venerdì 2 maggio 2008

L'anima e la sua costituzione

Resta centrale nel bel libro di Vito Mancuso il discorso riguardo alla natura dell'anima ( se c'è ). Preferisco pensare all'anima come a qualcosa che, comunque ,( se davvero persiste oltre la morte ) rimanga oltre ogni nostra discussione. Un quid di sostanziale che soddisfi la nostra pretesa ( illusoria ? ) di immortalità. Certo lo studio degli antichi insediamenti abitativi , in specie delle necropoli antiche , indica la assoluta certezza dei nostri avi riguardo la presenza di un mondo dell'al di là , altrettanto corposo e vivace di quello mondano. Il ritrovamento di suppellettili , monili , scodellame vario et al. delle decorazioni funerarie , sembra essere un ( infantile ? ) desiderio di vivere oltre il tempo , al di là del tempo e vivere concretamente , non solo in spirito. Se l'aspirazione dell'uomo ( forse di ogni uomo benchè ci sia chi vagheggi la morte come annichilimento totale ) sia fondata non lo so . Certo non credo sia un discorso meramente razionale a giustificare una tale aspirazione . Semmai è tutto l'uomo , anche nelle sue corde più nascoste e irrazionali , che nel proprio " cuore " può desiderare di non morire mai. C'è pure chi , stufo della vita e delle sue sofferenze , dell'anima non vuol proprio sentire parlare. Comunque credo che un tal discorso teologico possa avere per reale fondamento soprattutto la fede, o anche una fede naturale e primigenia molto lontana dal solo e puro argomentare razionale e filosofico o teologico. Del resto molta gente umile e semplice crede in Dio ( gente guarda caso preferita dal Gesù evangelico ) senza alcuna argomentazione logica. Noi che ci dilettiamo di filosofia e dei bei ragionamenti, possiamo dire che sia "plausibile " sia che l'uomo abbia un anima, sia che ci sia un Dio Personale ( vedi Mancuso ). In tal caso è come se levassimo un ostacolo alla vita di fede , cioè è come se dicessimo che non è "irrazionale" il credere , e che se qualcuno arriva alla fede , non va contra rationem. Nello stesso tempo però la "plausibilità" del credere non è mai certezza matematica , ma " possibilità dell'intelletto ", o , se si vuole , "argomentare ardito ma non impossibile ". Inoltre , a me pare che Mancuso , nel suo voler privilegiare l'analisi razionale sull'esistenza di Dio e dell'anima , trascuri che si possa arrivare alla fede anche e sopratutto per la "testimonianza " dei maestri di spiritualità , di quelle figure cioè che "incantano" per esemplarità di vita; si pensi ad alcuni come Gandhi , o a un San Giovanni della Croce, o a Giovanni l'evangelista , o ( la dico grossa ) a chi fa i "miracoli " , cioè rende "visibile" il soprannaturale e lo fa così conoscere. Primo fra tutti lo stesso Gesù dei vangeli.

3 commenti:

armando caccamo ha detto...

Ottimo intervento di Alberto che mi spinge a dire la mia.
Considerato che siamo in un blog di filosofia per non filosofi e quindi, mettendo da parte le “ragioni del cuore”, mi servo delle ragioni della Ragione per dire che è nel passaggio dall’homo erectus all’homo sapiens che, grazie all’avvento dell’io consapevole, l’uomo ha avuto la paura della morte che potrebbe essere alla base di tutto il processo che conduce all’esigenza dell’anima , alla sua immortalità e all’esigenza di un dio necessario. Infatti pensiamo ai nostri sentimenti, emozioni, idee, esperienze, ricordi, desideri di socialità che presuppongono regole, valori (la morale insomma) e tutto questo “a perdere”, c’è da impazzire! E l’io non lo permette, non vogliamo rinunciare alla nostra individualità. Ora, il punto sta a mio avviso in questo: a tutto ciò si può credere se, nella catena evolutiva della Natura (Universo), l’avvento dell’Io consapevole è frutto di una finalità misteriosa (divina) che non può allora prescindere da tutte le conseguenze sopra dette. C’è da chiedersi: è la consapevolezza dell’io e la paura della morte (e quindi l’esistenza di un’anima immortale) che ha generato l’esigenza di un dio personale (almeno in occidente) o viceversa?
Una cosa per me è certa ci sono credenti e non credenti (badate non atei, perché la speranza nell’immortalità almeno in punto di morte dicono che è una costante) e la discriminante è solo l’adesione o meno a un atto di fiducia (fede) e questo è appannaggio delle “ragioni del cuore” e quindi sono d’accordo con Alberto.
Il tentativo di Mancuso è quello di razionalizzare quest’ultimo passaggio: ottima l’intenzione, un po’ forzato il risultato.
Armando Caccamo

pietro spalla ha detto...

Un tale (non mi ricordo chi) ha scritto: Noi non diciamo che abbiamo fede nella forza di gravità, perchè la sperimenmtiamo, ci è evidente. Se diciamo che abbiamo fede in qualcosa, confessimao che ci sfugge, che forse non esiste neppure. Certo, l'intuizione, la fantasia, l'ispirazione sono forme di conoscenza importanti ed anche la fede intesa come fiducia, tutte insieme ci possono dare l'apertura necessaria per sospettare che il visibile può essere segno di qualcosa che si cela e per indagarla. Ma devo partire pur sempre da percezioni, da cose sensibili, dall'esperienza e dalla coscienza di essere una persona. Ed a tale ultimo riguardo sono d'accordo con Mancuso: io partirei proprio dalla esperienza di noi stessi. E userei, come fa Mancuso, anche il pensiero logico che già ci fa sospettare che qualcosa non quadra nei discorsi dei materialisti: com'è possibile (seguo il ragionamento di Mancuso) che Forze Cosmiche inconsapevoli ed impersonali abbiamo generato "persone" autocoscienti che (modestia a parte)possono fare risuonare dentro di loro l'"IO sono"? Può qualcosa generare un'altra se non la contiene "in nuce"? E se esiste un'Entità Personale da cui le nostre persone hanno avuto origine, non è proprio naturale che siamo tutti partecipi - almeno come "possibilità" - deil'essenza di tale Entità Personale da cui deriviamo e, quindi, anche della sua immortalità? (ma ci dev'essere un errore nascosto in questo ragionamento, non è possibile che abbiamo scopertto così facilmente, solo con queste poche cenette, il segreto dell'esistenza.).
Pietro

alberto.spatola ha detto...

Sono d'accordo con ciò che afferma Pietro ed in particolare sulla "plausibilità" che la realtà "Personale" dell'Uomo derivi da una Persona creatrice che è Dio. Qualcosa del genere c'è nel discorso di San Tommaso sulle famose 5 vie. Tommaso dice infatti che il " più non viene dal meno " , onde per cui non può essere che la realtà Personale dell'uomo provenga solo dal mondo inanimato e non da un Dio altrettanto Personale. Solo che l'argomentazione tomistica è di quelle "plausibili" , cioè ragionevoli. In sostanza non è che "si dimostri " l'esistenza di Dio in modo apodittico o cogente.
Questo perchè l'argomentare che il "più non viene dal meno ",cioè che una realtà "personale " non si spieghi solo a partire da una realtà materiale, non è un argomentare inconfutabile , che non ammette controprova . Ciò, perchè, non è semplicemente possibile farci degli esperimenti su , usare cioè metodologie simili a quelle della ricerca scientifica. Dio non lo si dimostra in laboratorio. La stessa forza della logica su argomenti del genere , crolla fragorosamente quando ci si trovi a spiegare l'origine del Male ( se Dio ha creato l'uomo , perchè ha permesso il Male ?) Per cui l'argomento relativo all'esistenza dell'anima e di Dio , diventa giocoforza un argomento che riguarda la complessità dell'essere umano. Sono coinvolte le emozioni, il desiderio di non morire , le testimonianze ( esistenziali e storiche ) della vita di fede ed anche ( si badi non "solo ", ma "anche") la plausibilità dell'argomentare logico ( tipo il ragionamento di Pietro e di Tommaso ). Tuttavia alla fine di ogni ammissione di Dio e dell'anima , permangono molti temi circondati dall'alone del Mistero e della incomprensibilità ( si ricordi il tema del sacrificio di Isacco ed il credo quia absurdum )