mercoledì 2 aprile 2008

Scienza e Spirito....psiche e natura...sono poi così distanti?


Desidero dare anch'io un contributo all'argomento trattato dal precedente post di Giovanni e nelle serate di commento al libro di Mancuso per ribadire che forse le via scientifica e le vie non scientifiche verso la conoscenza possano anche intersecarsi e sinergicamente andare avanti con la pace di molti.......
Cito pertanto un passo del libro "Psiche e Natura" scritto nei primi anni '50 da Wolfgang Pauli, Nobel per la Fisica nel 1945 e famoso per il suo "principio di esclusione" e per la scoperta del neutrino.....": “Per noi moderni, tornare alla concezione arcaica, la cui unità e coerenza interna veniva pagata al prezzo di un’ingenua ignoranza sulla natura, è ovviamente fuori discussione. Tuttavia, proprio il desiderio di una maggiore coesione nella nostra visione del mondo ci spinge a riconoscere l’importanza degli stadi pre-scientifici della conoscenza per la genesi delle idee scientifiche, integrando l’indagine (rivolta verso l’esterno) delle scienze naturali con una ricerca di queste stesse conoscenze volta alla dimensione interiore. Mentre la prima ha per oggetto la corrispondenza dei nostri concetti con le cose del mondo esterno, la seconda dovrebbe far luce sugli archetipi sottesi alla creazione di concetti scientifici. Solo una combinazione di entrambe le direzioni di ricerca può condurre a una piena comprensione.
Negli uomini di scienza la diffusa aspirazione a una maggiore unità nella nostra immagine del mondo è acuita dal fatto che oggi abbiamo sì le scienze della natura, ma non abbiamo più una visione scientifica del mondo. Dalla scoperta del quanto d’azione la fisica è stata un pò alla volta costretta ad accantonare l’orgoglioso proposito di spiegare, in linea di principio, tutto l’universo. Proprio questa circostanza d’altra parte, in quanto correttivo della visione unilaterale precedente, potrebbe portare in sé il seme di un futuro progresso verso una concezione unitaria del mondo, della quale le scienze della natura non sono che una parte.”
(il grassetto è mio). Armando

2 commenti:

alberto.spatola ha detto...

Bellissima la nota di Armando che apre argomenti di discussione molto interessanti. In particolare ho avuto sempre molto interesse per le concezioni del mondo che hanno gli uomini di scienza. Ad esempio sono da non perdere e leggere l'interessante libro di Einstein "Come io vedo il mondo " , oppure di Monod " Il caso e la necessità" ( celeberrimo ) , oppure ancora le interessanti concezioni di S. HawKing sul Bing Bang, e lo stesso testo di Pauli citato da Armando. E' chiaro che scienze teologiche , filosofiche e scientifiche , sono vicine in quanto tutte espressione dello "spirito " dell'uomo. Forse è anche diventato impossibile , per un filosofo dei tempi moderni (vedi l'interessante Lombardo Vallauri ) , o per un teologo new age (come Mancuso ),non tenere conto delle scoperte scientifiche subentranti.
Ma , personalmente ritengo , che quando uno scienziato si esprima legittimamente anche filosoficamente o teologicamente , lo possa senzaltro fare senza aver la pretesa di dire che le scoperte scientifiche di cui è protagonista "forzino" una determinata weltashaung. Una tale forzatura ( che peraltro è legittimo esprimere)forse era presente in Monod e nella sua visione "casuale" della natura. E d'altra parte non mi convincono neppure quei filosofi e teologi che , facendo leva su concetti ( spesso mal digeriti ) di fisica o matematica , arguiscono filosofie di pregio dubbio. E' successo in passato con il "relativismo filosofico " che mutuava impropriamente alcuni concetti della teoria della relatività di Einstein, che pertiene più propriamente le concezioni dello spazio tempo in fisica e stop. Forse anche Mancuso e prima di lui Theilard de Cardin , forzano una visione "mistica" della teoria della evoluzione , visione che ( con tutto il rispetto per le opinioni altrui )mi sembra fatta entrare in discussione come il famoso "asino con tutta la coda". Devo dire invece che Lombardo Vallauri , sembra argomentare con ben altra finezza e conoscenza dei principi delle scienze biologiche, unendo alle sue osservazioni scientifiche una stimolante "meraviglia" filosofica. Concludo: ben vengano lo scienziato che si metta a filosofeggiare , o il teologo ed il filosofo che argomentano scientificamente , ma non abbiano la pretesa che, da un campo di indagine proprio e che padroneggiano, ex ergo possano sempre e con sicumera trarre conclusioni anche in altri campi di studio e ricerca (vedi Mancuso). Forse sarebbe meglio iniziare sempre con il dubbio e finire con altri dubbi.

Francesco Vitale ha detto...

Scienza e filosofia possono avere molte cose in comune, ma soprattutto possiedono due campi di non-sovrapponibilità (uno per parte).
Ove impera la filosofia è il campo della ragione e della speculazione, in grado di produrre acute dimostrazioni o elaborazioni fondate su pochi, ma (quasi) indiscutibili principi di logicità.
Ove impera la scienza, è il campo del dato sperimentale e della matematica: classicamente si pensa che matematica e sperimentazione non possano essere arbitrarie.
In pochi casi si arriva anche a trovare un ulteriore campo di parziale sovrapposizione tra le due discipline, un tantino più “ardito”. Ad esempio quando si deve constatare che la sola presenza dell’essere umano influenza i risultati degli esperimenti quantistici, oppure quando la Teoria delle Stringhe (verificata qualora si potesse sperimentare attraverso tecnologie, attualmente impossibili) giunge a dimostrare, con tanto di equazioni differenziali formalmente corrette, la possibilità del viaggio nel tempo e l’esistenza di altre dimensioni parallele alla nostra, tanto “reali” quanto sconosciute. E questo è ancora scienza, è un insieme di dati.

Ma ove la ricerca scientifica si ferma, lì comincia il campo dell’interpretazione, della lettura. L’interpretazione è libera ed accessibile a tutti. Proprio perché non sicura, è una possibilità omni-praticabile e per questo interessantissima. Non è esclusiva della filosofia, ma ne è un pezzo forte. Se tutte le interpretazioni del mondo possano essere considerate forzature, io non lo so. Ma l’importante sarebbe che il ricercatore, come lo scrittore, il filosofo, o il medico, o il politico, avessero l’onestà intellettuale di dichiarare dove finisce il dato certo, e dove comincia l’interpretazione. Si verifica invece che la maggior parte delle interpretazioni vengano diffuse come verità acquisita. Allora non è facile distinguere. D'altra parte, si verifica anche che la critica (filosofica o meno) non sempre nasce dall’aver scovato un "interpretatore non dichiarato": a volte può scaturire da una limitata conoscenza della materia trattata da parte di chi critica.

Io preferisco una terza via: per me l'interpretazione è un modo utile di superare il dubbio: personalmente non accetto che le incertezze possano evere la parola "fine" sulla mia vita, né di considerarle un ostacolo insuperabile. Per me "E'" la funzione di quella filosofia che mi piace di più, essendo io un "non-professionista" del pensiero.
Io non ho letto il libro di Mancuso né mai, credo, ne avrò la possibilità, dati i miei tempi cortissimi sulle mille cose che ho da fare.
Però conosco in generale questo tipo di interpretazioni, perché negli ultimi 10 anni ne ho già sentite molte, e piuttosto simili tra loro. Per quel che ho capito dal resoconto di Pietro, si tratta probabilmente di una visione, o interpretazione, di matrice per così dire neo-spiritualistica (Alberto la chiama newage), che tenta di collegare le ultime scoperte della fisica subatomica, o della biologia molecolare, ecc., con ciò che potrebbe essere l’attività della coscienza, del pensiero, dell’anima. Si scopre che il sogno di “dimostrare” l’esistenza di dio e dell’anima, come la pluridimensionalità dell’Essere, è ancora covato nell'intimo di molti pensatori e ricercatori.

Ipotesi suggestive, ma che attualmente risultano non dimostrate, almeno da un punto di vista strettamente scientifico. L’uso arbitrario del concetto di energia, di cui parla Gianni Rigamonti, (secondo la citazione di Pietro, contenuta in un suo recente commento) non è per me un salto da evitare in quanto tale: potrebbe essere visto come una delle tante, possibili interpretazioni filosofiche della vita e delle sue manifestazioni.
Voglio dire: non è scontato che sia una interferenza, impossibile o improponibile all’interno di un campo meramente scientifico. Il perché lo spiegherò meglio in una prossima nota.