martedì 3 febbraio 2009

Il caso Englaro

In attesa che Socrate (il consulente filosofico arrestato ad Atene) venga liberato, sia pur su cauzione, provo a ravvivare l'interesse per questo Blog , chiosando un pò sul caso Englaro. Perchè una vicenda così intima , straziente e privata è diventata un polpettone mediatico così esteso nei media ? Non sarebbe una vicenda cui può partecipare di diritto e principalmente chi la vive in prima persona ? ( escludo Eluana perchè non è più in grado di partecipare)- ma certamente è giusto che esprima un parere decisivo chi vive la vicenda da dentro e quindi la famiglia. A che titolo io o tu possiamo esprimere un parere decisivo ? A questa prima domanda una parziale risposta può darsi a favore solo di un parere espresso anche da chi gestisce il Servizio Sanitario Nazionale, dagli operatori coinvolti sino al Ministro del Welfare. Questo perchè occorre una struttura sanitaria per porre fine ai giorni di vita di Eluana. E' giusto allora che anche chi sia coinvolto per ragioni professionali dia un proprio parere in quanto parte in causa sia pur per ragioni professionali. Si pone allora lo spinoso problema se staccare la spina di apparecchiature complesse quali sono quelle dei reparti di rianimazione sia etico oppure no. A mio modesto avviso per pronunziarsi sugli aspetti etici di questa operazione ( il distacco della energia elettrica dall'apparecchio tipo polmone di acciaio ) non pone problemi bioetici qualora sia venuta meno ciò che gli antichi trattati di medicina legale definivano "vita". Tali trattati , che non cito per non appesantire l'intervento, definivano il fenomeno vita come caratterizzato dalla persistenza del cd. " tripode vitale " , cioè della triade formata dal battito cardiaco, dagli atti della respirazione e dalla coscienza. Il caso di Eluana si complica perchè persistono (artificialmente) battito e respiro, in assenza di coscienza. Ma per capire che staccare la spina in questo caso non è eutanasia , ma solo il por fine ad una sorta di luciferino accanimento terapeutico, basta osservare che se non ci fossero le complicate macchine moderne , Eluana potrebbe (teoricamente ) sopravvivere solo se un ipotetico rianimatore instancabile stesse per anni ed anni di seguito a manovrare con l'Ambu.
Per chi non lo sapesse l'Ambu è quella sorta di pallone ovalare che i rianimatori usano per "ventilare" il paziente che ha difficoltà respiratorie. Praticamente la medicina è vittima dei suoi progressi ed avendo trovato un Ambu meccanico ed artificiale si pone il falso problema se sia giusto cessare di farlo funzionare quando il/la paziente non "si risveglia " più . Non ci vuole molto a capire che dopo un ragionevole lasso di tempo, che si può anche definire , che può essere anche di alcuni giorni, di fronte ad un elettroencefalogramma piatto non ha più alcun senso mantenere in vita una persona "artificialmente". Oltretutto l'apparente atto di bontà o pietas nei confronti del paziente che si vuol rianimare ma non si risveglia , costa energie e risorse strappate ingiustamente a tanti altri pazienti che potrebbero salvarsi e che non trovano posto in rianimazione . E chi lavora nel campo ospedaliero sa quante volte ciò accade. Quindi per me il caso Englaro non è un caso di eutanasia , ma di accanimento terapeutico.
Altra cosa è tuttavia il caso di chi vive una vita di sofferenze e privazioni e opti per l'eutanasia. Anche qui c'è una sofferenza intensa e che tocca per primo chi la vive, ( vedi ad es. il caso Welby ), ma non può dirsi che sia già cessata la vita del soggetto che la vive tra tante difficoltà. Quindi interrompere l'alimentazione elettrica ad apparecchiature particolari di supporto non rappresenta in questo caso un cessare l'accanimento terapeutico, ma una opzione nei confronti dell'eutanasia. Cosa fare in questi casi ? Chi decide ? Chi ha diritto a parlare ? Anche qui la prima parola va data a chi vive il problema e del resto tutta la legislazione sul c.d. "consenso informato" va in questo senso. Faccio un esempio chiarificatore : se un paziente oncologico viene posto di fronte alla scelta chemioterapia si o no , e rifiuta fa una scelta eutanasica ? Credo proprio di no perchè di fronte ad un male ineluttabile si può decidere di non soffrire ulteriormente con cure che alla fin fine possono essere solo palliative. Gli altri operatori che hanno diritto di parola sono di nuovo gli operatori sanitari che obtorto collo possono essere chiamati in causa ad operare in un senso o nell'altro. La mia considerazione è questa : vista la pluralità di pareri dello stato laico e di tutti, si dovrebbe dare la possibilità di astenersi a quegli operatori che non vogliono comunque partecipare ad un atto " terminale " di fine della vita , permettendogli l'obiezione di coscienza. Altresì la c.d eutanasia dovrebbe permettersi solo quando condizioni di vita oramai solamente artificiali non possono più permettere una ripresa autonoma del tripode vitale. Ma tale possibilità dovrebbe comunque prevedere anche la scelta di vivere di chi si trova in condizioni simili. Faccio un esempio : ci sono pazienti che da decenni vivono dentro un polmone di acciaio perchè autonomamente non respirerebbero più. Sono anche coscienti. Vogliono continuare a vivere . Chi ha il coraggio di dirgli che devono morire ? Nella stessa condizione ci può essere chi come Welby non ne può più . Chi può dargli torto ? Uno stato laico e di tutti, deve tener conto di tali diversità di vedute e non può imporre visioni del mondo ad alcuno, nè in un senso nè nell'altro, sia pur lasciando al dialogo ed al dibattito la possibilità a tutti di esprimersi.
Alberto Spatola

22 commenti:

pietro spalla ha detto...

Bersani, in un bell'articolo di repubblica, a proposito dell'artifizio con cui si mantiene in (parvenza di) vita la Englaro, scriveva: e se domani la scienza scoprisse un'altra tecnica, invece dell'alimentazione forzata, tipo un frullatore che fa girare vorticosamente il paziente per non farlo morire, ci sarà chi proporrà di rendere obbligatorio il frullaggio ad alta velocità?
Pietro

Anonimo ha detto...

Apprezzo l'oratoria fluida e la disamina critica e mi affianco alla posizione di Eluana e padre. Mi domando: perchè, non si uccide forse anche un vegetake, non si parla di sterminio di foreste per un selvaggio disboscamento, di deturpazione e morte di un paesaggio per una cava di pietra, di smania di onnipotenza degli scienziati che scavano nelle particelle della natura?
Chiederei sostegno a Fucillo di News 24 che stamattina riprendeva il concetto di laicità del pensiero differenziandolo dal pensiero della chiesa in quanto garante della libertà anche di un pensiero diverso, appunto come quello universalmente cattolico che
appiatisce sulla univocità
Allora si al rifiuto della cura e alla ricerca della scienza per l' uomo e grande apertura alle coscienze altre maria ales

armando caccamo ha detto...

vi parlo da figlio che, in occasione della perdita dei suoi genitori, in tutti e due i casi ha acconsentito, d'accordo con i medici, di interrompere l'accanimento terapeutico (i miei genitori si trovavano con l'ecg piatto). Non c'è dubbio che mi porterò sempre dentro ciò che ho provato in quei momenti.....dubbi, il peso di responsabilità, sofferenza indicibile....ma mai, dico mai, ho avuto rimorsi e in analoghi casi mi comporterei nella stessa maniera!.....ma quelle volte a decidere eravamo il medico ed io soltanto e non media, chiese, politica e cortili vari....

armando caccamo ha detto...

dimenticavo.....è sbagliato da parte del padre di Eluana aver scelto di farne un simbolo civile per tutti coloro che verranno? .....per me è solo da rispettare e ammirare!

alberto.spatola ha detto...

Il problema bioetico della eutanasia , si o no, è l'eterno problema del valore della sofferenza. Per alcuni , in genere credenti , la sofferenza ha sempre un valore e questa consapevolezza aiuta a sopportare le tante vie crucis dell'esistenza. Per altri la sofferenza è comunque inutile e vana e se diventa ineludibile mina alla base la possibilità di esistere. Lo stato ed i suoi ordinamenti dovrebbero tenere conto di entrambe le possibilità con le relative opzioni. Devo dire però che nel caso delle malattie psichiche tale atteggiamento permissivo non dovrebbe portare all'aumento dei suicidi.

armando caccamo ha detto...

secondo me bisogna sempre distinguere fra eutanasia (scelta di morire nell'ultima fase della vita con sicura prospettiva di sofferenze indicibili) e il caso di interruzione dell'accanimento terapeutico (somministrazione di medicamenti e/o uso di attrezzature in un paziente, con danni patologici irreversibili, che non potrebbe vivere senza quei presidi). Poi c'è il caso della Englaro che sta a cavallo dei due aspetti e che implica oltre che aspetti di bioetica anche e soprattutto ciò che la Scienza considera come "morte dell'individuo" e pensiamo a ciò che succede dentro le mura delle rianimazioni e al riparo da occhi e orecchie indiscreti quando si devono espiantare degli organi....ma già lì i media, le chiese e gli interesi politici sono latitanti.....insomma è tutta una buffonata....

alberto.spatola ha detto...

In effetti sembra che certe questioni diventino questioni di bandiera ed appartenenza. Anzichè ragionare si decide secondo le appartenenze e gli schieramenti ideologici. E poi l'eterno problema dell'ordinamento giuridico dello stato laico: le leggi le fanno gli uomini e se le mentalità di questi ultimi cambiano, anche i codici cambieranno. Per cui l'unico vero compito del cittadino con credenze varie o ragioni particolari è di proporle al pubblico dibattito, ammettendo la possibilità di cambiare il proprio parere o di indurre il cambiamento negli altri.

Maria D'Asaro ha detto...

"pensiamo a ciò che succede dentro le mura delle rianimazioni e al riparo da occhi e orecchie indiscreti quando si devono espiantare degli organi....ma già lì i media, le chiese e gli interesi politici sono latitanti....." sottolinea Armando;

mentre Alberto evidenzia che
"In effetti sembra che certe questioni diventino questioni di bandiera ed appartenenza. Anzichè ragionare si decide secondo le appartenenze e gli schieramenti ideologici."
Mi sembra che entrambe le considerazioni siano fondamentali. Le condivido.
ciao
mari das

Francesco Vitale ha detto...

E' molto chiaro che la montatura creata dai media abbia interessi nel manipolare l'orientamento della pubblica opinione. Il Padre di Eluana ha accettato la sfida. Se gli fosse stata a cuore soltanto la terminazione della figlia l'avrebbe già fatta all'estero, senza farsi notare. Secondo me fa bene a mostrare questo coraggio, contro l'arroganza delle istituzioni italiane, che tutto sono tranne che laiche. Se lui vince, molte persone saranno sempre più preoccupate: lo sono già tanto, perchè vedono i propri luoghi pubblici svuotarsi sempre più. I timori non sono della gente comune, ma da parte di uomini di potere, interessati a mantenere quell'ordine (poi sovvertito) che la breccia di Porta Pia aveva tentato di stabilire.
Per contro, il Premier non potrà più dire che la magistratura è di sinistra, visto che tanta parte di questa obbedisce ai suoi comandi.
Ora tocca alla procura di Udine.

alberto.spatola ha detto...

Riporto dal portale di Libero:

"Benedetto XVI ha voluto riaffermare "con vigore" "l'assoluta e suprema dignità di ogni vita umana", anche "quando è debole e avvolta nel mistero della sofferenza". Di ciò il Papa parla nel messaggio per la 17/esima Giornata Mondiale del Malato, in programma per l'11 febbraio. Nel testo Ratzinger,tuttavia, non fa alcune riferimento esplicito all'eutanasia o alla vicenda di Eluana Englaro.
"Occorre affermare infatti con vigore l'assoluta e suprema dignità di ogni vita umana", ha detto il Papa. "Non muta, con il trascorrere dei tempi, l'insegnamento che la Chiesa incessantemente proclama: la vita umana è bella e va vissuta in pienezza anche quando è debole ed avvolta dal mistero della sofferenza", ha aggiunto."

Mi dichiaro, da credente ma anche come uomo libero, completamente d'accordo. Faccio notare tuttavia che lo stesso Papa non dice che il caso di Eluana sia un caso di eutanasia e non di mero accanimento terapeutico. E ricordo anche che lo stesso Giovanni Paolo II, addirittura, mi risulta aver rifiutato il ricovero al Policlinico Gemelli durante la fase terminale della sua malattia, in quanto le cure erano inutili e solo palliative. Pertanto la rappresentazione pietistica di chi come Berlusconi dice che da padre non sospenderebbe l'alimentazione artificiale , appare artificiosa e strumentale. Ed anche la CEI farebbe bene a distinguere l'accanimento terapeutico dalla eutanasia. Cosa che non fa nel caso di Eluana.

Francesco Palazzo ha detto...

Ciò che resta da capire, l'ho già scritto altrove, è questa concezione, disperante e disperata, della morte che hanno i cattolici. Ma non credono alla vita eterna, all'aldilà, alla resurrezione dei corpi? Dovrebbero darci lezioni di serenità di fronte alle fine e invece strepitano, certo non tutti, a più non posso. Ma non è che fanno solo finta di avere solide certezze sul dopo e sono invece più persi di chi non ha presupposti di fede e pensa che la vita finisce qui, punto e basta?

armando caccamo ha detto...

francesco, penso che tu abbia ragione ma quì la questione non è il significato della morte.....ma quando la vita è....fino a che condizioni si può chiamare ancora vita una vita e se l'anima, nelle condizioni di Eluana, per un credente, possa essere umiliata a restare prigioniera di un corpo che ha annullata la persona che era (se persona è l'insieme di corpo e anima con la sua indispensabile consapevolezza) e grazie ad Alberto per aver ricordato le ultime volontà di Giovanni Paolo II

alberto.spatola ha detto...

A me piacerebbe che venissero fuori anche i cattolici che non la pensano come Mons. Bagnasco. Ricordo poi a Francesco che il suo omonimo San Francesco parlava di
"sorella morte" in termini ben diversi da quelli di un uomo impaurito:

"Sii lodato, mio Signore, per quelli che perdonano in nome del tuo amore, | e sopportano malattie e affanni. | Beati quelli che li sopporteranno serenamente, | poiché da te, Altissimo, saranno incoronati. || Sii lodato, mio Signore, per la nostra sorella morte corporale, | dalla quale nessun uomo può fuggire."

La morte per i cristiani, (e non solo direi i cristiani, ma anche per i fedeli di altre religioni )è comunque il "dies natalis", il giorno in cui l'anima individuale si riunisce, per il credente,al suo Creatore.

Consiglio la lettura inoltre di un libro di Bowker John, "la morte nelle religioni " , che esamina come nelle varie r. i credenti si atteggiano nei confronti della morte.

Particolarmente l'autore contesta la critica Marxiana e Freudiana secondo i quali le religioni ( per M. "oppio dei popoli") nascono dalla paura della morte, e per il desiderio di "immortalità".

Quindi anche il tema del "ritorno alla casa del Padre" , tema biblico e veterotestamentario, oltre che neotestamentario, ci aiuta a capire che non c'è nulla di male a "permettere" il ricongiungimento dello spirito di Eluana con il suo Creatore, in quanto non ci sono più indizi che El. debba risollevarsi dal letto di morte in cui si trova.

Neppure la presunzione di un possibile miracolo, che può farci interrogare sulla vera volontà del Dio in cui crediamo ( Eluana potrebbe essere ipoteticamente miracolata,) giustifica la persistenza in vita della ragazza, in quanto i tempi sono ormai maturi
e se il buon Dio l'avesse voluta "rianimare" l'avrebbe già fatto tanto tempo fa.

Francesco Vitale ha detto...

I primi commenti a questo articolo mi sono sembrati più equilibrati; gli ultimi invece li trovo indisponenti. Non vi è nulla di filosofico, ma solo presunte accuse e presunte difese. Mi spiace di aver sollevato un vespaio, se alcuni si trovano solecitati a difendere l'operato del papa. Però mi conforta il pensiero che un giorno saranno resi pubblici tutti i percorsi storici che ha fatto la chiesa cattolica di Roma dalla morte di Cristo a oggi. Lo sono già adesso, ma solo il ricercatore è in grado di andare a prendersi le verità rubate, oppure occultate.
Io continuo a rimaner convinto sul fatto che filosofia e religione non possono andar d'accordo. Tutti i più grandi filosofi (almeno per me) son vissuti prima dell'avvento delle grandi religioni o hano avuto la capacità di tenersi fuori dai grandi pasticci che le religioni stesse hanno apportato nel pensiero umano.
La filosofia si scontra col dogma di fede, è incompatibile.
Nel caso Englaro per me non è questione di vita o di morte: il semplice fatto che un padre non possa decidere da solo e con i propri cari quale decisione prendere in casi come questi, la dice lunga. Se Luana fosse vissuta in uno stato distante da Roma e dal vaticano, non avrebbe avuto alcun problema a spegnersi serenamente. Qui invece la gente (chissà perché) si chiede se e come e quando uno possa essere dichiarato vivo o morto. Che se lo chieda, è ok, ma che intervenga, no!
Solo i cattolici sono andati a protestare davanti alla casa di cura di Udine, dicendo che si trattava di un assassinio. Siamo talmente ingenui da pensare che qualcuno non abbia suggerito loro di andarci?
Non viviamo in uno stato laico: é una cosa talmente evidente che non la si può nascondere. Ma prepariamoci: sono convinto che presto saremo liberi. Dopo divorzio ed aborto, prsto toccherà all'eutanasia. Così tutto il resto apparterrà solo alle scelte individuali: i cattolici sceglieranno come meglio credono per loro, e non per tutti. E così la smetteranno di sentirsi investiti da dio verso una missione globale che secondo me, (per fortuna!) mai gli riuscirà. Altrimenti dopo due millenni gli sarebbe già riuscita.
La chiesa cattolica sarebbe stata niente, senza l'impero Romano. E, molto più avanti, sarebbe stata niente senza la Spagna e senza l'inquisizione. Anche il sangue, è stato dimenticato, e molta gente oggi crede in una lieta novella solo perchè non ha visto nè sentito (gli schizzi e le urla). Meditiamo, gente, meditiamo.
Oggi il Vaticano è pienamente un erede di tutto ciò, anche degli ori e delle opere d'arte: perciò io non credo ad una parola di quello che dicono, e sono molto guardingo da quel che fanno. Mi spiace per i milioni cristiani in buona fede, perchè se portassero la loro energia altrove il mondo farebbe in un istante un immenso salto evolutivo, sia fisico che spirituale. Per un po' ancora ci toccherà vedere sofferenza, che non è misteriosa, ma assolutamente palese.
Ah, una cosa: anch'io sono credente, ma non sono un credente universale (cioè cattolico) perchè l'universale del cosmo non può essere contenuto in una idea, in una corrente o in una fede. Ci sono tantissime fedi nel mondo, e sono tutte vere e tutte false. Credo allora che il rapporto tra uomo e divino vada costruito da caso a caso, e giorno per giorno, al di là del concetto di bene e di male.
Se io avessi il potere, non tenterei di obbligare il popolo a praticare i principi morali di una particolare religione o dottrina. Qualcuno invece l'ha già fatto molto spesso nella storia: già, a fil di spada. Come anche oggi, a fil di mass media e di controllo capillare del territorio e delle famiglie.

alberto.spatola ha detto...

Non penso che ci si debba indisporre.Semmai provare ad argomentare "amabilmente". Chiarito questo, nel mio articolo di fondo provo ad ipotizzare che lo stato in cui viviamo, (oramai solo una provincia del villaggio globale),possa essere lo stato di tutti. E' palese che su certe questioni di tipo morale non ci sarà mai un accordo plebiscitario, tranne forse alcuni caposaldi etici quali la condanna dell'omicidio, (tranne il caso della legittima difesa), la condanna della pedofilia, il rispetto della dignità personale etc etc. Rassegnamoci quindi tutti alla possibilità di pervenire ad accordi che in qualche modo rappresentino la sintesi delle forze culturali diverse in campo.
Guelfi e ghibellini ci sono stati e ci saranno sempre. Per ciò che riguarda poi la storia della chiesa e la libertà di fede, ognuno è libero di credere o non credere e se credere , credere come e in chi gli pare. Per me tuttavia la vera Chiesa è quella "dei poveri cristi", quella di Francesco d'Assisi, o del povero Lazzaro che marciva alla porta della casa dei ricchi banchettanti, quella di Madre Teresa, o dell'extracomunitario che sbarca sulla spiaggia di Lampedusa, anche quella di chi può ed è solidale con chi non può, insomma la chiesa dei poveri e degli umili e degli ultimi, se vuoi del Cristo in croce. Altre chiese per me, nel cristianesimo, a detta anche del suo fondatore, non ne possono esistere, poichè è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco pervenga al R. d. C.

armando caccamo ha detto...

credo che, forse per il periodo infelice che stiamo vivendo in Italia, certi freni razionali, che inducono al rispetto di ogni opinione e all'apertura al dialogo che non lascia spazio all'"indisponenza" ma semmai alla "sospensione del giudizio" (concetto inflazionato ormai nelle cenette), stiano vacillando. Che ci possano essere opinioni che ci agitano il cuore ok ma non sono d'accordo sul fatto che tali opinioni, se correttamente esposte, debbano annullare la ns. disponibilità ad ascoltare........

Francesco Vitale ha detto...

Questo blog "dovrebbe" avere una impronta filosofica, cioè incntrata sulla ricerca di conoscenza, di possibili verità o di cose che si approssimino ad esse. Per questo serve non solo disponibilità ma anche il partire da presupposti che portino a smontare, e poi semmai a rimontare, tutto quello che ci è stato detto nella nostra vita. Ciò per capire se funziona, oppure se è inventato, scoprendo poi da chi e perché . Certo che uno può continuare acredere in ciò che preferisce, ma non fa parte della speculazione. L'ho detto, filosofia e scienza, forse possono andare d'accordo, ma le prime due con la fede solo se e si tira per i capelli. La fede, qualunque essa sia, è molto lontana dalla verità, per il solo fatto che rappresenta la verità di qualcuno in un tempo ed in un contesto storico ben precisi. Allora, io non sono indisposto per principio, ma trovo indisponenti certi proclama se fatti qui, mentre potrei tranquillamente ascoltarli in un caffè. Io non credo che QUI interessi a nessuno ciò che dice il papa o la chiesa, perchè o sappiamo perfettamente,come interessa a pochissimi ciòche dice il dalai lama o qualunque altro capo religioso, perchè le loro sono verità indiscutibili.Qui si vuol discutere. Come tale possiamo parlare di qualunque argomento, compresa una fede, ma passandola ai raggi X, per vedere come è nata storicamente, come si è affermata , e come eventualmente è stata soppiantata da un'altra. In questo modo parliamo di una evoluzione del pensiero umano, altrimenti parliamo del manifesto del partito alfa, piuttosto che di quello beta, cercando semplicemente di far prevalere la nostra opinione su quella degli altri.
Questo purtroppo è un blog sempre più deserto, perché molti non hanno più piacere di contribuire e di dare dei binari alle disussioni, a partire dai fondatori. Mi spiace, ma lo trovo sempre meno interessante, e sempre più noioso.

alberto.spatola ha detto...

A me sembra che il Blog sia in ripresa e certo è un peccato che chi come F. vi partecipa spesso , si eclissi. Ma faccio presente che le questioni dei rapporti tra filosofia e fede, come anche tra filosofia e scienza, sono questioni tipicamente filosofiche, discusse dalla notte dei tempi in sedi filosofiche. Basti pensare a Galileo, o ad Agostino e Tommaso d'Aquino, o allo stesso Cartesio e persino a Voltaire ed il suo Candido, in cui anche le interrogazioni del protagonista a Panglos affrontano spesso questioni relative alla presunta Provvidenza Divina ed al mondo migliore possibile. Perchè poi voler sostenere, contro ogni evidenza, che necessariamente fede e filosofia o fede e scienza sono inconciliabili ? Semmai si può dire che, storicamente, il dialogo si è a volte interrotto e uno dei protagonisti ha tentato a volte di accoppare l'altro, ma questo nel peggiore dei casi. Nel migliore invece sono venute fuori, ad esempio, la Ratio et Fides di G.P. II o la Gaudium et Spes del CVII. Ma perchè essere così intolleranti e non voler concedere la possibilità anche ad uomini appartenenti a movimenti religiosi di pensarla filosoficamente in un modo o nell'altro?. Fra l'altro anche ciò che dice o scrive il Dalai Lama a me interessa moltissimo, ed ha rilevanza filosofica. E così pure per altre espressioni religiose. Insomma quella della esclusività filosofica, cui sarebbero estranei tutte le persone di fede mi sembra proprio una tesi peregrina. Manco i positivisti più incalliti hanno sostenuto una tal cosa

Francesco Vitale ha detto...

Mah, Alberto, cosa vuoi che ti dica. Se ti ostini a mettermi in bocca ciò che io non ho mai detto, è un conto. Se invece qui desideriamo parlare in modo filosofico, dovremmo semplicemente scegliere degli argomenti e poi sviscerarli con un certo metodo.
Ad esempio, la famosa " Ratio et Fides di G.P. II o la Gaudium et Spes del CVII", che forse pochi conoscono, la si può esaminare mettendola a confronto con tantissimie altre considerazioni, diverse od opposte. Questo è filosofeggiare. Se uno invece la propone in questo spazio da sola, lasciando intenderla come la migliore opinione che esiste, sta proponendo una dottrina di fede, o piuttosto una tipica modalità, attraverso cui determinati fedeli sono tenuti a credere, perchè accettano il loro papa come infallibile.
Cambia solo questa sottigliezza: nel metodo espositivo. Non vi è giusto o sbagliato e non vi è migliore o peggiore. Ciascuno sceglie ciò che considera il meglio, è ovvio. ma per scegliere bisogna prima conoscere: tutto. Anche a me interessa ciò che dice il D. Lama, ma perché mi interessa capire che differenza c'è tra le varie correnti buddiste, e le loro storie avolutiva. Mi interessa, ad esempio, capire il cristianesimo e come ha avuto origine, ma solo a patto che vengano prese in considerazione tutte le fonti, le versioni dei fatti, e le concezioni alternative a quella "ufficiale". Speculazione.
Per questo fede e filosofia sono inconciliabili, perchè adottano una direzione di metodo diametralmente opposta. In uno la verità è già data, e bisogna solo accettarla, nell'altro è da ricercare a 360°. Ciò non esclude che vi siano persone che, continuamente, adottano ora l'uno ora l'altro metodo: sono la maggior parte degli abitanti del pianeta. Il dialogo cui tu accenni, non è tra opposte fazioni, ma è dentro ciascuno di noi.
Se non avessimo la capacità di immaginare, di credere in qualcosa che non abbiamo mai visto, non vi sarebbe evoluzione: saremmo all'età della pietra, e riusciremmo a scorgere solo pietre e caverne. Il guaio della fede non è in sé stessa, ma è dentro di noi: se crediamo in qualcosa di fisso ed immutabile, anche noi diventiamo fissi ed immutabili, e quindi tendiamo a non evolverci. Ho detto "tendiamo", non ho detto "è impossibile".
Il guaio dell'approccio filosofico-scientifico odierno, sempre dentro di noi, è quello che ci porta a fidarci di noi solo come esseri senzienti (5 sensi, escludendo tutti gli altri) e razionali (calcolo, dunque sono).
Per fortuna abbiamo tutte queste capacità, è la magia che ciascuno può realizzare, per me, è quella di non fossilizzarsi.
Io chiuderei qui la questione, e la rilancerei su altri inerventi, che spero si allarghino ad altre persone.

alberto.spatola ha detto...

Si sono in buona parte d'accordo con F., anche se quando cito delle opere è chiaro che non mi posso mettere a commentarle per esteso, anche perchè questi sarebbero commenti alla vicenda Englaro e si rischia di andare fuori tema. Chiarisco anche che non ho alcuna propensione al dogmatismo, ed amo lo spirito di ricerca sia scientifico, che filosofico che teologico. Ricordo anche che nella Fides et Ratio, opera con alcuni punti per me ancora poco chiari, tuttavia c'è una interessante apertura alla ermeneutica ed al pensare moderno. Ma, accolgo l'invito di F. a dare la parola ad altri, anche su altri argomenti, visto che, nel bene o nel male, la vicenda Englaro si è (per fortuna) conclusa. Mi rallegra infine la permanenza di F. nel Blog con i suoi pareri, consensi e dissensi.

armando caccamo ha detto...

Francesco, Alberto

Io credo che un dialogo (filosofico e non) a due o più persone per essere tale e creare valore deve sottostare a certe condizioni e qui cerco di sintetizzarne alcune:

•Si deve accettare il tema e condividerlo, restando nello stesso.
•È auspicabile che ci sia la disposizione ad accettare qualsiasi argomentazione (l’alternativa è uscire dalla discussione).
•L’argomentazione può (e forse deve) non essere esaustiva (tesi) altrimenti diventa una conferenza, deve solo essere motivata razionalmente.
•Chi dibatte può portare argomenti a favore o a sfavore delle tesi precedenti ampliando così i riferimenti e contribuendo a creare valore aggiunto al dibattito stesso.
•Non è consigliabile sottolineare lacune nelle esposizioni altrui ma individuarle semmai e colmarle con nuovi contenuti (eleganza nello stile del dibattere).
•Non determinare a priori le aspettative perché in genere si rimane delusi ma trarre poi le conclusioni (una di queste, ma non la più auspicabile, potrebbe essere abbandonare in futuro il tavolo degli interlocutori)…….. che di solito però consistono in un arricchimento del proprio punto di vista.

Scusate, non voglio fare il Pierino della situazione, voglio testimoniare e condividere solo ciò che un mio maestro mi ha insegnato…….

Poi a Francesco dico: non ci sono, secodo me, aspetti del sapere inconciliabili....scienza, filosofia, religione e altro...possono e devono convivere in discussione , l'importante che ciò che si dice abbia un costrutto e una motivazione razionalizzante (per es.la teologia fa questo).
Con stima, Armando

Francesco Palazzo ha detto...

Penso che sul tema in questione, a partire dal post di Alberto, si sia dipanata una discussione interessante. Ognuno di noi, nell'esporre le proprie idee ha dei putni di riferimento più o meno fissi, è inutile negarlo. Che siamo una fede in qualcosa, la razionalità o qualcos'altro, poco importa. L'importante è che gli strumenti di lavoro siano utilizzati per aprire strade, raggiungere nuove e consapevoli dimensioni conoscitive e non per chiudere discussioni o imporre agli altri il proprio punto di vista. Credo che se ciò accade nessun aspetto della vita è incompatibile con la filosofia e la scienza. Certo, una fede senza ragioni convive difficilmente con la filosofia. Ma anche una filosofia che non sa accogliere le autentiche dimensioni esistenziali, pure quelle fondate sui libri sacri, non può, a mio parere, chiamarsi tale.