lunedì 14 aprile 2008

Cari cenacolanti
domani sera (martedì) ci occuperemo del terzo capitolo (l'origine dell'anima) del libro di Mancuso che continua a suscitare, anche tra di noi, critiche ferocci e consensi appassionati.
I leaders del partito anti-Mancuso sono Giovanni La Fiura, che contesta l'antropocentrismo di Mancuso e Alberto Spatola, che gli rimprovera di essere troppo assertivo e di pretendere di fare un discorso scientifico mentre non dimostra un bel nulla.
Secondo alcuni di noi, invece, Mancuso ha ragione quando dice che non ci sono una realtà scientifica ed una religiosa o filosofica: la realtà, abbiamo convenuto con Mancuso, è una sola. Ma siamo stati accusati di inciucio solo perchè abbiamo sostenuto che i diversi approcci per comprendere la realtà non sono in contraddizione tra di loro ma possono e debbono intrecciarsi per essere fecondi.
Numerose le astensioni. Gli exit pool danno in lieve vantaggio il partito anti-Mancuso che ha promesso, in caso di successo, di abolire l'anima, responsabile della crisi esistenziale e della recessione morale che stiamo vivendo.
Ma i pro-Mancuso appaiono in netto recupero e propongono, in caso di vittoria, aiuti e detassazioni alle giovani coppie di genitori per la costruzione della prima anima, secondo un piano di edilizia spirituale che parta dal basso (come è giusto in democrazia).
Pietro Spalla

12 commenti:

Giovanni La Fiura ha detto...

restituisco la tessera del partito anti-mancuso. Mi sta benissimo il suo programma di eliminazione del ciarpame ideologico cattolico e di avvicinamento al reale, anche tramite suggestioni di origine scientifica, dalle quali non si può pretendere rigore protocollare. Nel mio intervento suggerivo soltanto che non possiamo rivendicare, come umanità, l'atto di proprietà dell'universo in quanto eredi del creatore...

Francesco Palazzo ha detto...

In verità, non sarebbero previsti commenti durante le operazioni di voto. Tuttavia mi pare che l'abbandono di Giovanni, ex leader del partito a questo punto, il quale anche lui ha deciso di andare da solo, rende carta straccia i sondaggi della vigilia, acreditati dallo stesso Pietro come verosimili. Non ci resta che il solo Alberto per tentare almeno un pareggio. Attenzione durante lo spoglio.

armando caccamo ha detto...

ho il vantaggio di inserirmi dopo le prime proiezioni e dico che per uniformarsi al "nazionale" (del "regionale" è meglio tacere!!!!) necessita una mediazione per trovare una sintesi fra le opposte correnti di pensiero e cercare una larga intesa su come considerare l'anima e il suo destino e su chi se ne debba occupare: il rischio è l'emigrazione dell'anima verso altri contenitori che non sia il corpo umano nel qual caso dovremmo chiedere aiuto a Francesco.
P.S. per martedì sarete allegeriti della mia presenza perché un concerto pianistico con musiche di Chopin mi tenta troppo. Grazie e......alla prossima puntata!
Armando

alberto.spatola ha detto...

Non capisco perchè mi trovo schierato in un partito,(io che fatico a prendere tessere di qualunque colore ) addirittura quello dei critici di Mancuso , quando in realtà è lo stesso Mancuso che invoca la confutazione sin dall'inizio del suo bel libro.
(E se lo si confuta non si è certo disonesti ,ma dialettici)
Confutazione che va fatta senza polemica , ma per amore della verità che pur si dibatte ed è spesso problematica. Chiarisco inoltre che non critico Mancuso in quanto credente (io) , ma in quanto la sua teoria dell'evoluzionismo "mistico" a me pare per lo meno bizzarra.
Se per esempio vogliamo vedere a tutti i costi un "telos" , un "fine" nella storia biologica e non dell'uomo, come in fondo suggerisce Mancuso , ci troveremmo di fronte ad un Principio Ordinatore (così lo chiama Mancuso) per lo meno cinico e non curante del destino dell'uomo. La storia dell'evoluzione biologica è anche una storia di sofferenze per l'uomo. Come può ammettersi allora un Dio che procuri tante sofferenze ?. Se , ad esempio, un cataclisma come lo zunami ha causato migliaia di morti... , nell'ambito dela teoria del "soffio vitale " di Mancuso,
come si inquadrano fenomeni del genere? E' questo uno dei tanti punti critici della filosofia e teologia di M.( Dio voleva come fine transitorio lo zunami per selezionare meglio la popolazione colpita??? - sarebbe un assurdo che deriva dalla voglia antroprocentrica di alcuni pensatori di voler trovare sempre un Fine -telos- laddove forse non c'è ed è meglio che non ci sia, se no grideremmo allo scandalo) Tuttavia anche le spiegazioni che del Male nella storia dell'uomo si evincono dalla ortodossia cattolica per la verità non sono consolanti, e derivano drammaticamente dall'idea della colpa e della caduta. Ecco perchè , alla fine della lettura di libri come quelli "dell'eretico" Mancuso , ma anche di altri teologi ortodossi , è facile divenire agnostici ed increduli,attribuendo al Caso la parte principale dei destini dell'uomo. Almeno con il Caso non ci si può incazzare se c'è lo zunami, ma se addirittura era voluto dal Principio Ordinatore....ci si incazza terribilmente. Per capirci : se ti travolge per caso una motoretta quando esci di casa , al limite puoi anche capire che non l'ha fatto apposta, ma se deliberatamente , per un telos imperscrutabile mancusiano o aristotelico, la motoretta ti mette sotto, chi ringrazierebbe il Dio mancusiano dell'accaduto??

alberto.spatola ha detto...

P.S. Della serie : se si vuol per forza parlare di piano programmatico che porta alla Vita, di Fine non casuale nella storia dell'universo , come è possibile che ci siano stati tanti casini? (come ad esempio le malattie , la stessa morte etc etc. ). La teologia ortodossa di stampo vetero e novo conciliare risolve tutto con la duplicità dei piani di esistenza : qui e là , il mondano e l'ultraterreno,la vera vita dopo la morte e la vita fasulla su questa terra. Si crea così una discontinuità che può paralizzare la stessa voglia di vivere, specie se si esalta tale discontinuità con scelte di tipo ascetico.
Teilhard de Cardin trova una soluzione diversa: unifica il bene ed il male , dicendo che tutto evolve positivamente (non casualmente) per un disegno benefico del Buon Dio. Si risolve così il problema del conflitto tra ciò che è mondano e ciò che è ultraterreno, ma ci si comincia ad incz con Dio quando le cose a questo mondo non vanno troppo bene. Mancuso segue Teilhard. Unifica i piani di esistenza e corpo ed anima hanno per lui un'unica derivazione energetica. Fin qui ci può stare (a parte l'approssimazione delle definizioni scientifiche , peraltro non provate). Il vero problema si pone quando il "soffio vitale" , (ciò che di divino il buon dio ha messo nella stessa materia ed energia,) soffia "male" causando danni. Allora è difficile
capire. Sia che si tratti di sciagure climatiche , biologiche o storiche come l'olocausto.

armando caccamo ha detto...

Caro Alberto, ti dico quanto ti direi se ci fossi stasera: 1)Prima di trarre conclusioni sul pensiero di un autore bisognerebbe leggere tutto il libro (ammonizione a tutti i cenacolanti!!!!) 2)Il fatto che si possa (o si debba) cercare un fine in tutto il "casino" universale non è impedito di per sè dai disastri che la natura ci riserva, altrimenti tutti i pensatori che la storia del pensiero ha avuto ( e non soltanto i credenti cattolici) sono stati degli irresponsabili! 3) bisognerebbe nel libro di Mancuso apprezzare lo sforzo che l'autore fa nel mettere insieme tutti ( o molti) dei perchè che ,vuoi o non vuoi, ogni essere si pone e considerarlo (lo sforzo) come uno stimolo per attivare il ns. pensiero critico partendo da una base (secondo me non molto giusta) razionale dei presupposti teologici da cui parte l'autore stesso. Io penso che certe questioni si debbano lasciare non soltanto soprattutto all'Atto fiduciario che l'intuizione ci suggerisce,alle Arti figurative, alla Musica,alla Poesia.... a tutte quelle attività della mente umana legate all'irrazionale e al mondo delle emozioni (atteggiamento che presuppone l'accettazione del Mistero!!!!!!!!). Questo è tutto....per ora!
Armando

Francesco Vitale ha detto...

Io sono per il partito (Di) Pietro, e per il mondo dei valori. Non so dove mi trovo rispetto a Mancuso, delle cui teorie ho già confessato l’ignoranza, o rispetto agli altri candidati. Potrei essere un mancusiano inconsapevole? Forse, fate un po’ voi. Alla fine però ditemi se sono stato eletto e, cosa più importante, se mi spetta una poltrona: ammetto di essere assetato di potere!

alberto.spatola ha detto...

Caro Armando , personalmente il bel libro di M. l'ho letto due volte. Lo trovo bello perchè parla di argomenti intensi ed interessanti. Condivido l'approccio multiplo alla conoscenza , non solo razionale , ma anche artistico , filosofico etc. Non mi convince il finalismo in filosofia; forse la sola teologia può permettersi il lusso del finalismo e dell'antroprocentismo. Ho gia spiegato tuttavia in abbondanza quali siano le perplessità che nutro per
Mancuso e Teilahard. Concludo che ognuno poi la pensa come vuole ed auguro a Francesco di sedere in Parlamento, spero dalla parte giusta ( qual'è?)

Augusto Cavadi ha detto...

Care e cari,
vi allego una presentazione del libro di Mancuso che ho spedito a "Rassegna di teologia" (ma la ospiteranno?).
Avrei voluto aprire un nuovo post, ma non sono stato capace.
Mi spiegherete al ritorno dalla Siria?
Un grande abbraccio.
Vostro Augusto
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IL DESTINO DELL'ANIMA SECONDO UNA TEOLOGIA LAICA

Possibili ragioni di un successo editoriale
Il successo editoriale, davvero imprevedibile per un titolo di teologia, dell'ultimo volume di Vito Mancuso si spiega con una serie di ragioni che si inanellano in sequenza. La prima è che affronta un tema che sfida il turbinio delle mode e non cessa di interpellare gli animi che mantengono un guizzo di vivacità spirituale. Ma - e siamo ad una seconda ragione - l'autore affronta l'argomento dell'anima cercando di dialogare con la cultura filosofica e scientifica contemporanea: dunque prendendo sul serio obiezioni e suggerimenti che di solito i laboratori teologici preferiscono ignorare. Inoltre - questa potrebbe essere una terza ragione - egli, infrangendo la prosopopea diffusa fra quanti trattano di simili questioni, si preoccupa di usare un linguaggio per quanto possibile non-tecnico evitando le sottigliezze specialistiche di chi scrive più per fare mostra di sé ai colleghi che per sollecitare la riflessione del lettore 'medio'. Infine individuerei una quarta ragione nel fatto che l'interrogazione sull'anima viene formulata in maniera fortemente problematica rispetto alla tradizione cattolica a cui Mancuso ribadisce più volte di appartenere. Se egli avesse proposto le medesime idee dichiarandosi esterno alla Chiesa cattolica, molto probabilmente sarebbe stato letto da una cerchia molto più limitata di specialisti: così, invece, egli ha dato voce alle inquietudini sotterranee di quei milioni di cattolici (più o meno praticanti, più o meno istruiti) che, secondo l'ormai celebre espressione di Pietro Prini, hanno consumato uno "scisma sommerso", staccandosi d fatto dall'obbedienza al Magistero senza sprecare fiato per formulare apertamente e pubblicamente il loro dissenso. Questi scismatici anonimi leggono, con stupore misto ad ammirazione, un teologo che - senza infingimenti clericali ed anzi con un pizzico di civetteria - scrive: "Oggi in teologia, soprattutto in Italia, per lo più non si pensa, si obbedisce, nel senso che anche quando si pensa, spesso lo si fa come vuole l'autorità, per fondare, spiegare, difendere ciò che è già stato stabilito dall'autorità. Un pensiero, diciamo così, pilotato. Ma, come mostrerò in queste pagine, le autorità bibliche e magisteriali sono talora in contraddizione tra loro quando si tratta dell'anima e del suo destino, e non su aspetti secondari" (p. 32). In questo contesto, all'autore non sembra restare che una sola via: ristabilire davvero il primato del Logos" (ivi).

Alcune tesi principali
Ma che cosa sostiene, nella trama essenziale, questo corposo saggio?
Che la questione antropologica non può essere isolata dal più ampio quadro della questione cosmologica in cui è incastonata e che, a sua volta, la questione cosmologica implica una interpretazione, più radicale, ontologica e teologica.
Perciò Mancuso si chiede, preliminarmente, cosa debba intendersi per 'natura' (nel senso comprensivo dei Greci che, in quanto physis, vedevano in essa la matrice generativa di tutto ciò che a qualsiasi titolo può considerarsi essente) e quale sia il rapporto fra essa 'natura' e Dio. La prospettiva in cui si colloca esplicitamente l'autore è quella pionieristicamente indicata da Teilhard de Chardin quando intitolava uno dei suoi primi scritti La potenza spirituale della materia: " Dobbiamo cambiare prospettiva rispetto al racconto biblico di Genesi 2,7 secondo cui Dio prese la polvere, plasmò l'uomo e poi infuse il suo soffio vitale. Per stare all'immagine mitica utilizzata dal testo, occorre piuttosto pensare che Dio infuse il suo soffio vitale prima, direttamente nella polvere, nella materia-mater, la quale poi da sé, autonomamente, ha dato origine alla vita in tutte le sue forme, compresa quella dell'uomo. Si tratta di una prospettiva legittima anche a livello biblico alla luce dei racconti di creazione della tradizione sapienziale, in particolare Proverbi 8 e Siracide 24" (p. 14).
Da questa angolazione - "una prospettiva che parte dal basso" (p. 53) - "l'anima spirituale, che pure conduce chi la coltiva in un'altra dimensione facendolo entrare nell'eterno, è da pensarsi non come una sostanza separata che proviene dall'esterno ma come una peculiare configurazione dell'unica energia che ci costituisce" (p. 54).
Rispetto a questa materia in evoluzione - di cui l'Uomo costituisce il vertice (attuale) - in che rapporto concepire Dio? Il tendenziale monismo antropologico (l'anima come dimensione consapevole e spirituale di quell'unica realtà che chiamiamo materia quando la consideriamo nella sua dimensione visibile e misurabile) è coerentemente inquadrato in un più ampio monismo onto-teologico: "il divino, in questa prospettiva, non è nulla di misterioso o di qualitativamente altro rispetto all'essere, ma è la pienezza dell'essere, come sapevano perfettamente i Greci" (p. 102). E - si potrebbe aggiungere per compensare un'omissione eloquente - come hanno ricordato fortemente gli idealisti post-kantiani, in particolare Hegel e Schelling. E' chiaro che Mancuso contesta una Trascendenza di Dio che venga concepita unilateralmente, adialetticamente, come distanza abissale fra il Principio creatore e l'universo creato. Dio non è al di là del mondo, ma nel cuore del mondo: Egli "non agisce mai direttamente nel mondo, ma sempre e solo tramite la mediazione della sapienza, sia come sapienza impersonale nella logica della natura e della storia, sia come sapienza personale nella dimensione dell'anima umana. (...) La Sapienza divina agisce nella natura ordinando l'energia verso una sempre maggiore informazione e complessità", "nell'anima spirituale come grazia che attrae verso il bene e che vince la forza di gravità dell'egoismo primordiale" (p. 105).
In questo quadro onto-teologico, l'ipotesi di una vita oltre la morte fisica del soggetto individuale non si configura come il risultato apodittico di una dimostrazione bensì come una sorta - direbbe Karl Jaspers riecheggiando Kant - di "fede razionale". Secondo Mancuso, infatti, è legittimo sperare che le "quattro discontinuità" di cui siamo testimoni ("il passaggio dal minuscolo puntino cosmico all'origine del Big bang alla vastità dell'essere; il passaggio dalla materia inerte alla vita; il passaggio dalla vita naturale all'intelligenza; il passaggio dall'intelligenza autorefernziale alla morale e alla spiritualità") (p. 111) siano a loro volta superate da una "quinta discontinuità all'interno del processo evolutivo dell'energia cosmica": "una vita dopo la morte di tipo personale" (p. 134).
Alla luce di questa impostazione prevalentemente teoretico-metafisica l'autore affronta le tematiche più squisitamente teologiche dei "novissimi". "Morte e giudizio": "A chi spetta, quindi, la vita eterna? La vita eterna spetta a chi la possiede già adesso. L'eterno non è il futuro, ma è il presente, la dimensione più vera del tempo. Chi, nel tempo che gli è stato dato, ha raggiunto la forma sovra-naturale dell'essere, quando muore nel corpo vi permane con l'anima" (p. 205). "Paradiso": "Il Dio eterno è il custode del tempo, o meglio di quella parte del tempo che merita di essere custodita perché raggiunge la stessa dimensione di verità, di bellezza e di giustizia che compete ontologicamente all'eternità" (p. 229). "Inferno": in proposito l'autore esclude che l'inferno possa consistere in una condanna eterna per peccati comunque temporali, ma confessa di trovarsi "nell'incertezza riguardo all'alternativa fra apocatastasi e morte dell'anima" (p. 275). "Purgatorio": coincide con "il momento della morte fisica e gli istanti immediatamente precedenti e successivi ad essa. E' allora che avviene la grande purificazione" (p. 279). "Limbo": oggi è stato finalmente cancellato da quella stessa autorità ecclesiale che l'aveva inventato, ma ciò non servirà a molto "se non si comprende che la gran parte degli errori e delle incongruenze nella dogmatica derivano dalla posizione del peccato originale, questo mostro speculativo e spirituale, il cancro che Agostino ha lasciato in eredità all'Occidente" (p. 287). "Parusia e giudizio universale": "Il giudizio è universale nel senso che vi viene sottoposto ogni essere umano secondo criteri universali, gli stessi criteri di ordine, equità e giustizia che la creazione già contiene" (p. 301).
Alla fin dei conti, il messaggio del libro è sintetizzato nelle ultime righe: "Dice la sapienza di Israele: 'Chi pratica la giustizia si procura la vita' (Proverbi 11,19). Basta solo essere giusti. Tutto qui, qualcosa di molto semplice, che ogni uomo vuole da sé. Simplex sigillum veri" (p. 317).

Qualche considerazione critica
Come aveva previsto il cardinal Martini nella lettera che funge da antifona al volume, quest'ultimo ha suscitato nel mondo cattolico delle reazioni molto vivaci. Esse partono da un presupposto: che la Bibbia sia fondamentalmente una rivelazione di verità nel senso di informazioni metafisiche (e che il Magistero costituisca l'istanza ultima in caso di conflitto interpretativo sul modo di intendere tale patrimonio conoscitivo). Se questo presupposto regge, Mancuso non può essere considerato un teologo cattolico.
Ma sappiamo che negli ultimi due secoli, soprattutto dopo Kant e Kierkegaard, si è diffusa una diversa visione della Scrittura: essa non sarebbe né fonte di conoscenza scientifica (e questo, con ritardo su Galileo Galilei, lo riconoscono tutti i cristiani, tranne i fondamentalisti) né fonte di conoscenza filosofica (e questo lo si stenta ad ammettere, soprattutto in ambito cattolico), bensì una fonte di orientamento esistenziale (di tipo mistico-spirituale ed etico). Se questa prospettiva regge, Mancuso non può essere liquidato sbrigativamente con l'accusa di eresia, ma va confutato puntualmente con gli stessi attrezzi logico-razionali a cui egli fa ripetutamente appello. Se la Bibbia, come in Italia ha sottolineato più di altri Carlo Molari, non ci fornisce delle notizie supplementari (e altrimenti inaccessibili) sulla struttura ontologica dell'universo e del suo Creatore, ma ci racconta chi vuole essere Dio per l'uomo e come sogna che l'uomo sia per Lui, Mancuso ha il diritto di asserire che "più si comprende la ricchezza e la bellezza della vita per quello che è, meno si pensa il divino come una cosa diversa e totalmente altra. Il centro speculativo del Cristianesimo, l'incarnazione di Dio in un uomo, è esattamente la massima espressione di questa equazione fondamentale: pienezza della vita= divino" (p. 103).
Al suo diritto di asserire questo, corrisponde il diritto di chi non è d'accordo di avanzare obiezioni e contro-argomentazioni, non certo di lanciare scomuniche.
Per esempio l'obiezione di chi possa trovare sproporzionatamente antropocentrica la tesi che "la perfetta manifestazione della Sapienza creatrice" sia "l'idea di Uomo"; che "il mondo" sia "finalizzato dal basso alla produzione dell'Idea di Uomo, declinata nei miliardi di esistenze concrete, ognuna unica e irripetibile, cui essa dà luogo" (p. 72).
Oppure l'obiezione che l'amore - in cui giustamente Mancuso riconosce il cuore del cristianesimo - sia da lui concepito in termini più di eros mistico (di stampo neoplatonico) che di agape diaconale (di stampo evangelico). Egli infatti cita, con condivisione, Albert Schweitzer, teologo cristiano insignito del premio Nobel per la pace: "L'elemento essenziale del Cristianesimo così come Gesù lo predicò e il pensiero lo comprende, è che soltanto con l'amore possiamo giungere alla comunione con Dio" (p. 296). Ma quando prova ad esplicitare questa convinzione, l'autore sembra insistere sulla "comunione della più intima interiorità con la volontà di Gesù" (ivi), senza preoccuparsi di aggiungere che tale comunione - secondo Gesù stesso - non ha altra verifica affidabile che il servizio al debole e all'impoverito. Si può affermare, come fa Mancuso, che l'amore cristiano consiste "nell'avvento del regno di Dio nell'anima di ogni uomo" (ivi) , ma a patto di non omettere che tale regno deve rendersi visibile, attraverso i nostri spiriti, nella storia oggettiva, concreta, della collettività umana. Deve farsi, come ama ricordare Armido Rizzi, pane e carezze per i fratelli e le sorelle meno fortunati. Non è solo una questione di estensione (dall'ottica individuale all'ottica sociale), bensì più radicalmente di intenzione: l'amore biblico, a differenza dell'eros platonico anche cristianizzato dai Padri della Chiesa, non è una forma di egocentrismo spirituale quanto di autodonazione gratuita.

Augusto Cavadi


SINTESI.
Augusto Cavadi. Il destino dell'anima secondo una teologia laica. Il volume di Vito Mancuso, L'anima e il suo destino, Cortina, Milano 2007, sta conoscendo un successo editoriale imprevedibile. Quali ne sono le possibili ragioni? Quali le principali tesi antropologiche, cosmologiche, ontologiche e teologiche esposte nel saggio? La presentazione si conclude con una serie di interrogativi critici mirati più ad alimentare la riflessione che a stroncarla con l'invocazione di censure autoritarie.

alberto.spatola ha detto...

In un mondo ed un tempo che ci vedono sempre affaccendati in mille cose inutili e poco preziose,( che riguardano in genere il vivere quotidiano e la sopravvivenza ), che ci sia chi come Mancuso ci aiuti ad alzare lo sguardo e tentare di penetrare i misteri dell'anima e del mondo , è senz'altro ammirabile.Il senso della nostra partecipazione ai cenacoli filosofici , almeno per me , sta in questo alzare la testa rispetto alla cura (angoscia secondo Heidegger) quotidiana delle mille "camorrie " , impedimenti et al , per puntare lo sguardo sull'infinito dell'esistenza , per ascoltare i silenzi ( scusate l'ossimoro) fecondi che spingono , chi lo vuole , sui sentieri della riflessione e della meditazione.
E tuttavia le vie della meditazione teologica e della riflessione filosofica sono plurime ed a volte diversissime.
In particolare per ciò che riguarda l'idea di base del libro di Mancuso , relativa ad un Principio Ordinatore presente da sempre ed impersonale , e tale da spiegare il raggiungimento naturale dei successi dell'esistere , quali l'arte , l'idea di giustizia , la spiritualità et al , c'è da dire che tale idea non spiega , se non come errori , gli insucessi dello sviluppo naturale stesso. In particolare tutto ciò che sa di sciagura , malattia, handicap , non si capisce come sia possibile che accada, tanto più che , nell'idea di Mancuso vi è sopra il Principio Ordinatore , un Principio Personale Trascendente. C'è da chiedersi come mai Dio abbia sbagliato , se ha sbagliato . In sostanza se rileviamo nel disegno della natura , appunto un disegno intenzionale , come fa Mancuso
indicando un telos , un fine dunque , c'è da chiedersi se non ci si trovi di fronte all'idea di un Dio manchevole o capriccioso. La tesi dunque di un Principio Ordinatore Impersonale appare fallace. La teologia "tradizionale" (diciamo così ) altresì , attribuisce le colpe e le sventure dell'esistere ( in ultima ragione ) all'uomo ed alla sua natura ed i meriti a Dio ( con la teoria del peccato originale- anche quando lo stesso Gesù sembra essere più indulgente se si pensa alle sue parole relative alla torre di Siloe.) Per quanto questa prospettiva non mi appassioni più di tanto e sollevi da sempre un senso di Mistero impenetrabile ( perchè la presunta tentazione ? perchè la permissione del Male etc. etc. ) , mi sembra tuttavia molto più logica delle tesi Mancusiane , di fatto portate a riconoscere l'esistenza di un Principio Ordinatore per lo meno pasticcione. ( se rileviamo l'intenzionalità del Principio Ordinatore , ci si può adirare nei confronti di ciò che sono gli insuccessi della natura , con tutto il portato di sofferenza che comportano). Qualcuno , qualche sera fa , mi ha un po messo in imbarazzo chiedendomi a bruciapelo quali fossero le mie personali argomentazioni per spiegare la presenza del Male nel mondo e nella natura, oltrechè nella storia dell'uomo. Rispondo che non lo so, ma ritengo che la tesi teilhardiana o mancusiana dell"evoluzionismo mistico", cozzi contro ogni buon senso; la tesi cattolica ortodossa della caduta e del peccato , mi appare triste e tale da spingere molti ad argomentare in favore dell'evoluzionismo darwiniano e del Caso , se non proprio a Favore delle teorie esaltanti del "superuomo " di nietzschiana memoria. Tuttavia rilevo e riconosco nella figura evangelica di Gesù di Nazareth un magnetismo ed un carisma tali, da farmi sopportare le difficoltà teologiche del concetto di Caduta e Redenzione, anche al di là di qualunque appartenenza a gruppo o chiesa specifica. In questo senso , ciò che non si comprende nella cd. vita di fede , può alimentare un senso del Mistero che non significa comunque illogicità , ma armonia e sublimità trascendente e superiore alle nostre forze di comprensione.

alberto.spatola ha detto...

P.S. Un grazie a Francesco Palazzo che con l'idea geniale di questo Blog , permette a tutti di approfondire ciò che già a casa di Pietro , troviamo interessante da discutere e dibattere

armando caccamo ha detto...

Alberto il blog è vivo, oltre che per l'iniziativa di Francesco Palazzo per i puntuali e stimolanti interventi tuoi e di altri pochi (ma buoni)che intervengono. Mi domando se non converrebbe diffondere (con prudenza quali-quantitativa) l'esistenza del blog all'esterno dei cenacolanti per capire quanto le nostre argomentazioni possano interessare i ns. conoscenti o amici. Infatti oltre a F.Vitale lo spazio dei commenti è frequentato solo da pochi cenacolanti.
Armando