lunedì 31 dicembre 2007

Sulle cose che si vedono in cielo


Mi rifaccio vivo dopo un po' di tempo con un mio scritto di qualche anno fa, ricavato da una delle domeniche laiche che organizziamo con alcuni degli amici delle cenette e non. Carl Gustav Jung non aveva paura di pensare l'impensabile, al punto che la sua mente raziocinante sembrava arrivare all'ultima torsione, ma per mantenersi, poi, integra al fondo. E guadagnarsi un posto nelle liste nere della gestapo, accanto al maestro amato - odiato, Freud. Questo per dire anche, nel solito modo contorto, che mi va bene superare il razionalismo, come il nostro buon amico Francesco agogna nel suo ultimo post, ma a condizione di approdare a una ratio più alta e comprensiva del nostro stare al mondo. Lo scientismo è l'anima nera della scienza, ma la scienza (intesa come sapere umano, conquista di mille secoli) è tutto ciò che abbiamo. Buon anno a tutti.




Jung era rimasto scottato dalla sua esperienza col nazismo. Aveva visto qualcosa nella mente dei suoi pazienti tedeschi, a partire dal 1918, ma non aveva saputo pronosticare l’intensità della catastrofe che si preparava:

“In ciascuno dei miei pazienti tedeschi si poteva costatare un disturbo dell’inconscio collettivo. Gli archetipi che potei osservare esprimevano primitività, violenza e crudeltà. Allora nella Germania si ravvisavano soltanto segni di depressione e indizi di grande irrequietezza, ma questo non placò i miei sospetti. In un articolo […] avanzavo l’ipotesi che la “bestia bionda” si rivoltasse in preda a un sonno agitato, e che non fosse impossibile un suo brusco risveglio. La marea che stava crescendo si annunziò in forma di simboli mitologici collettivi, che esprimevano primitività e violenza, in breve: tutte le potenze delle tenebre. Quando si verifica che tali simboli facciano la loro comparsa in un gran numero di individui, senza però venire da essi compresi, capita che comncino ad attrarli insieme, quasi in virtù di una forza magnetica, ed ecco formarsi una massa. Un capo sarà presto trovato nell’individuo che mostri la minore forza di resistenza, il più ridotto senso di responsabilità e, in conseguenza della sua inferiorità, la più forte volontà di potenza. Questo scatenerà tutte le energie pronte ad esplodere e la massa seguirà con la forza irresistibile di una valanga”.

Poscritto ai saggi di storia contemporanea 1946

Nel secondo dopoguerra, nel momento più acuto del confronto militare tra i blocchi, comincia di nuovo ad avvertire segni di grande tensione e l’emergere di simboli di trasformazione, tanto da poter affermare che l’umanità si trova alla soglia di avvenimenti che corrispondono alla fine di un eone; egli intuisce mutamenti nella costellazione delle dominanti psichiche e uno smottamento secolare dei contenuti dell’inconscio collettivo[1]. Cosa sta accadendo? Jung si dice preoccupato per le sorti di quanti si lasciano sorprendere impreparati dagli eventi e poi si trovano alle prese con un mondo incomprensibile. Si tratta di un terreno infido, pieno di nebulose fantasie, ma il grande psichiatra non si spaventava certo ad avventurarsi in certe paludi.

Egli indirizza l’attenzione su certi avvenimenti significativi ed appunto

“Le notizie e le voci che ci giungono da tutti gli angoli della terra a proposito di corpi rotondi che attraversano la nostra troposfera ed atmosfera chiamati saucers, teller, soucoupes, disks e ufo, insomma dischi volanti”

e si sente spinto a lanciare un grido d’allarme proprio come al tempo in cui si preannunciavano gli avvenimenti destinati a colpire l’Europa fin nelle sue fondamenta, fino a mettere in gioco la sua reputazione, duramente conquistata. Il compito è impari, avverte, e il fallimento sicuro.

Cosa dicono i rapporti ufficiali e semiufficiali sugli ufo? Che si vede qualcosa, ma non si sa che cosa. È quasi impossibile farsi un’idea precisa di questi oggetti, perché essi non si comportano come corpi, ma sfuggono alle leggi di gravitazione come il pensiero. A parte le osservazioni di testimoni qualificati, qualche fotografia e qualche eco radar, non esiste una prova indiscutibile dell’esistenza fisica degli ufo. Esistono casi accertati in cui l’osservazione visuale fu confermata da una contemporanea eco radar, ma evenienze simili sono rare. L’incertezza è rimasta e quanto più a lungo durava, tanto più grande diventava la probabilità che il fenomeno possedesse, accanto a un possibile fondamento fisico anche una componente psichica di considerevole importanza. Un evento così oscuro, contraddittorio, singolare e tuttavia frequente, non può che stimolare la fantasia conscia e quella inconscia. La prima genera ipotesi speculative e racconti fantascientifici; la seconda fornisce lo sfondo mitologico di questi accadimenti.

La situazione nata da questo incrocio tra eventi psicologici e (pseudo?)-eventi fisici era tale che spesso non si sapeva o non si poteva distinguere, neppure con la più grande buona volontà se fosse una percezione primaria a provocare tale visione o se, al contrario, una fantasia primaria generata dall’inconscio assalisse d’improvviso la coscienza con illusioni e visioni. Il materiale a disposizione secondo Jung autorizza entrambe le interpretazioni.

In certi casi si tratta di un processo obiettivamente reale cioè fisico (ma sconosciuto) che costituisce il terreno su cui si genera un mito concomitante, nell’altro caso è un archetipo (un contenuto dell’inconscio collettivo) a provocare una determinata visione. A questo dualismo Jung aggiunge un terzo elemento: la possibilità di una coincidenza sincronica tra un evento fisico e un fatto mentale, ma questo è, forse, un altro discorso.

L’interesse di Jung è rivolto principalmente, come possiamo attenderci, all’aspetto psicologico del fenomeno; egli intende considerare, almeno in prima battuta, ciò che si racconta degli ufo come una semplice voce, una diceria dal valore aneddotico, dal cui contesto psichico trarre delle conclusioni.

Come si presentano i rapporti sugli ufo alla nostra mente di scettici? Come un racconto ripetuto nei più diversi punti della terra, che si distingue dalle dicerie abituali per il fatto che si esprime in visioni, o ne trae alimento per affabulare. Jung parla appunto di voce visionaria..

Queste voci sono molto affini alle visioni collettive storiche, e si possono ricordare quelle dei crociati all’assedio di Gerusalemme, dei combattenti di Mons durante la I guerra mondiale, della moltitudine dei credenti a Fatima. A prescindere dalle voci collettive si danno casi in cui una o più persone vedono qualcosa che non esiste nella realtà fisica. Jung mette in guardia dagli illusi: statisticamente è vero che bastano due persone a comprovare un evento, ma ciò può essere inesatto nel caso particolare. Si possono percepire cose inesistenti, anche se questo è un fatto che non sappiamo spiegarci. E di regola non si vanno a verificare “cose viste con i propri occhi”, mentre in casi eccezionali come quelli che riguardano gli ufo le cautele non sono mai troppe..

Storicamente il fenomeno Ufo nasce durante la II guerra mondiale in seguito all’osservazione in Svezia di certi misteriosi proiettili (attribuiti ai russi) e soprattutto per i rapporti degli aviatori alleati sui Foo Fighters, e cioè certe sfere luminose che sembravano in qualche modo accompagnare i loro bombardieri nelle incursioni sulla Germania. Nei primi anni del dopoguerra seguirono una serie di avventurose osservazioni di dischi volanti sugli Stati Uniti (spesso ad opera di piloti militari e civili) e poi in tutto il mondo.

Quasi subito, per l’impossibilità di attribuire loro una plausibile origine terrestre, anche per le loro proprietà fisiche (velocità, accelerazione, cambiamenti di rotta ‘impossibili etc.), fece nascere rapidamente l’ipotesi di una origine extraterrestre. E si deve ricordare l’importante precedente della trasmissione radiofonica di Orson Welles a New York (1938) sull’invasione dei marziani, che fu presa sul serio da molti ascoltatori e provocò grande panico. Il radiodramma probabilmente centrava l’emozione latente della guerra prossima a scoppiare.

Il motivo dell’invasione extraterrestre entra dunque subito a far parte del corredo delle voci; la pretesa curiosità dei dischi volanti per le installazioni militari suscita un qualche riconoscimento ufficiale del fenomeno, che presto però cadrà nel silenzio. Il profilo che l’accumularsi delle voci delinea è di sorprendente stranezza: la loro traiettoria descrive angoli possibili soltanto ad un oggetto non sottoposto alla gravità terrestre, ma il loro volo è anche simile a quello di un insetto che si ferma su qualche oggetto che gli interessa, oppure gli gira intorno come spinto dalla curiosità, per ripartire di colpo come una freccia e scoprire nuovi oggetti procedendo a zig-zag. Il loro interesse per il mondo industriale o militare non è affatto esclusivo, dato che sono stati osservati anche su zone per lo più deserte come il Sahara, l’Antartide o l’Himalaya. Non si sa cosa cerchino o cosa di preciso vogliano osservare. A volte sembra che arrivino a un diametro di 500 metri, altre volte sono piccoli come un lampione elettrico. Esistono ampie navi madre da cui sgusciano fuori o in cui cercano riparo piccoli ufo. A volte hanno un equipaggio, altre no e sembrano comandati a distanza.. Secondo le voci i loro abitatori sono nani alti circa tre piedi e di struttura simile a quella umana, oppure, al contrario, del tutto diversi, giganti di 15 piedi, anzi: di statura media. Non c’è accordo sui colori, ça va sans dire. Sembrano innocui, tutto sommato, e ciò nonostante dotati con evidenza di armi terribili. I loro tentativi di contatto non si rivolgono mai alle persone ‘giuste’ o alle autorità, ma piuttosto al primo che passa, meglio se illetterato, semplice, inconsapevole. Ovviamente, per completare il quadro, non mancano notizie di rapimenti di esseri umani da parte degli alieni.

Naturalmente, conclude il Nostro, di fronte a una tale cumulo di strampalate contraddizioni, ogni individuo che si vanti di possedere un po’ di buonsenso sente di subire un violento affronto. A questo punto si potrebbe anche condividere il ragionevole giudizio della maggioranza degli esperti e concepire le varie migliaia di resoconti sugli ufo come voci di visionari. Di obiettivo resterebbe una raccolta impressionante di osservazioni e di deduzioni sbagliate, in cui vengono proiettate premesse psichiche collettive.

Ma, se di proiezione psicologica si tratta, ne deve esistere anche una causa psichica, perché non si può ammettere che una psicosi collettiva di questa portata costituisca un fatto di nessuna importanza e puramente casuale. Evidentemente esiste un fondo emozionale ovunque presente: alla base di questo tipo di voci c’è una tensione affettiva motivata da una situazione d’emergenza, cioè da un pericolo collettivo o da un bisogno psichico vitale. Per esempio la pressione minacciosa del pericolo atomico.

Certe cose avvengono quando l’individuo è dissociato psichicamente, quando cioè sopravviene una scissione tra l’atteggiamento diciamo diurno della coscienza e i contenuti dell’inconscio ad esso contrapposti. I contenuti estranei non possono essere integrati direttamente e allora si esprimono indirettamente, anche con visioni inattese e apparentemente inspiegabili. Anticamente eventi naturali inconsueti come meteore, comete, piogge di sangue, la nascita di un vitello con due teste, venivano interpretati come avvenimenti minacciosi, altri come positivi (gli antichi latini distinguevano appunto tra prodigia – negativi- e portenta – positivi) segni della collera o del favore degli dei. Si cercano, e si notano, segni nei cieli.

La capitale questione posta da Jung è che i processi associativi di molti individui possono presentare un parallelismo spaziale e temporale, creando un evento psichico globale. Ciò starebbe a significare che la stessa causa collettiva produce effetti psichici identici o perlomeno molto simili. E una conferma sarebbe data dal fatto che le interpretazioni o le immagini visionarie accadono anche agli individui meno propensi a prestarvi fede. Sarà un caso, ma si parla molto spesso, rispetto al fenomeno di cui ci occupiamo, di “testimoni insospettabili” per la loro freddezza di giudizio, per senso critico o mancanza di fantasia. L’inconscio si fa largo comunque, a qualsiasi costo: se è il caso, fa ricorso a misure drastiche.

Il mezzo più efficace a cui l’inconscio ricorre è la proiezione: l’estroflessione di un oggetto in cui compare ciò che prima costituiva il segreto dell’inconscio. La fantasia oltrepassa le potenze terrene e approda in cielo. E allora avviene che cominciano a porsi questioni di principio anche persone che non avevano mai pensato alla religione. Questo processo si osserva ovunque: nelle malattie mentali, nelle manie di persecuzione e nelle allucinazioni, e naturalmente in dimensioni macroscopiche nella propaganda politica . I contenuti collettivi eleggono dei portatori di proiezione di tipo corrispondente, come framassoni, gesuiti, ebrei, capitalisti, bolscevichi, imperialisti etc. In una situazione minacciosa come quella odierna la fantasia approda direttamente nello spazio cosmico. E non è difficile capire il perché: il nostro mondo è scisso, intimamente in crisi, e non si vede da dove potrebbe arrivare una decisione e un aiuto. Non è strano allora che anche chi nella vita diurna non si pone alcun interrogativo venga visitato da visioni, cioè da un mito diffuso, accettato da alcuni, e respinto da altri come una cosa ridicola.

Mentre nei secoli passati gli oggetti visti nei cieli erano un miracolo tra gli altri in un mondo di portenti, le voci di massa diffuse universalmente sembrano riservate all’epoca presente illuminata e razionalista. Ma questo si verifica in un orizzonte storiografico, nota Jung, sempre più segnato da fattori psicologici e psicopatologici.

Tornando alle voci visionarie, ciò che di regola viene osservato è un corpo d’apparenza spesso incandescente, che irraggia fiamme di diversi colori, rotondo, a forma di disco o sfera, o più raramente di forma affusolata o cilindrica. Questi corpi rotondi sono figure simili a quelle che l’inconscio porta alla luce nei sogni: sono simboli che raffigurano in forma visibile un pensiero non pensato. Essi vanno interpretati. Balza agli occhi l’analogia di questi corpi rotondi col Mandala (il termine sanscrito per Cerchio). Esso è un simbolo della Totalità sempre esistito, e che riaffiora continuamente, anche senza trasmissione esteriore, dalla preistoria ad oggi: è il cerchio che limita e custodisce, è il cerchio solare preistorico, è il cerchio magico, è il microcosmo degli alchimisti, è il simbolo moderno della totalità psichica.

E qui Jung cita il sogno di una sedicenne: l’autrice si trova all’ingresso di un grande edificio sconosciuto. Sulla soglia l’attende una fata che la conduce all’interno, dove c’è un lungo colonnato, ed esattamente in una specie di spazio centrale verso cui confluiscono da tutte le parti colonnati simili. La fata avanza verso il centro e si tramuta in un’alta fiamma. Tre serpenti strisciano come in circolo attorno al fuoco. È un classico sogno archetipale infantile che ha lo scopo manifesto di difesa dagli influssi spiacevoli di un ambiente familiare turbato e di conservare l’equilibrio interiore. Il Mandala protegge una totalità psichica, la difende da forze esterne, tende a unificare opposti interni ed è anche un esplicito simbolo di individuazione: esso rappresenta l’anima in forma sferica.

Si potrebbe quindi interpretare gli ufo come anime, le nostre stesse anime che vengono a visitarci, nella forma di un ‘rotundum’ che esprime la totalità dell’individuo ( il sé come unione di coscienza e inconscio). Questi archetipi riaffiorano costantemente in individui che nulla sanno delle tradizioni ermetiche.

Ma il circolo rappresenta anche l’immagine divina: “Dio è il circolo il cui centro è ovunque e la cui circonferenza è da nessuna parte”: l’Uno-Tutto, ancora un Rotondo compiuto e perfetto; nella tradizione epifanie di questo genere sono spesso associate al fuoco e alla luce. Se ci poniamo dal punto di vista del mondo antico, diventa facile intendere gli ufo come ‘divinità’. La rotondità unifica i contrari e compensa la dissociazione caratteristica del nostro tempo. Oggi come non mai la situazione mondiale è adatta ad evocare l’attesa di una soluzione soprannaturale che però non osa mostrarsi chiaramente, notava Jung in quei tempi bui. (Mentre nel nostro tempo torniamo tranquillamente a parlare di guerre sante e infinite…quanta strada abbiamo fatto). Il recupero del cristianesimo che si tenta infatti non arriva alla fede nell’aldilà o nella fine del mondo, non lascia spazio a interventi metafisici propriamente detti.

Invece l’uomo moderno accetta senza difficoltà ciò che presenta un’apparenza tecnica.

E poi la fisica nucleare ha indotto nella mente dei profani un’insicurezza di giudizio che supera di molto quella dei fisici e permette di considerare possibili cose prima dichiarate impossibili, come i viaggi interstellari. È sintomatico che l’archetipo assuma oggi una forma concreta, addirittura tecnica, per evitare l’indecenza di una personificazione mitologica. L’idea impopolare di un intervento metafisico diventa accettabile sotto forma di viaggio nello spazio.

Il discorso pare a questo punto compiuto e accettabile: la decostruzione di un mito moderno sulla base della psicologia del profondo e della teoria degli archetipi. Jung potrebbe fermarsi qui, ma da studioso attento alla forza cogente dell’evidenza empirica ci ricorda che i fatti scomodi non si possono ignorare: la natura apparentemente fisica degli ufo pone enigmi alle menti migliori. Il mito non perde la sua consistenza per il fatto di essere generato da un fenomeno fisico sconosciuto.

Ci si potrebbe accontentare della spiegazione psicologica dei dischi volanti e del fatto indiscutibile che la fantasia e persino la menzogna hanno una parte decisiva nella formazione delle voci, e sbarazzarsi della faccenda. Vi sono purtroppo delle buone ragioni per non potere liquidare la questione con tanta semplicità.

Infatti la sola alternativa è questa: o esistono proiezioni psichiche che rimandano un’eco radar, o viceversa è stata l’apparizione di corpi reali a fornire lo spunto a proiezioni mitologiche.

Del disco volante sappiamo soltanto che possiede una superficie che è vista dall’occhio e rimanda un’eco radar. Non sappiamo per il resto di cosa si tratta. I movimenti di questi oggetti tradiscono peraltro la presenza di una libera volontà e di una reattività psichica. Il loro volo è erratico come quello degli insetti, la velocità variabile, le accelerazioni e le virate tali che nessun essere umano potrebbe sopportarle. Se queste ‘cose’ sono in qualche modo ‘reali’- e a giudizio umano non pare più possibile nutrire dubbi a proposito – non ci resta che la scelta tra accettare l’idea di oggetti sottratti alla forza di gravità e dunque a tutte le leggi fisiche conosciute, o riconoscere la natura psichica del fenomeno.

La spiegazione fisica al momento in cui Jung scrive non aveva fatto un passo avanti da dieci anni, e non ne avrebbe fatti nei quaranta successivi, anche se l’aspetto fisico mantiene un’importanza fondamentale. D’altra parte, la prospettiva opposta, che si tratti di qualcosa di psichico dotato di certe proprietà fisiche sembra ancora più improbabile, perché da dove mai potrebbe venire una cosa simile? Se non da un mondo in cui l’essere si fonderebbe su un sostrato finora sconosciuto, che possiede natura materiale e al tempo stesso psichica. E poiché questo mondo ignoto sarebbe poi il nostro, non avremmo forse a che fare, attraverso questo strano ‘gioco’, con una metafora del cosmo?

Qualcosa di psichico materializzato. Un’assurdità? La parapsicologia conosce certo la circostanza della materializzazione; il fenomeno è però legato alla presenza di medium che devono emanare sostanza ponderabile e possono farlo solo nelle loro immediate vicinanze.

Che qualcosa di psichico in possesso di proprietà materiali, provvisto di grande carica energetica, possa apparire percepibile, lontano da ogni medium umano, nello spazio aereo, è qualcosa che oltrepassa la nostra comprensione.

E qui conviene arrestarsi


[1] Ein moderner Mythus. Von Dingen, die am Himmel Geschen werde, Rascher, Zurich, 1958. Trad. Italiana: Su cose che si vedono in cielo, Bompiani, Milano, 1960. Oggi in: Opere di C.G. Jung, vol. 10/2, Bollati-Boringhieri, Torino, 1986-1998.

lunedì 24 dicembre 2007

Babbo Natale , filosofo doc , dispensatore di ottimismo


Era una fredda notte d'inverno, fra gli anni 243 e 366 dopo Cristo, quando nell'antica Roma imperiale, amici e parenti si scambiarono le prime "stranae" per festeggiare il "dies natalis". Agli auguri di buona salute, si accompagnarono presto ricchi cesti di frutta e dolciumi, e poi doni di ogni tipo, perché la nascita di Gesù e, insieme, l'anniversario dell'ascesa al trono dell'Imperatore, divenissero il simbolo di una prosperità che avrebbe dovuto protrarsi per l'intero anno.
Passarono i secoli ed un bel giorno del 1800, il rito trovò la sua personificazione in un forte vecchio rubicondo dalla barba bianca, residente al Polo Nord dove, secondo la tradizione, aiutato da numerosi gnomi costruirebbe dei giocattoli da distribuire come doni durante la notte di Natale, con l'ausilio di una slitta trainata da renne volanti e passando attraverso i camini delle case. Forse che Babbo Natale non sia la personificazione di una filosofia spicciola che augura prosperità e benessere per tutti ? Ben vengano ed auguri per tutti i filosofi.

giovedì 20 dicembre 2007

Del colloquiare con altre intelligenze


Che non siamo soli nell’universo lo sospettiamo o lo sogniamo tutti. Ma pochissimi si sentono di poterlo affermare con certezza. Di solito coloro che si azzardano sono presi per scemi, visionari, mitomani o, nel caso di persone accreditate, come studiosi esibizionisti e privi di scrupoli. Io sono tra questi elementi un po' strani: ci sono arrivato "casualmente" dopo aver oltrepassato lunghi anni di razionalismo estremo, vissuti nel mondo della ricerca scientifica.
Mi sembra poco utile in questo periodo storico parlare ancora di cose come l’Area 51, degli avvistamenti di UFO, degli attualissimi cerchi nel grano, e di tutti quei fenomeni noti e meno noti che hanno fatto parte di una “moda” che ha affascinato milioni di persone tra gli anni ’50 ed i ’70. Non sto nemmeno a spiegare il perché di questa inutilità, visto che (forse) ci comprendiamo.
Ciò che possiamo dimostrare a noi stessi dipende molto dalla personale voglia di ricercare, e dalla costanza con cui siamo in grado di compiere determinati esperimenti.
Una possibilità, oggi molto più “aperta e sicura” rispetto a 30 anni fa, è costituita dalle tecniche che fanno parte del campo della cosiddetta medianità. Quei “segreti” che fino a tempi recentissimi erano appannaggio di ristretti gruppi che praticavano le cosiddette sedute spiritiche, termine alquanto fuorviante, e che oggi hanno lasciato il posto ad esperimenti molto più “dinamici e solari”, ma anche più “elevati ed eleganti”. L’uscire dall'oscurantismo, ma anche dal fenomeno da baraccone, per me si chiama evoluzione. Questa “apertura” è stata messa in atto da poche persone, per così dire facenti parte di un illuminismo molto moderno, le quali hanno avuto il coraggio di aprire al mondo la straordinarietà che ciascuno ha dentro.
Stiamo parlando infatti di possibilità dell’essere umano di essere “antenna e ricetrasmittente” insieme, e di poter accedere via via alla possibilità di dialogare con altre intelligenze, senza usare complicate e fantascientifiche strumentazioni. Con risultati fisicamente constatabili. Attraverso questi esperimenti, da condurre sempre in gruppo, è possibile contattare altre forme di coscienza che si trovano probabilmente in dimensioni parallele alla nostra o incarnate in altri punti dello spazio-tempo molto distanti da noi. Per poter accedere a queste possibilità colloquiali, bisogna innanzitutto crederci. Ma si fa presto a superare questo primo gradino, allorquando si cominciano a vedere i primi risultati.
Il discorso è lungo, ma prima di scendere eventualmente in alcuni particolari più tecnici, vorrei avere un riscontro da voi, per capire se un argomento del genere interessa su queste pagine. Secondo me sì, perché può aiutarci a capire come siamo fatti e dove ci troviamo oltrepassando, di un tantino in più, le pure congetture e gli aspetti speculativi.
Ovvio che tutto ciò che arriva come informazione medianica deve essere vagliato e il più possibile verificato: non vi sono certezze assolute, proprio come accade navigando su internet. Però è molto, ma molto, ma molto interessante. E, seguendo poche semplici regole, si eliminano i rischi connaturati a tale tipo di ricerca. A me non è mai successo nulla: io sono ancora perfettamente sano di corpo e anche di mente (credo)…

Vi auguro buone feste, inviandovi un pensiero affettuoso e luminoso per questo nuovo anno che si appresta alle porte !

mercoledì 12 dicembre 2007

La Libertà e la pancia vuota

Ieri sera la interessante discussione su Isaia Berlin ha finito per riguardare alla grande il tema della libertà. Inevitabilmente qualcuno , anzi più di uno , ha parlato dei sistemi politici e della libertà, in particolare della libertà che forse c'è , forse non c'è, in Occidente . Certamente il modello occidentale di libertà fa discutere. Secondo Pietro è addirittura preferibile una chiara dittatura ad un sistema politico democratico per modo di dire, che orienti in modo nascosto e subdolo le coscienze. Almeno nel caso della dittatura, sembra dire Pietro , è chiaro che non c'è libertà e si può reagire.
Tale parere ( se si è ben capito ) non ha trovato molti d'accordo , anche se , devo dire dopo una riflessione postuma , che è pur vero che nei paesi occidentali la libertà è spesso fittizia. In particolare a me sembra che la libertà sia come una parola vuota. Sopratutto è sganciata dal tema dei diritti e delle opportunità. Negli Stati Uniti (paese che si pregia di essere liberissimo) , ad esempio , non c'è ,come è noto, assistenza sanitaria paritaria per tutti. Si paga a caro prezzo la salute , e non tutti se lo possono permettere. Però si è "liberi " e "liberi" di farsi seguire da chi si vuole e come si vuole. Ma senza risorse ciò non è possibile . Quindi si è liberi di star male , dico io , se si è non ambienti.
Così pure per il lavoro. Nel meridione d'Italia si è liberi , ma senza lavoro liberi di fare che? Una libertà senza diritto al lavoro è fragilissima, e può essere facilmente piegata dal primo offerente con una buona offerta mercenaria . Si pensi al voto di scambio . Chi ha la pancia vuota non se ne fa nulla della libertà di voto ( o meglio deve possedere una forta spinta ideale per non rinunciarvi) e può preferire ( come è successo e succede ) di accettare una qualunque forma di regalia ( nel passato democratico cristiano del nostro paese bastava un po di pasta ) pur di riempire la pancia in cambio della libertà. E' tristissimo , ma il voto clientelare, diffusissimo dalle parti nostre , si basa sulle pancie vuote e sul concetto fittizio di libertà. Quindi ieri sera avremmo dovuto parlare della libertà insieme al concetto basilare di "pancia vuota" , cosa che non si è fatto.
Per concludere può dirsi filosoficamente che chi ha la pancia piena non capisce in genere chi ha la pancia vuota: il primo è disposto a lottare (specie dopo pranzo) eroicamente in difesa della libertà e critica i cedimenti etici di chi è senza pane , il secondo (prima e dopo i pasti mancanti) trova ogni sorta di giustificazione morale per risolvere i problemi di elementare sopravvivenza anche in deroga ad i principi etici. Concludendo si può dire che il tema della libertà , trattato da solo, senza connessione con il tema della felicità o delle pari opportunità e dei diritti umani , è purtroppo un tema "vuoto ",una fantasticheria che è roba da filosofi con tutto il rispetto per i filosofi. Probabilmente per realizzare una vera libertà "politica", per tutti i cittadini ricchi e e poveri della polis ,libertà reale e vissuta, bisogna offrire occasioni di lavoro per tutti , sganciate (si badi bene ) da qualunque forma di gratitudine politica o obbligazione non dovuta e perniciosa , e basate esclusivamente sul diritto al lavoro e sulla capacità di lavoro .

giovedì 6 dicembre 2007

Dimitri, ovvero: Dai magici ritratti dell’inconscio alle Idee archetipiche

Sono sempre molto interessato, su queste pagine, allo scambio di esperienze ed esperimenti rispetto alla pura speculazione.

Lo scorso anno ho visitato a Parigi una mostra di immagini a dir poco singolare. Ne è autore un grafico ed artista francese, Dimitri, il quale ha creato una tecnica che evidenzia il potere della visualizzazione impressiva. La mostra è allestita permanentemente al Grande Arche della Defense, lo straordinario quartiere futurista della capitale.

"Pour le peintre comme pour le visiteur, c’est le signal du départ pour un voyage au coeur de sensations inconnues dans un monde sans limite et sans âge" déclare Francis Bouvier, Président du Toit de la Grande Arche.
En effet, le spectateur devient acteur privilégié de l’art en participant à l’élaboration du spectacle visuel. La peinture en rémanence est un art qui s’appuie sur la persistance rétinienne, pour permettre au cerveau de virtualiser en positif- et de reconnaître- des peintures regardées en négatif très contrasté.
Dimitri s’est inspiré de célébrités : Julia Roberts, Georges Clooney, Marilyn Monroe…

Le immagini esposte ritraggono personaggi famosi per lo più contemporanei i quali, attraverso un processo di iconizzazione grafica digitale, vengono resi assolutamente irriconoscibili a prima vista, cioè al processo di identificazione conscio. Va notato che l’autore ha scelto proprio dei personaggi-simbolo, e che questa scelta non è casuale, perché amplifica l’effetto del richiamo iconografico-simbolico.
L’unico modo che consente di riconoscere facilmente i personaggi non è quello visivo diretto, ma quello impressivo. Si deve fissare l’immagine per almeno 3 - 5 minuti di orologio (che sono lunghi da trascorrere, per il nostro comune senso della pazienza!). Questo processo di fissazione prolungata e concentrata, permette all’immagine di imprimersi nella retina; allorché si deve chiudere gli occhi ed attendere altri 10-15 secondi. Allora si forma “dentro” l’osservatore un’immagine molto chiara, che rivela immediatamente l’identità del soggetto ritratto.



Vi assicuro che l’effetto-sorpresa è strabiliante, ed il semplice raccontarlo, al confronto, non rende affatto lo stupore di “vedere” con chiarezza qualcosa “attraverso la mente”.

Dopo essermi divertito un po’ a saltellare da Humphrey Bogart a Bob Marley a Marilyn Monroe, (che riconoscevo solo nel momento in cui chiudevo gli occhi...!) mi sono fermato a riflettere su quanto, certi nostri meccanismi di funzionamento, lavorino attraverso parti inconsce in senso davvero molto esteso. Quasi certamente, le immagini dei cartelloni pubblicitari, oltre al ben noto meccanismo del “subliminale da rapidità”, nascondono una serie di altri messaggi, che vengono sparati nell’inconscio degli osservatori attraverso questo genere di trucchi, appositamente predisposti per “pilotare” ed incrementare le nostre scelte consumistiche. Ovvio che i risultati possono essere constatati in termini di influenza su un campione di popolazione, e non sono certo dei meccanismi ai quali tutti sono costretti ad obbedire come robot. Però hanno effetto sulle masse.

Al di là dell’uso scorretto e sconsiderato della Conoscenza che l’Uomo ha di sé stesso, mi intriga pensare che una gran parte di noi si muove, riconosce, decide ed agisce al di là del vaglio razionale, cui tanto siamo affezionati anche quando ci dilettiamo a filosofare sul perché e sul percome dell’esistenza. Diciamo sempre …”io penso, io ritengo, io valuto…” Ma io chi?

E’ straordinario rendersi conto di come il riconoscimento di qualcuno o di qualcosa non avviene attraverso l’immagine che il bulbo oculare trasmette “in diretta” al cervello, ma soprattutto attraverso una serie di elaborazioni successive alla pura osservazione, le quali fanno parte di un complesso processo cognitivo in gran parte inconscio..

Ma cosa succede se vediamo un volto, o un oggetto, od una qualsiasi altra cosa che ci sembra di non aver mai visto prima? Magari, senza rendercene conto subito, potrebbe darsi che in verità la stiamo comunque riconoscendo…
E se si tratta di un qualcosa che effettivamente non abbiamo mai incontrato prima, quale sarà l’immagine inconscia che verrà proiettata dentro di noi, e come verrà processata?

Vi è mai successo di scoprire che una certa cosa la sapevate fare, senza averla mai vista e fatta prima? E che la vostra sensazione fosse proprio quella di un "vago ricordo"? Finora non è mai stato dimostrato che la coscienza umana possa attingere direttamente ad eventuali memorie ontologiche condensate nel DNA dei propri geni. Pertanto restano difficili da spiegare alcune particolari esperienze individuali, ad esempio come quella di un bimbo di tre anni che sa suonare un violino alla meraviglia, senza che nessun professore di musica glielo abbia insegnato.

Un’altra domanda interessante, che discende dalle precedenti considerazioni e le travalica, potrebbe essere: “…Questo tipo di memoria inconscia, risiede davvero nel nostro corpo fisico individuale? Cosa impedisce che il nostro Essere possa collegarsi ad un serbatoio di conoscenza più ampio ed esterno, senza averne coscienza istantanea?”
Di fatto questo processo è pari a quello che esercitiamo consapevolmente quando ci colleghiamo ad internet…Se ci penso bene, l’intera memoria di Internet, che ormai comprende e sintetizza le informazioni di quasi tutta l’umanità, potrebbe essere concentrata in pochi grammi di materia, e con modeste pretese energetiche per essere tenuta in vita per molti millenni, ben oltre la vita degli stessi creatori.

ὰρχέτῦπος
I miti, ed alcune strampalate idee filosofiche di un lontano passato poi riprese dalle ben più recenti tesi psicologiche junghiane, presuppongono che l’uomo abbia in sé degli archetipi che, come idee platoniche primeve, sono impresse nel profondo della sua coscienza; queste idee possono anche essere espresse attraverso simboli archetipici. Ma se noi studiamo oggi Filone, Dionigi o Platone, li critichiamo (perdonate l’efficace strafalcione filosofico) attraverso la nostra “ragion pura”, e siamo portati a pensare che quella del “mondo delle idee” e degli archetipi sia una proiezione mitica, per noi fantastica, coerente con lo stile iconografico secondo cui l’attuale mondo occidentale classifica quello della Grecia classica. Quella stessa nostra razionalità che si inceppa quando tenta di spiegare, ad esempio, il ritrovamento del “Meccanismo di Antikitera”, il quale rivela che nell’antichità classica vi erano perfette conoscenze scientifiche, tecniche e matematiche, di fatto soltanto “riscoperte” nel tardo ‘500…


Di pari passo, qualcun altro che ha studiando i grafi di tutte le espressioni primordiali dell’umanità (per lo più da arte rupestre) si è accorto che esistono una trentina simboli base che le accomunano tutte quante, indipendentemente dall'area geografica in cui sono stati ritrovate.
Sarebbe interessante fissare attentamente, meditare e magari “ricordare” questi simboli, provare l’effetto che producono dentro di noi, al di là della coscienza razionale a cui non dicono nulla. Ma questo fa eventualmente parte della sperimentazione volontaria, non della speculazione.

Alcuni miti raccontano che l’uomo abbia perso il possesso di un linguaggio universalmente conosciuto, e che inoltre sia stato privato del possesso e del controllo di idee archetipiche, poiché un suo grande avversario, approfittando del fatto che l’Uomo "dormiva", gliele ha sottratte, o meglio, occultate….Nella Bibbia questo antagonista è indicato come dio, e risulta evidente dai medesimi racconti che questo dio non sia poi tanto amico delle sue creature. Magari quella del dio è solo un’interpretazione successiva di un ben più antico monito, inviato ad una residua parte della razza umana eventualmente in grado di afferrare il messaggio.

Se ci guardiamo intorno, la storiella del linguaggio universale e degli archetipi sottratti risponderebbe perfettamente alla grande stupidità e cecità che oggi imperversa nel mondo, ancor più in quello del progresso tecnologico rapido ed incontrollato: il mondo di quella sapienza razionale, fredda e calcolatrice, che ha fatto in modo che il piccolo creatore si sentisse solo nell’universo.

sabato 1 dicembre 2007

Da Maria Ales

Nel corso delll'ultima cena avevo organizzato una risposta all'interrogativo di Pietro sul pensiero di I. Berlin intorno alla svalutazione dell'incontro del pensiero con il sommerso - l’ inconscio, come lo chiama il suo inventore S. Freud - ma sono stata battuta sul filo di lana da un irresistibile intervento. Anche se continuo a pensare che il confronto abbia senso nell’ immediato e nella diretta, ripiego sulla differita ricorrendo al blog.
La perplessità di Pietro mi trova d’ accordo. Il mio non esser psicoanalista poi mi permette di non usare un linguaggio specifico ma di spaziare in altre semantiche interpretative per es. quella della pragmatica della comunicazione umana dove l’ aspetto analogico del messaggio che solitamente non viene attenzionato, dunque resta al di fuori del pensiero consapevole che usa invece la parola e la scrittura, è spesso veicolato nel sintomo della patologia. Il livello del non detto ma sempre presente in ogni interazione, da senso alla relazione e la qualifica, permette cioè di riconoscere nella comunicazione l'autenticità o no con tutte le forme distorte che vanno dal pensiero entro i limiti al pensiero oltre i limiti della norma. Sto dicendo che ridurre l'espressione comunicativa dell’uomo esclusivamente al pensiero logico priverebbe la mente della parte che è il fornello alimentatore o la cartina di tornasole capaci di testare la sostanza e la autenticità del messaggio, dunque della relazione.
Tornando al grande S. Freud, ci voleva proprio Alberto questa sera: mi sento di dire che una conto è parlare dell’inconscio individuale e un conto è riferirsi alle masse, a quel corpo di un gruppo - folla, dove le dinamiche hanno leggi differenti. Freud ne ha fatto uno studio, credo alla fine della sua maturità culturale e professionale.
Ma tornando all’ individuo penso che il processo evolutivo che parte dalla nascita e va avanti tutta la vita, se non si inceppa, sia costituito di progressive conquiste conoscitive di aspetti anche non razionali del proprio se e di integrazioni sempre più allargate, familiari, sociali, culturali plurimi, dove il soggetto, l’ io pensante, attinge ad energie anche inconsapevoli senza le quali è un io di carta, parafrasando Andreoli
In conclusione non posso fare a meno di professare la mia ammirazione per la lezione di Gianni Rigamonti Fioravanti sul pensiero liberale, difficile ma porta con grande senso di saggezza; dovrei studiare e non ho il tempo per ora.
Ciao Maria Ales

DEFINIZIONE

Eleganza s.f. = pregevole sceltezza - Raffinatezza o convenienza non facilmente raggiungibile nè imitabile - Elemento o motivo di gusto o di gradevole ricercatezza.

Dizionario Devoto Oli della Lingua Italiana, Le Monnier, Firenze, 2004, pag.950