sabato 28 marzo 2009

Il pidocchiu arrinisciuto e il vegetariano reincarnato

Cari cenacolanti
Cos'è l'autenticità? E' questo il tema su cui ci siamo confrontati martedì scorso, stimolati dalla vicenda di Ivan Il'ič che si accorge, purtroppo solo alla fine, di avere vissuto una vita solo "apparente". Condenserei così il messaggio che ci ha lasciato il genio di Tolstoy con questo splendido libro: l'uomo è un animale arrivato, un "pidocchiu arrinisciutu", che ha la volgarità ed il provincialismo di un "nuovo ricco".
Semplificando molto possiamo dire che, in questi giorni, si sono confontate due scuole di pensiero:
- quella che potremmo ricondurre ad Augusto, secondo cui autentico è cio che si mostra in modo veritiero, ossia corrispondente a ciò che davvero è;
- quella che, per comodità, riconduciamo ad Alberto Spatola, secondo il quale se vogliamo definire l'autenticità in relazione ad esseri umani non possiamo non introdurre criteri di valore condivisibili ed essenziali.
Ma il confronto ha avuto varie ed interesanti sfumature ed i contributi sono stati tutti appassionati ed interessanti.
Quando poi Giovanni la Fiura ha letto un brano di Heidegger sull'essere e sul suo divenire, abbiamo capito che non possiamo definire l'autenticità senza cercare di capire prima qual è l'essenza dell'uomo e senza occuparci dell'essere.
Insomma, quasi senza volerlo, abbiamo toccato un nodo essenziale della ricerca filosofica, risolto il quale le risposte a tutte le altre nostre domande esistenziali - compresa quella: ma i vegetariani si reincarnano? o l'altra, che sembra oggi veramente un rebus irrisolvibile: come mai Fini è diventato così simpatico - ci sembreranno di una semplicità sconcertante.
E' parsa, a questo punto, davvero opportuna la proposta di Francesco Palazzo, di commentare, alla prossima cenetta, il saggio di Sartre "L'esistenzialismo è un umanismo" (Francesco l'ha trovato alla Feltrinelli, ed Mursia € 12,00).Il testo è semplice da leggere ed anche breve. Nel post precedente a questo trovate una recensione.
Intanto vi trascrivo brani estratti dal libro che ci aiutano già a capire il contenuto del libro stesso e un po' anche Sartre e l'esistenzialismo.

Però prima mi piace introdurre il tema dell'esistenzialismo con due illuminanti "visioni" che, più che dalla speculazione filosofica, traggono la loro bellezza dall'intuizione artistica e dalla fede e che sono, a mio parere, esitenzialiste, Sartriane ed Heideggeriane nel senso più bello e poetico:

"......perchè una realtà non ci fu data e non c'è; ma dobbiamo farcela noi, se vogliamo essere; e non sarà mai una per sempre, ma di continuo e infinitamente mutabile..." (L. Pirandello).
"Alcuni uomini vedono le cose per quello che sono state e ne spiegano perchè. Io sogno cose che ancora devono venire e dico: perchè no" (Robert F Kennedy)

A martedì sette aprile, ore 20,.30 per chi cena con noi, ore 21 per gli altri. Ecco alcuni brani dal testo che commenteremo.
Ciao. Pietro

"L'uomo, secondo la concezione esistenzialistica, non è definibile in quanto all'inizio non è niente. Sarà solo in seguito, e sarà quale si sarà fatto. [...] L'uomo è soltanto....... quale si concepisce dopo l'esistenza e quale si vuole dopo questo slancio verso l'esistere: l'uomo non è altro che ciò che si fa. Questo è il principio primo dell'esistenzialismo. Ed è anche quello che si chiama la soggettività e che ci vien rimproverata con questo termine. Ma che cosa vogliamo dire noi, con questo, se non che l'uomo ha una dignità più grande che non la pietra o il tavolo? Perchè noi vogliamo dire che l'uomo in primo luogo esiste, ossia che egli è in primo luogo ciò che si slancia verso un avvenire e ciò che ha coscienza di progettarsi verso l'avvenire.
L'uomo è, dapprima, un progetto che vive se stesso soggettivamente, invece di essere muschio, putridume o cavolfiore; niente esiste prima di questo progetto; niente esiste nel cielo intelligibile; l'uomo sarà innanzitutto quello che avrà progettato di essere. [...]
Ma, se veramente l'esistenza precede l'essenza, l'uomo è responsabile di quello che è. Così il primo passo dell'esistenzialismo è di mettere ogni uomo in possesso di quello che egli è e di far cadere su di lui la responsabilità totale della sua esistenza. E, quando diciamo che l'uomo è responsabile di se stesso, non intendiamo che l'uomo sia responsabile della sua stretta individualità, ma che egli è responsabile di tutti gli uomini. La parola "soggettivismo" ha due significati e su questa duplicità giocano i nostri avversari. Soggettivismo vuol dire, da una parte, scelta del soggetto individuale per se stesso e, dall'altra, impossibilità per l'uomo di oltrepassare la soggettività umana. Questo secondo è il senso profondo dell'esistenzialismo. Quando diciamo che l'uomo sceglie, intendiamo che ciascuno di noi si sceglie, ma, con questo, vogliamo anche dire che ciascuno di noi, scegliendosi, sceglie per tutti gli uomini. Infatti, non c'è uno solo dei nostri atti che, creando l'uomo che vogliamo essere, non crei nello stesso tempo una immagine dell'uomo quale noi giudichiamo debba essere. Scegliere d'essere questo piuttosto che quello è affermare, nello stesso tempo, il valore della nostra scelta, giacché non possiamo mai scegliere il male; ciò che scegliamo è sempre il bene e nulla può essere bene per noi senza esserlo per tutti. Se l'esistenza, d'altra parte, precede l'essenza e noi vogliamo esistere nello stesso tempo in cui formiamo la nostra immagine, questa immagine è valida per tutti e per tutta intera la nostra epoca. Così la nostra responsabilità è molto più grande di quello che potremmo supporre, poiché essa coinvolge l'umanità intera.[...]
L'esistenzialista, invece, dice che il vile si fa vile, che l'eroe si fa eroe; c'è sempre una possibilità per il vile di non essere più vile e per l'eroe di cessare d'essere un eroe. Quello che conta è l'impegno totale, e non solo un caso particolare, un'azione particolare a impegnarvi totalmente".
(da L'esistenzialismo è un umanismo, Mursia, pagg. 34-38, 66-67)

martedì 24 marzo 2009

Jean-Paul Sartre. L’esistenzialismo è un umanismo

Jean-Paul Sartre. L’esistenzialismo è un umanismo (tit. or. L'Existentialisme est un humanisme, 1945). VI edizione Mursia, Milano 1990, pp. 128, € 8,30.
Se io ricordo bene il testo dell'opera è molto meno delle 128 pagine del libro, tra l'altro, se ricordo sempre bene, scritto in caratteri molto grandi. Perciò possiamo leggerlo senz'altro tutto per martedì 7 aprile. Sotto riporto una breve descrizione dell'opera presa da un sito di filosofia.


Il saggio del 1946 “L’ esistenzialismo è un umanismo” è la versione leggermente modificata della conferenza che J.P. Sartre aveva tenuto nell’ottobre del 1945 davanti al pubblico parigino del Club Maintenant. La conferenza aveva anzitutto lo scopo di reagire alle accuse e ai fraintendimenti più grossolani che circolavano, sia negli ambienti di destra che in quelli di sinistra, intorno all’esistenzialismo in genere, divenuto tema di moda negli ambienti culturali, e intorno al cosiddetto ”esistenzialismo ateo” dello stesso Sartre. Gli avversari di diversa tendenza lo presentavano come una dottrina dell’assurdo e del vuoto, materialista e diabolica secondo gli uni, contemplativa e pessimistica secondo gli altri. Una concezione che, privilegiando gli aspetti peggiori dell’uomo e trascurando la solidarietà umana, fa dell’esistenzialismo una dottrina anti-umanistica. A queste critiche Sartre risponde ribaltando completamente il giudizio degli avversari. Egli infatti rivendica il carattere umanistico della propria filosofia, sostenendo che l’esistenzialismo pone al centro della sua attenzione l’incondizionata libertà dell’uomo che è, al tempo stesso, assoluta responsabilità del soggetto e delle sue scelte. Sartre esclude sia la tesi dell’esistenza di un Dio artefice che ha creato l’uomo in conformità ad un prototipo ideale prefissato, sia la versione laica di questa convinzione, ossia la tesi di una natura umana dotata di prerogative specifiche – e pertanto universale, immutabile e altrettanto prefissata. La tesi essenziale dell’esistenzialismo sartriano è pertanto quella secondo cui l’esistenza precede l’essenza; la conseguenza di ciò è che non vi sono principi a priori che possano stabilire il significato del vivere dell’uomo, il quale è totalmente responsabile di fronte alla vita. L’uomo è privo di fondamenti, non ha valori predeterminati a cui riferire la propria condotta e deve pertanto assumersi la piena responsabilità delle sue azioni e deve costruire da sé i principi del suo comportamento. L’assenza di Dio (e di ogni altro fondamento o valore) obbliga l’uomo a creare da sé i propri fini e i propri significati. In conclusione, il significato della filosofia sartriana può essere così riassunto: l’uomo non è nient’altro che ciò che fa di se stesso. Egli non ha una natura che preceda la sua azione e che è capace di condizionare la sua azione; in altre parole non c’è determinismo e l’uomo è totalmente libero, ma questa sua assoluta libertà è al tempo stesso una condanna, giacché gli impone in ogni istante di inventare e re-inventare se stesso. L’essere dell’uomo è totalmente nelle mani dell’uomo stesso. La sua essenza emergerà solo attraverso i progetti e le scelte che egli saprà realizzare.

Un Crudele Esperimento - IV


Die Rodung – Ad estirpanda


Facciamo un altro salto indietro nel tempo, sempre in quel “fecondo” piano parallelo dove a vincere la II guerra mondiale, e poi, a breve distanza, anche la terza, sono stati i Nazisti. In questo breve resoconto impareremo come, a volte, eventi storici che si svolgono in modo molto differente tra un piano e l'altro, e che si sviluppano nelle imprevedibili ramificazioni del Tempo, non producono poi effetti così diversi. Può essere interessante chiedersi come mai...


Nel 1943 Adolf Hitler, concentrando le sue armate sul fronte russo, è riuscito a fare arretrare le truppe di Stalin ben oltre gli Urali e, conquistando gran parte della Siberia, ha sospinto gli eserciti dei soviet fino ad una limitata regione presso le coste del pacifico.

In una regione boschiva circondata dalle immense e fredde tundre, inaspettatamente il Fuhrer trova delle misteriose evidenze.
Presso le rive del Fiume Tunguska, in Siberia centrale, i generali tedeschi in ricognizione avevano segnalato la presenza di una vastissima regione in cui milioni di alberi erano morti carbonizzati, forse a causa di un’enorme esplosione, trovandosi caduti a terra tutti orientati nella medesima direzione. Si trattava evidentemente di un evento istantaneo, una esplosione di una potenza tale che le armi conosciute non potevano aver creato.

Hitler impazzisce dall’esaltazione, vuole che si torturino i prigionieri per conoscere la natura e l’ubicazione esatta delle armi segrete in possesso dei generali sovietici.
Nulla da fare, decine di ufficiali muoiono sotto atroci torture e vessazioni, giurando di non saperne nulla. Effettivamente, arriva una conferma indiretta: da una datazione approssimativa fatta analizzando le tracce di carbonio dei tronchi morti, si scopre che l’evento è retrodato più o meno all’inizio del secolo. Forse neanche gli Zar ne sapevano nulla.

Nella zona erano anche stati trovati rari frammenti di una lega metallica sconosciuta, fatta in larga misura da elementi molto rari sulla terra, come iridio, cromo, tungsteno, molibdeno, platino, oro, vanadio.
Hitler intuisce che vi può essere lo zampino extraterrestre e, dopo una lunga serie di tentativi, riesce a far analizzare attentamente i residui dei terreni circostanti, in cui si trovano abbondanti isotopi di piombo, uranio e plutonio. Riesce a fa decifrare, in parte, alcuni microscopici frammenti di tecnologiche trovate, ove vi sono i codici di calcolo per realizzare la fissione nucleare.
Con una fulminea mossa, riesce in poco tempo a fabbricare la prima bomba atomica, ed a far fuori subito gli Stati Uniti e l’Inghilterra. Hitler si accorge che la potenza degli ordigni nucleari fabbricati, sono di mille volte inferiori all’esplosione calcolata di Tuguska, ma è più che sufficiente a scatenare la distruzione. Roosvelt muore sotto le macerie di Washington, rasa al suolo dai venti nucleari. In Europa, non ha neppure bisogno di sganciare bombe H: evita la contaminazione di territori troppo vicini a sé, anche perché questi stati si arrendono immediatamente. Affida al Giappone il facile compito di annientare le armate residue e le ultime sacche di resistenza sovietica in siberia orientale. Egli nel frattempo si dedica con gusto ad invadere e conquistare la Cina, usando come armi tattiche dei missili U2 modificati in gittate terra-terra e dotati dei nuovi “optional” nucleari.
Stalin e Churchill, fuggiti dai loro rispettivi paesi poco prima della disfatta, vengono catturati ed impiccati pubblicamente, al termine di una fastosa parata militare internazionale svolta nell’immensa piazza del Kremlino. Le bandiere sventolanti del Reich sono milioni, e i cori festosi che inneggiano al nuovo Capo Supremo del pianeta sono rotti solo dal rombare dei cacciabombardieri, che in formazione svettano sulle teste di schiere di generali dal sorriso inebriato.
Mai il desiderio umano di grandezza e potenza fu talmente soddisfatto, quel memorabile giorno.

Hitler, per quanto all’apice del suo successo, in quel momento storico non riuscirà però a stabilire dei contatti veri e propri con forze extraterrestri, come avrebbe desiderato. Per avere delle novità, dovrà aspettare i primi anni 70, un decennio prima della sua morte. Riesce comunque a stabilire un nuovo ordine mondiale, all’insegna della svastica e dei suoi temibili metodi dittatoriali e xenofobi.

Già dagli anni ‘50, i tecnocrati militari del Reich si pongono subito degli obiettivi di ricerca militare e sociale, per adeguare il proprio livello di conoscenze alle esigenze di controllo del pianeta intero. Sono interessati ad effettuare esperimenti sulla specie umana che travalicano di gran lunga quelli realizzati nei lager germanici dei primi anni ’40. In America, ad esempio il panorama umano sopravvissuto alle contaminazioni nucleari si rivela molto interessante. Non si non si può pensare di perderne il livello di complessità, il quale va comunque controllato al massimo ed amministrato secondo i principi voluti da Hilter.
Bisogna creare dei nuovi lager anche lì, ma senza filo spinato. Bisogna sfruttare le conoscenze già acquisite e praticate dagli americani in fatto di business, conciliandole con l’intento primario di eliminare definitivamente i giudei dalla faccia della Terra. E lì ce ne sono tanti: e molti hanno occupato posizioni significative nei potentati economici e politici. Come estirparli?

Da questo panorama hanno origine i crudeli esperimenti di cui andiamo sommariamente a raccontare. Prima però, vi è un altro particolare storico di cui si deve parlare, e che si intreccia col precedente: riguarda ciò che accade in Italia. Anche qui le cose vanno in modo abbastanza diverso da come ci si potrebbe aspettare.
Hitler e i suoi più fidati consiglieri non vedono di buon occhio Benito Mussolini, innanzitutto perché egli si è pubblicamente vantato di una vittoria non sua. Lo sbarco in Sicilia delle forze alleate infatti è stato fermato tra la Lucania ed il Lazio, solo grazie ad un massiccio intervento della Wermacht, della Luftwafe e dei rinforzi tedeschi, dopo che le esigue truppe messe in campo dal governo fascista erano state disfatte in Sicilia ed in Calabria. Hilter pensa che Winston Churchill aveva avuto ragione nel dire che: «L'Italia è il ventre molle dell'Asse». A suo tempo, l’esercito dei 160.000 uomini guidati da Eisenhower dopo lo sbarco in Sicilia, era stato annientato già nei primi mesi del 1944: le truppe alleate oltre i tre quarti erano perite sotto il fuoco incrociato dei nazisti, ed i sopravvissuti internati nei campi della gelida Polonia, mandati ai lavori forzati nelle nuove ed immense fabbriche militari sorte nella zona di Cracovia.

La seconda colpa che il Fuhrer addebita a Benito Mussolini è quella di aver stilato, nel ’29, i Patti Lateranensi, contenenti un Trattato con cui il Duce aveva imprudentemente riconosciuto l'indipendenza e la sovranità del papato, autorizzandolo a fondare lo Stato Vaticano. Ancor di più, attraverso una Convenzione Finanziaria molto vantaggiosa per lo stato ecclesiastico, Mussolini si era tirato indietro dalle spoliazioni degli enti ecclesiastici. Aveva riconosciuto l'esenzione, al Vaticano, dalle tasse e dai dazi sulle merci importate ed il risarcimento di 750 milioni di lire (* pari a circa 3 miliardi di €uro attuali) e di ulteriori titoli di Stato consolidate al 5 per cento al portatore, per un valore nominale di un miliardo di lire (* pari a circa 4 miliardi di €uro attuali), per i “danni finanziari subiti dallo Stato pontificio” in seguito alla fine del potere temporale.

Hitler riconosce nel famoso motto “libera Chiesa in libero Stato” una beffa: si accorge che la libertà sta prevalentemente dalla parte del Papa, verificandosi un asservimento del governo fascista -sia economico che politico- ai solleciti pontifici. Un fatto intollerabile. 
Ma per pareggiare i conti, Hitler ha atteso furbamente la vittoria sulle Forze Alleate angloamericane. Chiusi i campi di battaglia, riarmati e ricomposti i propri eserciti, Hitler con la scusa di una parata ordina l’invasione massiccia delle più importanti città italiane. Roma è posta sotto assedio. In una calda notte dell’Agosto del 1948, Mussolini viene arrestato insieme al suo stato maggiore in gran segreto, e tradotto in Germania. Qui, insieme ai maggiori gerarchi fascisti, Benito Mussolini compare davanti ad un tribunale militare segreto. Per tutti la condanna è unanime: pena di morte con immediata esecuzione. I mezzi di stampa parleranno di un malore e di una morte per infarto; dei gerarchi fascisti si saprà solo dopo anni. Alcuni di essi si salveranno, a patto di collaborare strettamente con Hitler nei suoi nuovi progetti. Innanzitutto fare piazza pulita del Vaticano, ed impossessarsi dei tesori e degli oggetti magici più importanti, custoditi nei sotterranei della Basilica di San Pietro ed in altre località segrete. Per trovarli Hitler oltrepassa le mura vaticane, fa catturare il corpo di guardie svizzere che vengono tenute in ostaggio. Entra personalmente negli appartamenti pontifici e costringe Papa Pio XII, sotto la minaccia di una strage, a consegnargli una serie di oggetti molto particolari, di cui i suoi profeti o “veggenti” conoscono molto bene l’importanza.
Proprio nel momento in cui Hitler sta per decidere di far portar via i tesori e le opere d’arte più importanti e di fare incendiare tutta la cittadella vaticana, ha un incontro decisivo con due personaggi che si prestano al gioco di oscuri consiglieri. Questi sono un alto prelato cattolico, a suo tempo misteriosamente scomunicato dal papa, ed un rabbino di origine giordana perseguitato dagli Ebrei ed espatriato in Austria durante la guerra. 

Essi lo guidano ad una importante intuizione e risoluzione: i sionisti possono essere capillarmente cancellati dalla faccia della terra proprio con l’aiuto della chiesa cattolica. Di fronte alle evidenze storiche, Hitler riconosce che gli odi religiosi sono più efferati di quelli puramente razziali, con i quali condividono comunque una originale radice filosofico-religiosa.

L’idea attuativa che si fa avanti è drastica, perversa quanto sconvolgente: ricostituire la santa inquisizione affidandola ad un papa asservito, attraverso una religione riveduta e corretta dai filosofi fanatici del Reich. Ciò servirà ad eliminare capillarmente tutti gli ebrei, i comunisti, gli islamici e, progressivamente, i rappresentanti di tutte le altre religioni delle altre aree del globo. In questo modo il Terzo Reich avrà velocemente ed efficacemente un unico ossequio “religioso” praticato in tutto il mondo, che rinsalderà ed unificherà i vari popoli della Terra sotto il nascente governo mondiale. Hitler sa che questa operazione è impossibile senza prima avere fisicamente eliminato o convertito i vertici ecclesiastici, e i capi delle possibili fazioni che si opporranno. Ad eliminare tutti gli altri, penserà la Nuova Inquisizione, capeggiata da uomini fidati.

Hitler però non si fida totalmente dei suoi consiglieri, e preferisce dare il via all’operazione tramite alcuni ulteriori crudeli esperimenti. In America, in Europa, in Africa del nord e in Medio Oriente verranno creati degli immensi lager, ai margini di città delimitate e sorvegliate a vista da uomini armati. Sconfinate baraccopoli sorgeranno ai margini delle città, servendo a ricreare dei tuguri ghettizzati dove ebrei, cattolici e musulmani si affronteranno in bande armate, scannandosi tra loro a colpi di macete, di mortaio, di esplosivo. Sarà molto facile schierarli gli uni contro gli altri. I continui attentati daranno pretesto all’inquisizione di agire liberamente, imprigionando, torturando e dando al rogo chiunque ne venga ritenuto meritevole.

Viene fondata una nuova religione ufficiale, il nazional-cattolicesimo, a partire da una base relativamente semplice e sbrigativa: cioé “riaggiustando” i dieci comandamenti e innalzandoli a sedici. Per far ciò, Hitler destituisce Pio XII concedendogli un salvacondotto verso il Brasile e, col consenso di un Vaticano in parte terrorizzato ma in parte complice, insedia un nuovo papa, Teutone I, austriaco di nascita. Egli è naturalmente un papa spietato, intenzionato com’è a rivedere ed aggiornare tutte le dottrine della fede. Del resto non sarebbe la prima volta nella storia, anzi. 
La Nuova Inquisizione avrà sede a Vienna, ove in gran parte i tesori vaticani sono stati trasportati e custoditi.

Nel nuovo regime nel frattempo stabilitosi in Italia, verrà ricordato in futuro come fondamentale il contributo politico dello statista Luigio Andreini meritevole di aver incarnato, in un paese così difficile e restio ad accettare le imposizioni dall’alto, il ruolo di raffinatissimo mediatore. Verso la fine degli anni ’50, l’onorevole Andreini rinsalda le fila di un nuovo partito collegato alla nuova Inquisizione. Il terrore seminato in altri paesi, in Italia potrà essere smorzato se si accetta uno storico “compromesso” tra le parti. Ovviamente si tratta di un compromesso relativamente finto, in cui si cerca di dare a ciascuna delle parti estreme la sensazione di un controllo territoriale. Nel meridione il controllo verrà dato alle Sacre Mafie Unite, che sotto un unico stemma, torneranno a ritrovarsi nel segreto degli incappucciati, in un esaltante stile “massonico e neo-cospiratore”.
Nella regione padana la sensazione di controllo del territorio verrà offerta alle masse operaie filo-partigiane, nella coscienza che Hitler ha acquisito di non poter annientare una intera popolazione che ha maturato un notevole grado di complessità, risultando ben salda intorno a dei principi propri. Conviene ingannare, piuttosto che distruggere. 
Andreini farà leva sui valori di libertà e giustizia, promettendo ai residenti Italiani del Reich dei trattamenti di favore con scopi sperimentali, non concessi in altre regioni del mondo. Le prime elezioni nazionali, si rivelano essere un plebiscito. Col 95 % deil voto popolare, Andreini viene acclamato Presidente della Regione Italiana del III° Reich, con l’avallo di Hitler. Storiche, le foto che ritraggono un Fuhrer ancora smagliante, mentre stringe la mano a Papa Teutone I in tunica nera, ed accanto a lui un Luigio stanco ed emozionato, vagamente smagrito e un po’ ricurvo su di sé ma anche sodisfatto, con le sue orecchie piccole eppure evidenti, ed un riso enigmatico che suscita un senso di sarcasmo.

Tutto questo è servito a motivare e costruire l’instaurazione dell’unico controllo possibile sulla vita civile e politica dell’Italia nazista: la nuova Inquisizione. Avendo già ben funzionato per secoli fino a tempi recenti, essa avrà pieno potere e libertà di azione nei confronti dei terroristi, ma anche degli infedeli al revisionismo catto-nazista.
I primi ad essere presi di mira? Ovviamente sono i nemici più temibili: Ebrei ed Islamici. Teoricamente accomunati da un'unica fede verso un unico Dio, ma separati da un abisso di tradizioni e conoscenze differenti.

Riguardo agli Ebrei, la giusta punizione è una nuova invasione della Terra Santa, con la scusa di una nuova crociata che deve strappare al giudaismo il primato del Sepolcro di Cristo, e soprattutto dell’Arca dell’Alleanza, oggetto magico di inestimabile valore e potere.
In breve tempo la Palestina, la Cisgiordania e la Siria e il Medio-Oriente intero vengono invasi e conquistati. Gli ebrei e gli abitanti di fede islamica vengono messi insieme ad ammazzarsi tra loro, in immensi lager-ghetto, grandi quanto città, e confinate da fili spinati con lame taglientissime e campi minati. Da questi inferni nessuno può uscire vivo, ma la gente potrà (e quindi dovrà) riprodursi all’infinito, essendo vietati e non reperibili gli strumenti e le conoscenze per la contraccezione. Le vittime più appetitose della ferocia nazista, che rimane dietro le quinte, sono proprio i bambini ed i ragazzi, destinati a nascere e crescere inconsapevolmente in una malvivenza atavica, per poi finire massacrati sotto i colpi e gli agguati delle fazioni avversari o i roghi purificatori dell'inquisizione.
In un ambiente in cui non esistono ospedali affidabili, chi rimane ferito è trasportato nelle sale operatorie create dal regime, dove lo aspetta un dolore atroce, fino ad una lentissima, inesorabile morte. Le cure palliative che vengono somminstrate non servono certo salvare la vita del malcapitato, ma solo prolungarne le sofferenze attraverso uno stillicidio perpetrato con gusto sadico, in nome della sacralità della vita biologica: agli emissari dei nazisti non manca di certo il senso dell'ironia. Ed è per questo che quando un ragazzino rimane ferito, i parenti cercano di nasconderlo in casa di amici fidati, prima che gli inquisitori lo trovino.

In quanto agli islamici, invece, la situazione è più complessa, perché riguarda enormi masse di popolazioni sparse su territori vastissimi e sconfinati: non è certo possibile annientarle. Hitler, dando ascolto ancora una volta agli strateghi suoi consiglieri, escogita un piano brillante. Porta ad insediamento un altro astro nascente della politica italiana, Alberto Crisca, dapprima nel protettorato libico, con l’intento di estenderlo in breve tempo verso l’Egitto e il Golfo Persico da un lato, e verso Tunisia, Algeria e Marocco dall’altro. La manovra riesce pienamente, utilizzando le opportune strategie che prevedono l’uso combinato delle credenze religiose dell'Islam (opportunamente ritoccate) e della forza per controllare le masse. Il Vertice Nazista ha individuato la figura adatta a compiere questa operazione, essendo i gerarchi nazisti assai meno abili a comunicare col mondo arabo, per comprensibili motivi legati alle proprie caratteristiche di origine. Crisca invece, formidabile arrivista ed italiano ben dotato di grandi capacità adattive e mediatrici , dimostra ben presto i suoi denti da squalo, la sua originalità e spregiudicatezza. Riesce a farsi nominare gran sultano d’oriente, e pone la sua sede privilegiata in una sontuosa reggia fatta costruire appositamente nella zona residenziale di Tripoli. Da qui inizia a manovrare il mondo dell’Islam diventando un venerato e temuto Imam. Questo, in buona sintesi , il panorama nel cosiddetto mondo occidentale.


Vediamo ora cosa è successo dopo soli 50 anni di esperimenti.

In quasi tutto il mondo il Nazismo si è affermato con la forza, militare o inquisitoria, con un costo in vite umane altissimo. Si stima trattarsi di alcune decine di milioni di morti. Le statistiche ufficiali non offriranno mai proporzioni precise, ma gli storici del periodo a fatica ricostruiscono la seguente situazione: soltanto il 20% delle vittime è dovuto alle azioni belliche tra eserciti contrapposti durante le fasi di conquista dei restanti paesi da parte dei nazisti. Il 50% è invece perito in guerriglie locali, fomentate dai servizi segreti nazisti per fare in modo che scomode masse di disperati si annientino tra loro, un po’ con le poche e rudimentali armi, considerate di scarto dagli eserciti maggiori, un po’ attraverso la fame, le malattie (in parte veicolate appositamente) e la mancanza di soccorsi alle popolazioni ghettizzate. Il rimanente 30% è stato purificato dall'inquisizione.

In Italia invece, paese caro al Fuhrer per motivi occulti che egli non si sogna di rivelare, il popolo non ha sostanzialmente risolto i propri conflitti post-bellici, nonostante l'assenza dei lager.
La gente continua scontrarsi politicamente e socialmente, a formare fazioni, bande gruppi, squadre, schieramenti, che non hanno nessun altro scopo se non quello di affermare se stesse con la forza. Nessun principio però vince o viene applicato in pieno. Le persone si odiano, ed ovunque vedono nemici. Hanno solo paura di finire arrostite pubblicamente, dopo indicibili torture. Ma si sa anche che, per evitarlo, basterà abiurare pubblicamente, e tornare a far finta di frequentare diligentemente i luoghi di culto. Grandi cattedrali costruite in vetro e cemento, ove la croce con un uomo inchiodato sopra non è mai stata abolita: è stata solo leggermente ruotata e dotata di piccole protuberanze alle punte. La scritta INRI è stata fatta scomparire, perché nessun fedele fosse portato a cercare di scoprire chi erano i Nazhar, temibili rivoluzionari.

Questo apparente disordine, fa in realtà comodo al nuovo regime mondiale nazista, che non è stupido, ed impiega la forza diretta solo ove è necessaria per vincere. 
La stessa forza che in Italia ed in America non è costretto ad usare, sia perché essa viene dal popolo e su di esso si ritorce. Ma soprattutto perché la massa dei fedeli spensa di rappresentare-nonostante tutto- un popolo progredito e cosciente di obbedire ad una legge che considera divina, al di là di ogni apparente evidenza. E’ l’unica legge che le persone ritengono di potere moralmente accettare, poiché rappresenta l’ideale di un uomo che ha offerto la propria vita per salvare l’Umanità. Da ciò discende il pensato comune che l’uomo sia assolto dalla responsabilità delle proprie azioni sin dall’inizio della propria esistenza. I singoli e le masse devono perciò soltanto limitarsi a far apparire pubblicamente la propria sottomissione al potere temporale catto-nazista, anche se la legge medesima viene continuamente violata da “ignoti”. Del resto, ciascuno può essere un ignoto, quando gli è consentito.

Hitler aveva fatto centro, era stato consigliato bene. La scelta politica -apparentemente contraddittoria per la feroce dittatura nazista- di lasciare pressoché immutata una situazione storicamente stratificata da secoli, aveva prodotto il risultato desiderato: la massa obbediva, anche se il singolo si sentiva libero. Ognuno in cuor suo era convinto che la sua anima era stata già salvata, ancor prima di nascere. Quindi era teoricamente libero di accettare qualunque cosa facesse, o accadesse per causa di altri.
E, soprattutto, il principio di fede rimaneva vero, indipendentemente da chi e da come lo proponesse, essendo esso espressione materiale e indiscutibile della divina volontà. Nel mondo dominato dal Nazismo, questo sistema poteva politicamente funzionare per il fatto che i prelati del nazional-cattolicesimo erano sottomessi al Fuhrer, e non il contrario.

Adolf Hitler, vicino alla morte, più volte si chiederà quale fine toccherà a questo perverso sistema, nel momento in cui verrà a mancare il suo potere assoluto. L’unica risposta che riuscirà a dare in confidenza alle persone più vicine a lui, coloro che lo assisteranno nel trapasso, sarà che i soggetti più dotati di potere in assoluto nella regione mediterranea sono proprio quelle che fanno parte della casta sacerdotale nazional-cattolica, detenendo conoscenze di alto livello, spregiudicatezza, denaro, ed controllo della forza di dominio delle masse, esercitata attraverso la persuasione o il rogo. Sa bene che Crisca e Andreini sono in realtà dei fantocci manovrabili e ricattabili, tanto da lui quanto dalla casta sacerdotale cattonazista. In questo complesso intreccio di complicità, le persone che ne fanno parte sono troppo legate ai propri vantaggi e all’uso indiscriminato del potere per abbandonarli, ed Hitler sa bene che allorquando il potere militare nazista si sarà allentato, essi saranno in grado di acquisire il controllo orizzontale del Mediterraneo, tutto il nord-Africa, dalla Spagna all’Italia, fino al Medio Oriente e ai Balcani.
Il Fuhrer immagina che i suoi successori tenteranno a tutti i costi di mantenere saldo un potere che, invece, saranno lentamente destinati a perdere.

Un veggente, cui Hitler era molto legato per i consigli offerti prima delle battaglie più importanti, gli aveva già in parte predetto che una più grande minaccia sarebbe arrivata dall’alto. In una Galassia come la nostra, il potere sulla Terra non poteva essere mantenuto a lungo dai suoi abitanti. Prima o poi sarebbe intervenuto direttamente il Signore di Nibiru, l’unico Dio che a tutti i costi voleva essere adorato in modo esclusivo dagli umani, privandoli della libertà di scegliere e di pensare altre divinità.

-“Io sono un dio geloso”, aveva detto molti millenni prima- facendo scolpire le sue perentorie affermazioni nelle Tavole della Legge fatte in pietra, i cui significati erano stati interpretati nel tempo non sempre fedelmente. Al Fuhrer era stato svelato che le tavole di pietra erano state imposte ad una umanità sconfitta e soggiogata, dopo la distruzione di più antiche tavole fatte di cristallo color smeraldo. In queste l’Uomo aveva scolpito e tramandato le proprie conoscenze maturate nella culla di civiltà scomparse, ben più antiche di quelle conosciute.
Tradendosi attraverso la propria gelosia -qualità ahimé piuttosto vicina al mondo umano- il Signore di Nibiru aveva in realtà rivelato (ai vedenti e agli udenti con sensi propri) di non essere l’unico dio, ma uno dei tantissimi che è possibile riconoscere nel vastissimo ecosistema delle divinità esistenti: un mondo spirituale che si estende senza limiti visibili, tanto in lungo e in largo, quanto in alto e in basso. Hitler e pochi altri sapevano tutto questo, ma non si erano mai serviti di queste conoscenze se non per scopi di predominio materiale, rifiutando per loro principio qualsiasi pratica di fede o di culto verso il mondo divino.

Ma a quel tempo, non avrebbero potuto assolutamente immaginare gli esiti del trionfante ritorno della Divinità venuta letteralmente dal cielo, cui i terrestri avrebbero assistito sbigottiti appena pochi decenni dopo.

domenica 15 marzo 2009

Il kamikaze è autentico?

Cari praticanti FilosofiIl romanzo di Tolstoj ci ha coinvolto in riflessioni importanti sul senso della vita e della morte. Fortunato IVAN IL'IC: grazie ad una stupida malattia che, invece, ai nostri giorni la medicina avrebbe irrimediabilmente guarito, ha potuto comodamente accorgersi della falsità della sua vita ed intravedere la luce della verità, sia pure in zona Cesarini. Ma allora si moriva anche per un mal di denti. Purtroppo, con i progressi della scienza che allunga sempre di più la vita e ed allontana la malattia e la morte, certe illuminanti agonie saranno sempre più rare e conseguire l'illuminazione sarà sempre più complicato. Ma noi cenacolanti non abbiamo bisogno di dolori e sventure per filosofare perchè ci lasciamo ispirare anche dalla gioia, dall'arte e dalla contemplazione del bello. E' stato davvero interessante riflettere sul rischio dell'inautenticità che incombe sulle nostre precarie esistenze, talmente interessante che abbiamo deciso di dedicare all'argomento la prossima cenetta. E' un esperimento nuovo, non porteremo un libro da commentare ma le nostre riflessioni sul tema dell'autenticità, al limite supportate dalla lettura di poche righe di un testo che ci ha ispirato. Intanto, sul nostro Blog possiamo trarre utili spunti dai contributi di alcuni di noi. In particolare mi sembrerebbe utile - senza voler nulla togliere agli altri - partire dal contributo di Alberto Spatola: "Il brillante e lo zircone" sulle maschere che indossiamo nelle relazioni con gli altri, sui giudizi di valore che condizionano anche il nostro sentirci più o meno autentici. E' importante delineare bene le coordinate del problema dato che martedì scorso ad un certo punto, impostando il discorso secondo certi presupposti, è venuto fuori che anche il ladro se ruba bene, il mafioso che rispetta il codice mafioso di cui è impregnato sin nelle budella, il Kamikaze se sa farsi esplodere nel momento più opportuno, realizzerebbero nella propria vita quell'autenticità di cui andiamo discorrendo.Giustamente Augusto ha sottolineato che così facciamo il gioco di che ha interesse a far credere che non c'è differenza tra chi paga il pizzo e chi si rifiuta, tra chi vive nella legalità e nella solidarietà e chi si vende l'anima per un po' di potere. Augusto ci ha entusiasmato meno quando ha aggiunto: "al limite concederei che anche il Kamikaze, se in buona fede, può vivere una sua dimensione di autenticità, ma solo se ha il coraggio di confrontarsi con gli altri, di venire alle nostre cenette con i suoi attrezzi di morte accettando di mettere in discussione le proprie opinioni e di argomentarle filosoficamente. Le nostre cenette sono aperte a tutti e sono accettate anche le posizioni più estreme ". Appuntamento, quindi a martedì 24 marzo: dire che sarà una cenetta vivace e scoppientante è dire poco....Pietro

mercoledì 11 marzo 2009

Il brillante e lo zircone







Il brillante e lo zircone

Cari amici filosofi e filosofanti, ieri sera sul finire della discussione riguardante la morte di Ivan Ilic è venuto fuori, quasi naturalmente, un interessante discorso sulla autenticità , discorso che è a mio avviso molto interessante anche per le risonanze psicologiche che ha e le deduzioni filosofiche che può suscitare.

Ma cosa vuol dire “autentico”? , per i greci autentico deriva da autore: αυθεντικός, da 'authentes'='autore'. E’ facile allora capire che diciamo autentico un capolavoro o un’opera d’arte , se è effettivamente attribuibile ad un determinato autore, se un Rembrandt è davvero di Rembrandt.




Anche delle meraviglie della natura possiamo dire se sono autentiche , ad esempio un brillante è autentico , uno zircone no. E’ come se la Natura fosse in questo caso l’autore, e il brillante è davvero una meraviglia della natura , lo zircone no. Capite che già stiamo esprimendo , sia pur indirettamente , dei giudizi “di valore”: Il vero Rembrandt vale un sacco , il falso si vende a poco. Il brillante è costoso , lo zircone è a buon mercato. Per cui ricaviamo, da queste brevi riflessioni sul concetto di autenticità riferito alle cose materiali, che è implicito un giudizio “valoriale” nel concetto di autenticità riferito a beni concreti.

Ma cosa succede quando dalla materia , sia pur nobile e preziosa o artigianale, si passa alle persone ? Quand’è che una persona si definisce autentica? Qui tutto si fa molto più difficile perché non è chiaro quale sia l’originale ( della persona ) e chi l’autore ( se c’è). Possiamo dire che alle volte e storicamente succede che alcune identità personali siano fasulle : ricordate il caso Bruneri o Cannella ? Cioè quel caso in cui una persona diceva di essere un’altra e ci vollero anni per smascherare l’impostore ? Ma in questo caso il problema dell’identità ha ancora a che fare con la “persona fisica” , con qualcosa cioè che può avere una risposta certa , attraverso ad esempio l’esame del DNA . Quindi in medicina legale si può risalire alla persona autentica , a colui che , ad esempio, sia l’autore di un delitto.

Ma se il problema dell’identità non è più vincolato a qualcosa di materiale , tutto diventa più difficile ed interessante nel contempo. Ci aiuta a capire qualcosa Tolstoi ed il suo Ivan Ilic. Non è che Ilic non sia autentico quanto alla sua identità personale fisica , ma sul finire della sua vita ed ormai prossimo alla morte , scopre “ l’inautenticità “ del vivere e della sua storia personale. Pirandello maestro di filosofia oltre che di drammaturgia, in epoca più recente e moderna rispetto a Tolstoi , dice cose simili. L’uomo spesso è prigioniero di riti e convenzioni , che sono radicalmente “inautentici”, e di cui è schiavo. Si pensi al “Fu Mattia Pascal”.

Ma allora come definire l’autenticità di una persona? E’ pur vero infatti che ci sono delle persone che sentiamo come “autentiche”, “schiette”, non mascherate , e ce ne sono altre che invece ci sembrano “finte”, “costruite”, “posticce”. Proviamo a dare alcune risposte: una possibilità è che l’autenticità si dia quando si è coerenti con la propria coscienza e con i propri principi. Credo sia ciò che Augusto Cavadi abbia sostenuto nell’ultimo incontro filosofico: la coscienza ed i principi personali , se sono rispecchiati nella condotta di vita, fondano l’autenticità delle persone.

Ciò è sicuramente condivisibile in parte , ma pone alcuni problemi ulteriori: se la coscienza è falsata da visioni della vita che non siano facilmente accettabili nel contesto societario, che tipo di autenticità avremo ? Ad esempio si è parlato dei kamikaze che in perfetta sintonia con la loro coscienza ed i loro principi, si lasciano esplodere: sono autentici kamikaze, ma è questo il tipo di autenticità su cui stiamo riflettendo?. Quando parliamo di autenticità non sotto intendiamo sempre anche un barlume di giudizio etico e valoriale? Altrimenti il concetto di autenticità sarebbe solo identificato in quello della coerenza tra ciò che si è e ciò che si pensa.

Un ladro coerente che teorizzi il furto e che lo attui è un ladro verace. Un politico coerente che prenda in giro la gente e teorizzi il latrocinio con demagogia, o la presunta libertà dell’informazione, sarebbe autentico, mentre è solo coerente con i propri imbrogli. Ma tutti avvertiamo una sorta di avversione verso tale pervicace coerenza. Credo pertanto che per pervenire ad una comprensione più profonda ed adeguata della autenticità dobbiamo gioco forza cercare dei punti di riferimento, extra coscientiam , al di là della coscienza.

O meglio riconoscere che la coscienza non può essere autoreferenziale, ma è sempre “coscienza di….”qualcosa che viene intuito al di fuori di sé….. In sostanza è difficile definire la coscienza se non si riconosce anche un suo essere votata in qualche modo al “trascendente” ( uso questo termine molto laicamente e solo intendo la possibilità della nostra mente di andare al di là di se stessa).

Secoli di storia della filosofia vertono su questi punti: la conoscenza, la possibilità del conoscere, l’immanenza o la trascendenza della conoscenza stessa, e tuttavia non ho un delirio improvviso che mi spinga a voler dare una risposta definitiva a tante belle questioni secolari. Ma, vivendo anche una dimensione “pratica” della filosofia ( se ne discute tanto nelle nostre cene di questa praticità ), non posso non notare che l’autenticità (in realtà solo coerenza) del kamikaze e del ladro vero ladro, o del politico imbroglione autenticamente imbroglione, “urtano” la mia coscienza, e preferisco avversare tutto ciò.

Non posso fare a meno di riferirmi alle regole del contesto sociale, alla “legalità” per esempio, al rispetto di alcuni principi salvaguardia del vivere “civile”. Ed anche se c’è chi, giustamente, come Gianni Rigamonti ( ricordando Pascal) nota che il concetto di legalità è condizionato storicamente e dai confini delle nazioni, tuttavia vi sono dei codici di comportamento che da sempre sanzionano, ad esempio, l’omicidio ( tranne il caso della legittima difesa), o che sanzionano le offese alla dignità personale, specie dei minori.

Pertanto è davvero improbabile pensare ad una autenticità autoreferenziale e solamente basata sulla coscienza, ma semmai che sia fondata su una “coscienza di…” valori in qualche modo intuibili da tutti e pertanto condivisibili. Ciò , a mio modesto parere, pone le basi non di una metafisica posticcia ed appesa “come un salame”( uso questa felice metafora espressa da un amico) nell’aere, o di un iperuranio sede delle idee di giustizia et similia, ma della possibile intuizione da parte di tutti di qualcosa che contemporaneamente ha a che fare con l’essere (dei filosofi),e con i concetti di bene, bello e valore, e (per le persone che hanno una fede) anche con una sia pur molto oscura idea del divino, che poi ognuno sviluppa secondo la propria storia di vita e tradizione

In sostanza saremo autentici se, sì ascoltiamo la nostra coscienza, ma non in modo autoreferenziale ( alla Sartre per intenderci), ma con una umana e profonda intuizione di……ciò che sono l’essere, il bene , i valori. E così facendo potremmo essere non degli zirconi (mi lascio andare ad un’immagine poetica) ma come dei brillanti che riflettono per l'appunto la luce dell’essere, del bene, dei valori.