omissione eloquente - come hanno ricordato fortemente gli idealisti post-kantiani, in particolare Hegel e Schelling. E' chiaro che Mancuso contesta una Trascendenza di Dio che venga concepita unilateralmente, adialetticamente, come distanza abissale fra il Principio creatore e l'universo creato. Dio non è al di là del mondo, ma nel cuore del mondo: Egli "non agisce mai direttamente nel mondo, ma sempre e solo tramite la mediazione della sapienza, sia come sapienza impersonale nella logica della natura e della storia, sia come sapienza personale nella dimensione dell'anima umana. (...) La Sapienza divina agisce nella natura ordinando l'energia verso una sempre maggiore informazione e complessità", "nell'anima spirituale come grazia che attrae verso il bene e che vince la forza di gravità dell'egoismo primordiale" (p. 105). In questo quadro onto-teologico, l'ipotesi di una vita oltre la morte fisica del soggetto individuale non si configura come il risultato apodittico di una dimostrazione bensì come una sorta - direbbe Karl Jaspers riecheggiando Kant - di "fede razionale". Secondo Mancuso, infatti, è legittimo sperare che le "quattro discontinuità" di cui siamo testimoni ("il passaggio dal minuscolo puntino cosmico all'origine del Big bang alla vastità dell'essere; il passaggio dalla materia inerte alla vita; il passaggio dalla vita naturale all'intelligenza; il passaggio dall'intelligenza autorefernziale alla morale e alla spiritualità") (p. 111) siano a loro volta superate da una "quinta discontinuità all'interno del processo evolutivo dell'energia cosmica": "una vita dopo la morte di tipo personale" (p. 134). Alla luce di questa impostazione prevalentemente teoretico-metafisica l'autore affronta le tematiche più squisitamente teologiche dei "novissimi". "Morte e giudizio": "A chi spetta, quindi, la vita eterna? La vita eterna spetta a chi la possiede già adesso. L'eterno non è il futuro, ma è il presente, la dimensione più vera del tempo. Chi, nel tempo che gli è stato dato, ha raggiunto la forma sovra-naturale dell'essere, quando muore nel corpo vi permane con l'anima" (p. 205). "Paradiso": "Il Dio eterno è il custode del tempo, o meglio di quella parte del tempo che merita di essere custodita perché raggiunge la stessa dimensione di verità, di bellezza e di giustizia che compete ontologicamente all'eternità" (p. 229). "Inferno": in proposito l'autore esclude che l'inferno possa consistere in una condanna eterna per peccati comunque temporali, ma confessa di trovarsi "nell'incertezza riguardo all'alternativa fra apocatastasi e morte dell'anima" (p. 275). "Purgatorio": coincide con "il momento della morte fisica e gli istanti immediatamente precedenti e successivi ad essa. E' allora che avviene la grande purificazione" (p. 279). "Limbo": oggi è stato finalmente cancellato da quella stessa autorità ecclesiale che l'aveva inventato, ma ciò non servirà a molto "se non si comprende che la gran parte degli errori e delle incongruenze nella dogmatica derivano dalla posizione del peccato originale, questo mostro speculativo e spirituale, il cancro che Agostino ha lasciato in eredità all'Occidente" (p. 287). "Parusia e giudizio universale": "Il giudizio è universale nel senso che vi viene sottoposto ogni essere umano secondo criteri universali, gli stessi criteri di ordine, equità e giustizia che la creazione già contiene" (p. 301). Alla fin dei conti, il messaggio del libro è sintetizzato nelle ultime righe: "Dice la sapienza di Israele: 'Chi pratica la giustizia si procura la vita' (Proverbi 11,19). Basta solo essere giusti. Tutto qui, qualcosa di molto semplice, che ogni uomo vuole da sé. Simplex sigillum veri" (p. 317). Qualche considerazione criticaCome aveva previsto il cardinal Martini nella lettera che funge da antifona al volume, quest'ultimo ha suscitato nel mondo cattolico delle reazioni molto vivaci. Esse partono da un presupposto: che la Bibbia sia fondamentalmente una rivelazione di verità nel senso di informazioni metafisiche (e che il Magistero costituisca l'istanza ultima in caso di conflitto interpretativo sul modo di intendere tale patrimonio conoscitivo). Se questo presupposto regge, Mancuso non può essere considerato un teologo cattolico. Ma sappiamo che negli ultimi due secoli, soprattutto dopo Kant e Kierkegaard, si è diffusa una diversa visione della Scrittura: essa non sarebbe né fonte di conoscenza scientifica (e questo, con ritardo su Galileo Galilei, lo riconoscono tutti i cristiani, tranne i fondamentalisti) né fonte di conoscenza filosofica (e questo lo si stenta ad ammettere, soprattutto in ambito cattolico), bensì una fonte di orientamento esistenziale (di tipo mistico-spirituale ed etico). Se questa prospettiva regge, Mancuso non può essere liquidato sbrigativamente con l'accusa di eresia, ma va confutato puntualmente con gli stessi attrezzi logico-razionali a cui egli fa ripetutamente appello. Se la Bibbia, come in Italia ha sottolineato più di altri Carlo Molari, non ci fornisce delle notizie supplementari (e altrimenti inaccessibili) sulla struttura ontologica dell'universo e del suo Creatore, ma ci racconta chi vuole essere Dio per l'uomo e come sogna che l'uomo sia per Lui, Mancuso ha il diritto di asserire che "più si comprende la ricchezza e la bellezza della vita per quello che è, meno si pensa il divino come una cosa diversa e totalmente altra. Il centro speculativo del Cristianesimo, l'incarnazione di Dio in un uomo, è esattamente la massima espressione di questa equazione fondamentale: pienezza della vita= divino" (p. 103).Al suo diritto di asserire questo, corrisponde il diritto di chi non è d'accordo di avanzare obiezioni e contro-argomentazioni, non certo di lanciare scomuniche.Per esempio l'obiezione di chi possa trovare sproporzionatamente antropocentrica la tesi che "la perfetta manifestazione della Sapienza creatrice" sia "l'idea di Uomo"; che "il mondo" sia "finalizzato dal basso alla produzione dell'Idea di Uomo, declinata nei miliardi di esistenze concrete, ognuna unica e irripetibile, cui essa dà luogo" (p. 72).Oppure l'obiezione che l'amore - in cui giustamente Mancuso riconosce il cuore del cristianesimo - sia da lui concepito in termini più di eros mistico (di stampo neoplatonico) che di agape diaconale (di stampo evangelico). Egli infatti cita, con condivisione, Albert Schweitzer, teologo cristiano insignito del premio Nobel per la pace: "L'elemento essenziale del Cristianesimo così come Gesù lo predicò e il pensiero lo comprende, è che soltanto con l'amore possiamo giungere alla comunione con Dio" (p. 296). Ma quando prova ad esplicitare questa convinzione, l'autore sembra insistere sulla "comunione della più intima interiorità con la volontà di Gesù" (ivi), senza preoccuparsi di aggiungere che tale comunione - secondo Gesù stesso - non ha altra verifica affidabile che il servizio al debole e all'impoverito. Si può affermare, come fa Mancuso, che l'amore cristiano consiste "nell'avvento del regno di Dio nell'anima di ogni uomo" (ivi) , ma a patto di non omettere che tale regno deve rendersi visibile, attraverso i nostri spiriti, nella storia oggettiva, concreta, della collettività umana. Deve farsi, come ama ricordare Armido Rizzi, pane e carezze per i fratelli e le sorelle meno fortunati. Non è solo una questione di estensione (dall'ottica individuale all'ottica sociale), bensì più radicalmente di intenzione: l'amore biblico, a differenza dell'eros platonico anche cristianizzato dai Padri della Chiesa, non è una forma di egocentrismo spirituale quanto di autodonazione gratuita. Augusto CavadiSINTESI.Augusto Cavadi. Il destino dell'anima secondo una teologia laica. Il volume di Vito Mancuso, L'anima e il suo destino, Cortina, Milano 2007, sta conoscendo un successo editoriale imprevedibile. Quali ne sono le possibili ragioni? Quali le principali tesi antropologiche, cosmologiche, ontologiche e teologiche esposte nel saggio? La presentazione si conclude con una serie di interrogativi critici mirati più ad alimentare la riflessione che a stroncarla con l'invocazione di censure autoritarie.
17 aprile 2008 18.27

lunedì 14 aprile 2008

Cari cenacolanti
domani sera (martedì) ci occuperemo del terzo capitolo (l'origine dell'anima) del libro di Mancuso che continua a suscitare, anche tra di noi, critiche ferocci e consensi appassionati.
I leaders del partito anti-Mancuso sono Giovanni La Fiura, che contesta l'antropocentrismo di Mancuso e Alberto Spatola, che gli rimprovera di essere troppo assertivo e di pretendere di fare un discorso scientifico mentre non dimostra un bel nulla.
Secondo alcuni di noi, invece, Mancuso ha ragione quando dice che non ci sono una realtà scientifica ed una religiosa o filosofica: la realtà, abbiamo convenuto con Mancuso, è una sola. Ma siamo stati accusati di inciucio solo perchè abbiamo sostenuto che i diversi approcci per comprendere la realtà non sono in contraddizione tra di loro ma possono e debbono intrecciarsi per essere fecondi.
Numerose le astensioni. Gli exit pool danno in lieve vantaggio il partito anti-Mancuso che ha promesso, in caso di successo, di abolire l'anima, responsabile della crisi esistenziale e della recessione morale che stiamo vivendo.
Ma i pro-Mancuso appaiono in netto recupero e propongono, in caso di vittoria, aiuti e detassazioni alle giovani coppie di genitori per la costruzione della prima anima, secondo un piano di edilizia spirituale che parta dal basso (come è giusto in democrazia).
Pietro Spalla

giovedì 10 aprile 2008

TAOSOFIENZA

Un interrogativo emerso di recente dalle cenette filosofiche è il seguente: “Alla filosofia può competere il concetto di energia?”
Secondo me sì, e neanche tanto in senso metafisico. Purché anche la filosofia ne dia sue proprie e precise definizioni, e non necessariamente distanti o in contrasto con quelle della scienza. Del resto, il nostro cervello e il nostro corpo, per funzionare hanno bisogno di energie che ricaviamo da varie fonti, non escluse quelle provenienti dai nostri simili. La nostra attività cerebrale, onirica o sensoriale può essere quantificata in elettronvolt, e può essere studiata attraverso i grafici degli oscilloscopi. E’ ovvio, siamo nella materia.
Ma il punto fondamentale è questo: nessuno sa quali relazioni certe vi siano tra energie-particelle subatomiche e coscienza-intelligenza(-anima). E’ un dualismo nel quale scienziati e filosofi moderni non osano entrare, probabilmente per paura di essere attaccati dai propri rispettivi colleghi. Il resto possono farlo i taoisti, i buddisti e i mandrakisti, come li chiama Giovanni nel suo ultimo intervento. Come dire, persone troppo “di parte” per essere attendibili. Anche Mancuso è stato, non a caso, criticato per aver trattato la materia energetica in senso filosofico. Non ne conosco le motivazioni, ma in questo momento poco mi importa se a torto o a ragione.

Ma se lo studio della materia è il campo prettamente pertinente alla scienza, la filosofia potrebbe anche teorizzare, senza invaderlo, su aspetti che non sono soltanto metafisici, ma buona in parte fisici. Può estendersi al campo dei significati profondi di ciò che è ANCHE fisico ed economico: per l’uomo comune infatti l’energia non è soltanto la bolletta dell’Enel. Anche una carezza, un bacio o uno schiaffo hanno una loro energia, e muovono energie dentro di noi.
Allora, argomenti come il piacere ed il dolore, la casualità o la necessità degli eventi, la possibilità di influenzarli col pensiero indirizzato, potrebbero essere tutti argomenti letti secondo entrambe le chiavi, scientifica e filosofica, in modo collaborativo. Anche perché per capirci qualcosa c’è bisogno di esperimenti che non siano condotti o interpretati da persone scettiche. Il fatto è quindi che scienza e filosofia vogliono rimanere distanti, e a loro volta distanti da ciò che possiede una qualsiasi aura di misticismo e religiosità. Perché deve essere per forza così? Confesso la mia ignoranza.

Facciamo un esempio per tutti. Oggi si parla molto dei limiti ma anche del valore del benessere, che può avere sugli esseri umani effetti contrastanti. Effetti o esiti che, comprensibilmente, dipendono dalle finalità e dalle scelte di ciascuno, e dalle conseguenze delle nostre azioni. Il tutto è giocato nella materia, con implicazioni etiche, non morali.
L’uso orientato delle energie può favorire la crescita e l’evoluzione, come può essere causa della distruzione totale: per cui si tratta di campi fisici ma anche profondamente esistenziali.
Nel suo intimo l’Uomo può percepire l’unione col tutto, quindi anche con le energie. Dove può essere ragionevolmente collocato il limite umano tra il necessario ed il superfluo, in un pianeta così sviluppato ma anche così fragile? Chi credete allora che ci darà delle nuove indicazioni etiche per il nostro futuro? Forse lo scienziato, o il politico, oppure ancora il direttore d’azienda?

Forse si deve osare un po’ di più, per il bene comune. Io sogno sempre che sedi come quella rappresentata da queste pagine diventino un giorno la materializzazione di una scuola di pensiero, rappresentata da incarnazioni coscienti dell’intelligenza, in grado di elaborare nuovi concetti e sostenere nuovi modi di pensare. Molto di più che studiosi dell’accademia: persone non comuni che, dopo essersi tanto allenate insieme, pretendono coerentemente di apportare luce ed energia al nuovo millennio.

mercoledì 2 aprile 2008

Scienza e Spirito....psiche e natura...sono poi così distanti?


Desidero dare anch'io un contributo all'argomento trattato dal precedente post di Giovanni e nelle serate di commento al libro di Mancuso per ribadire che forse le via scientifica e le vie non scientifiche verso la conoscenza possano anche intersecarsi e sinergicamente andare avanti con la pace di molti.......
Cito pertanto un passo del libro "Psiche e Natura" scritto nei primi anni '50 da Wolfgang Pauli, Nobel per la Fisica nel 1945 e famoso per il suo "principio di esclusione" e per la scoperta del neutrino.....": “Per noi moderni, tornare alla concezione arcaica, la cui unità e coerenza interna veniva pagata al prezzo di un’ingenua ignoranza sulla natura, è ovviamente fuori discussione. Tuttavia, proprio il desiderio di una maggiore coesione nella nostra visione del mondo ci spinge a riconoscere l’importanza degli stadi pre-scientifici della conoscenza per la genesi delle idee scientifiche, integrando l’indagine (rivolta verso l’esterno) delle scienze naturali con una ricerca di queste stesse conoscenze volta alla dimensione interiore. Mentre la prima ha per oggetto la corrispondenza dei nostri concetti con le cose del mondo esterno, la seconda dovrebbe far luce sugli archetipi sottesi alla creazione di concetti scientifici. Solo una combinazione di entrambe le direzioni di ricerca può condurre a una piena comprensione.
Negli uomini di scienza la diffusa aspirazione a una maggiore unità nella nostra immagine del mondo è acuita dal fatto che oggi abbiamo sì le scienze della natura, ma non abbiamo più una visione scientifica del mondo. Dalla scoperta del quanto d’azione la fisica è stata un pò alla volta costretta ad accantonare l’orgoglioso proposito di spiegare, in linea di principio, tutto l’universo. Proprio questa circostanza d’altra parte, in quanto correttivo della visione unilaterale precedente, potrebbe portare in sé il seme di un futuro progresso verso una concezione unitaria del mondo, della quale le scienze della natura non sono che una parte.”
(il grassetto è mio). Armando

martedì 1 aprile 2008

In che senso tutto è energia?

Vi propongo qualche citazione dal Tao della fisica di Fritjof Capra che l'altra volta è stato (opportunamente) tirato in causa mentre discutevamo sulla nozione di energia adoperata da Vito Mancuso. Quello che vorrei sottolineare è che la scienza è arrivata a queste conclusioni 'rivoluzionarie' sulla materia per dinamiche sue interne, estremamente significative dal punto di vista filosofico, ma sganciate da qualsiasi adesione a questa o quella 'idea spirituale' del mondo, buddista, indù, taoista o mandrakista che sia. E che tali visioni spirituali si dimostreranno valide o meno a prescindere dall'assenso della cosiddetta comunità scientifica. Sono ambiti a mio parere necessariamente diversi e distanti. Buona lettura....

(p.81) A livello subatomico, gli oggetti materiali solidi della fisica classica si dissolvono in configurazioni di onde di probabilità e queste configurazioni in definitiva non rappresentano probabilità di cose ma piuttosto probabilità di interconnessioni. Un'attenta analisi del processo di osservazione in fisica atomica ha mostrato che le particelle subatomiche non hanno significato come entità isolate, ma possono essere comprese soltanto come interconnessioni tra la fase di preparazione di un esperimento e le successive misurazioni. La meccanica quantistica rivela quindi una fondamentale unità dell'universo: mostra che non possiamo scomporre il mondo in unità minime dotate di esistenza indipendente. Per quanto ci addentriamo nella materia, la natura non ci rivela la presenza di nessun "mattone fondamentale" isolato, ma ci appare piuttosto come una complessa rete di relazioni tra le varie parti del tutto.

(p.86)...la forza fondamentale che dà origine a tuttii fenomeni atomici è ben nota e la si incontra facilmente nel mondo macroscopico: è la forza di attrazione elettrica tra il nucleo atomico carico positivamente e gli elettroni carichi negativamente. L'azione reciproca tra questa forza e le onde elettroniche dà luogo all'enorme varietà di strutture e di fenomeni del nostro ambiente: è responsabile di tutte le reazioni chimiche e della formazione delle molecole, cioé degli aggregati di più atomi legati tra loro dalla mutua attrazione. L'interazione tra elettroni e nuclei atomici è quindi il fondamento di tutti i corpi solidi, liquidi e gassosi, e anche degli organismi viventi e di tutti i processi biologici ad essi collegati.
In questo mondo immensamente ricco dei fenomeni atomici, i nuclei svolgono il ruolo di centri stabili, estremamente piccoli, che costituiscono la sorgente della forza elettrica e formano le intelaiature della grande varietà di strutture molecolari.

(p. 87) Il nucleo atomico è circa un centinaio di migliaia di volte più piccolo di tutto l'atomo, eppure ne contiene quasi tutta la massa... in effetti, se tutto il corpo umano fosse compresso fino a raggiungere la densità del nucleo, non occuperebbe più spazio di una capocchia di spillo... i "nucleoni" - come spesso vengono chiamati protoni e neutroni - reagiscono al loro confinamento muovendosi ad alta velocità, e poiché sono compressi in un volume molto più piccolo (rispetto all'elettrone) la loro reazione è molto più violenta. Essi scorrono nel nucleo con velocità di circa 60.000 km al secondo! La materia nucleare è quindi un tipo di materia completamente differente da qualsiasi cosa appaia "quassù", nel nostro ambiente macroscopico. Forse, il modo migliore di raffigurarcela è di pensare a un insieme di minuscole gocce di un liquido densissimo che bolle e gogoglia ferocemente.

(p. 88) L'immagine della materia che emerge dallo studio degli atomi e dei nuclei mostra che la maggior parte di essa è concentrata in minuscole gocce separate da enormi distanze. Nel vasto spazio tra le massicce gocce nucleari in violenta ebollizione, si muovono gli elettroni. Questi costituiscono solo una piccola frazione della massa totale, ma danno alla materia il suo aspetto solido ( allo stesso modo in cui un'elica in movimento sembra disegnare una superficie solida continua).


(p. 92) Nella fisica classica, la massa di un corpo era sempre stata associata a una sostanza materiale indistruttibile, a una "qualche cosa" della quale si pensava fossero fatte tutte le cose. La teoria della relatività ha mostrato che la massa non ha nulla a che fare con una qualsiasi sostanza, ma è una forma di energia. Quest'ultima poi è una quantità dinamica associata ad attività o a processi. Il fatto che la massa di una particella sia equivalente a una certa quantità di energia significa che la particella non può più essere considerata un oggetto statico, ma va intesa come una configurazione dinamica, un processo coinvolgente quell'energia che si manifesta come massa della particella stessa...


(p. 93) (secondo le equazioni di Dirac) la simmetria tra materia e antimateria implica che per ogni particella esista un'antiparticella con massa uguale e carica opposta. Se l'energia a disposizione è sufficiente, possono crearsi coppie di particelle e antiparticelle, che a loro volta si ritrasformano in energia pura nel processo inverso di annichilazione.
La creazione di particelle materiali da energia pura è certamente l'effetto più spettacolare della teoria della relatività... Prima della fisica relativistica delle particelle, i costituenti della materia erano sempre stati considerati o come unità elementari indistruttibili e immutabili, oppure come oggetti composti che potevano essere suddivisi nelle loro parti costituenti; e la domanda fondamentale che ci si poneva era se fosse possibile continuare a dividere la materia, o se infine si sarebbe giunti alle minime unità indivisibili. Dopo la scoperta di Dirac, tutto il problema della divisibilità della materia apparve in una nuova luce. Quando due particelle si urtano con energie elevate, di solito esse si frantumano in parti, ma queste parti non sono più piccole delle particlle originarie. Sono ancora particelle dello stesso tipo, e sono prodotte a spese dell'energia di moto (energia cinetica) coinvolta nel processo d'urto.... possiamo dividere sempre più la materia, ma non otteniamo mai pezzi più piccoli, proprio perché creiamo le particelle a spese dell'energia coinvolta nel processo.


(96) Negli ultimi decenni, gli esperimenti di diffusione ad alta energia ci hanno rivelato nel modo più straordinario la natura dinamica e continuamente mutevole del mondo delle particelle; la materia si è dimostrata capace di trasformazione totale. Tutte le particelle possono essere trasformate in altre particelle, possono essere create dall'energia e possono scomparire in energia. In questo contesto, concetti classici come "particell elementari", "sostanza materiale" o "oggetto isolato", hanno perso il loro significato: l'intero universo appare come una rete dinamica di configurazioni di energia non separabili.