martedì 17 giugno 2008

Last minutes to paradise

Abbiamo concluso finalmente la discussione sul buon Vito Mancuso, su temi che hanno scaldato gli animi e diviso i cenacolanti in pro e contra "L'anima ed il suo destino ". C'è stato pure chi ha simpaticamente proposto uno scrutinio palese a fine cenacolo, forse influenzato dalle concomitanti competizioni elettorali. Sarà anche che sui temi mistici e teologici , si creano sempre , come in passato, acerrime fazioni , e allora... dagli all'eretico ed all'antieretico. Probabilmente i nostri avi cenacolanti dell'alto medioevo avrebbero preparato la pira e non ci avrebbero pensato due volte a bruciacchiare il povero Vito, ma , per fortuna,viviamo in tempi più liberali e tolleranti, tali da permettere, almeno, una discussione civile e serena. Vorrei però, prima di lasciare nell'oblio il tema trattato, considerare, da credente,a volte un pò scettico , se dopo la lettura del libro di Vito, l'accesso al Paradiso , nell'ottica del credente , sia più facile o difficile. Leggendo il libro di Mancuso si ha la sensazione che per spiritualizzare l'anima occorra tutto un lavoro che è anche culturale e di preparazione , anche sul piano della bontà morale, e che non tutti se lo possano permettere. A questo proposito Pietro suggeriva anche la possibilità di più vite per raggiungere lo scopo. E' come se , per il credente colto e preparato fosse più facile accedere alle alte sfere della bontà divina e paradisiaca. Ora, già viviamo in una società che fa dell'esclusione e della raccomandazione le basi principali per riuscire in qualche modo a sopravvivere, se pure l'accesso al Paradiso diventa un fenomeno di elitè , che speranza ha il povero credente di consolarsi almeno con l'idea che un giorno tutto sarà chiarito e sarà fatta giustizia ? Preferisco pensare che l'andata in Paradiso ( se c'è ) sia facile facile , come un biglietto last minute , a basso costo, necessariamente scontato e popolare. Ho fatto l'esempio , durante la cena , del buon ladrone sul Golgota che , sulla semplice base dell'accettazione di una idea di giustizia (nel caso specifico data dal riconoscimento di un giusto castigo) , senza neppure la V elementare , sembra accedere al Paradiso grazie alla fede nella promessa che gli fa Gesù morente sulla croce ("oggi stesso sarai con me in Paradiso"). Insomma il ladrone verosimilmente incolto e rozzo su un semplice atto di fede e di giustizia si guadagna il Paradiso . Sarà che gli intellettuali hanno perso il contatto con le realtà più semplici ed umili ? E poi che piacere c'è nell'escludere la corporeità dall'idea di resurrezzione e del paradiso ? Una concezione così ascetica e platonizzante del Paradiso,contrasta con secoli di storia del cristianesimo, non solo cattolico ,ma anche riformato. Anche qui , con tutto il rispetto per Platone , mi sembra che la concezione mancusiana del paradiso sia un pò troppo nell'Iperuranio.
Ed ora comunque stop con V.M.

5 commenti:

pietro spalla ha detto...

Non è che penso che per andare in paradiso ci voglia la patente o un qualche attestato meritocratico di tipo burocratico nè che anche nell'aldilà ci sia spazio per metodi clientelari e furbate varie, però la beatitudine eterna assicurata a tutti per il solo fatto di esistere mi pare una cosa da servizio sanitario nazionale, da sei politico, da stato sociale: in campo spiritutale più che all'uguaglianza credo alle pari opportunità ed alla responsabilità (di lavorare per la nostra autorealizzazione). Il premio eterno senza avere capito un tubo della vita mi sembra non solo immorale e assurdo (come l'inferno eterno per i cattivi) ma anche inutile, perchè senza comprensione spirituale, senza essere divenuti pienamente umani non saremmmo in grado di godercelo.
Effettivamente, il fatto che la comprensione ed il pieno sviluppo delle facoltà umane siano impossibili in una sola vita per me è un fatto, la reincarnazione cui accenno è, invece, solo una congettura, una ipotesi, sia pure conseguenziale.
Sulla resurrezione dei corpi ho dei dubbi: mi pare che il corpo assolva al proprio compito quì in terra, non so se in un'altra dimensione avrebbe senso, io lo vedo connaturato ad un ritmo proprio terrestre, del tipo fecondazione, incubazione, nascita, crescita, deperimento e morte...a meno che non parliamo di un corpo spirituale, eterico, astrale, o qualcosa del genere.
Staremo a vedere.
Pietro

armando caccamo ha detto...

Ad Alberto:
secondo me il traguardo della piena spiritualità e forse della vita eterna, non potendo essere raggiunto da tutti, può essere legato non alla cultura comunemente intesa ma a quanto scriveva Fernando Pessoa a proposito della erudizione……

“C'è un'erudizione della conoscenza che è esattamente ciò che chiamiamo erudizione, e c'è un'erudizione dell'intelletto che è ciò che si chiama cultura. Ma c'è anche un'erudizione della sensibilità. L'erudizione della sensibilità non ha nulla a che vedere con l'esperienza della vita. L'esperienza della vita non insegna niente. Così come niente insegna la Storia.
La vera esperienza consiste nel diminuire il contatto con la realtà e nell'aumentare l'analisi di quel contatto. In tal modo la sensibilità si allarga e si approfondisce, perché in noi c'è tutto; basta cercarlo e saperlo cercare.” Fernando Pessoa, Il libro dell'inquietudine

Intendo dire, a tutti è concesso guardare al mondo con l’ottica della giustizia e dell’amore……….riflettendo su quanto capita a noi e agli altri con la dote dell’empatia, del rispetto e, per fare e sentire ciò, spesso la cultura dell’intelletto non basta……

A Pietro:
…ma perché dici che “una vita non basta” e temporalizzi il traguardo della piena spiritualità? L’istante può essere più pieno di cento vite e poi……che ne sai ? tu puoi essere già alla novantanovesima vita, eppure……..

saluti e buon percorso
Armando

alberto.spatola ha detto...

In effetti Pietro deve essere alla novantanovesima vita , perchè pare sia stata trovata una epigrafe antica in scavi effettuati in via croce rossa, più o meno dove c'è il suo studio attuale, , in cui era scritto chiaramente
" Petri domus haec est , probovir et spassosissimus, in caelo assumpto post vitae 99 consumatae "

Francesco Vitale ha detto...

Mah, su questo argomento io concordo abbastanza con Pietro, e non solo per motivi legati alla trasmigrazione delle anime. Intanto, per comprendere meglio il tema della reincarnazione ci vorrebbe, da parte dei moderni occidentali, un minimo di analisi di come si sia storicamente evoluta la “propria” tradizione religioso-culturale.

Per quanto attiene alla “meritocrazia”, coloro che si ritengono credenti in Cristo, non dovrebbero tralasciare alcuni riferimenti parabolici, come ad esempio quello del seme che può cadere in un terreno fertile o in uno sterile; o come quell’altro che parla del grano che cresce insieme alla zizzania. Se nessuno vuol mangiare la zizzania, perché dovrebbe farlo Dio? Solo perché noi lo consideriamo ”onnivoro”? Si tratta di nostre presunte proiezioni. Ciascuno in cuor suo vuole salvarsi e vuole diventare un essere umano di alto livello, ma spesso in una vita intera non muove un dito in quella direzione. Allora preferisce, sempre in cuor suo, autoassolversi.

Riprenderò queste argomentazioni su un mio prossimo intervento nel blog…

Donatella Ragusa ha detto...

... e come sempre non si parla di noccioline... non è facile fare un lavoro su se stessi e poi ognuno di noi ha un'idea diversa di ciò che dovrebbe essere un uomo, considerato che siamo fatti proprio di quel frullatone con dentro la zizzania ed è così difficile fare qualcosa, che si ritiene profondamente giusto, se questo non è contemporaneamente accettato dai più, perchè poi ti si fa la testa tanta e non capisci più a quale parte del frullato appartieni o quale parte del frullato è "eccessiva" in te. Voglio dire, chi può essere così sicuro di se stesso? Chi dice come è giusto essere uomo? Noi? Gli altri?E poi, è sempre necessario avere una "linea di direzione"?
I matematici mi perdonino eresie da qui innanzi, ma tutto ciò mi sa di geometria sviluppata su solo uno degli infiniti piani possibili, e che quindi potrebbe non prendere in considerazione la possibilità di altre rappresentazioni o dell'infinito pur caotico che sia.
Come sempre, poi, mi perdonino tutti quelli che il libro se lo sono letto e comprato e che devo ringraziare sempre per avermi fatto "fruire" degli stimoli da esso derivanti, grazie alla loro attenta lettura.