mercoledì 9 gennaio 2008

fatti e interpretazioni

Qualche settimana fa sulle pagine de “l’Espresso” Eugenio Scalfari, commentando l’ultimo libro di Umberto Eco “Dall’albero al labirinto” e a proposito del fatto (inteso come realtà oggettiva) e le sue interpretazioni, sostiene che “ i fatti sono muti perché materia interpretabile. I fatti sono…… fenomenologia. Oggetto di sguardo e lo sguardo di per sé è un’interpretazione né può essere altra cosa perché è il mio sguardo e non quello di un altro……. Ecco perché la realtà è relativa ed ecco perché non esiste alcuna possibilità che il fatto opponga resistenza alla mia interpretazione se non con un’altra interpretazione” (e cita Nietzsche: “il ccntro non esiste”)……. Il centro è dappertutto e cioè in nessun luogo”
Umberto Eco sullo stesso periodico gli risponde: “possiamo fare tre affermazioni: 1)Non ci sono fatti ma solo interpretazioni (relativismo radicale); 2) Tutti i fatti li conosciamo attraverso la nostra interpretazione (affermazione ovvia); 3) La presenza dei fatti è dimostrata dal fatto che alcune interpretazioni proprio non funzionano e dunque ci deve essere qualcosa che ci obbliga a buttarle via.” Spesso si fa confusione fra questi tre tipi di affermazione. Eco propende per la terza affermazione: “ Quel qualcosa che sfida la mia interpretazione io lo chiamo fatto, i fatti sono quelle cose che resistono alle mie interpretazioni.” Insomma per Eco “i fatti sono quella cosa che, non appena li interpretiamo in modo sbagliato, ci dicono che a continuare così non si può andare avanti.” E questo è condiviso da molti filosofi e scienziati.
Ora vorrei che, visto che in fondo si parla di “realtà” e “verità”, commentassimo queste considerazioni che a me sembrano interessantissime ma che sono sempre “affette”
da una visione antropocentrica e, senza scomodare gli extraterrestri di Francesco Vitale, non tengono conto che ci potrebbero essere interpretazioni non umane (si pensi al mondo animale) che potrebbero mettere in crisi le affermazioni di Eco (benché io per “vocazione” penso che siano condivisibili!!!!). Auguri buon anno a tutti
Armando

2 commenti:

Francesco Vitale ha detto...

…ad esempio…la sedia, quella su cui poggio il mio sedere (culo?) è un fatto o un’interpretazione? Evidentemente tutte e due le cose ! E’ un fatto, perché se non ci fosse cascherei a terra; come controprova, se prego un’amico di sedervisi sopra, anche lui non cade. E’ un’interpretazione, perché per me è comoda e per il mio amico invece è scomoda.
Dove andiamo allora? È solo la nostra attenzione individuale su qualcosa (coscienza? incoscienza?) che ci fa propendere ora verso il fatto, ora verso l’interpretazione. Al diavolo (o adDio?) allora ad Eco e a Scalfari, perché non aggiungono e non tolgono nulla di nuovo a quello su cui l’uomo si scervella da millenni. E questo vale per la sedia.
E se mi sposto a Dio, all’anima, agli extraterrestri ? Di cosa parlo? Forse di un pensato metafisico, anche questo stratificato da millenni. Ma se nessuno ha mai visto queste cose (fatti relativi), come mai allora se ne continua a parlare tanto? Forse perché ci piacciono?, Ok, ma perché ci piacciono tanto?
Ma poi, è sicuro che nesuno li ha mai visti? E se fossero fatti che alcuni accettano ed altri no, questi ultimi cancellandone nella propria memoria le relative “interpretazioni”? Se uno ti dice di aver visto gli ufo, tu ci credi? Perché si? Perche no?
Il perché no è semplice, del tipo: io non posso accettare che quella cosa esista, quindi non voglio vederla. Come lo zio Tano, che quando lo vedo da lontano mi si rivolta lo stomaco a tal punto che non voglio nemmeno incontrarlo, e cambio strada… "Anzi, sai che ti dico? Per me non esiste lo zio Tano, non c’è, chi lo conosce? Io no…".
Il perché sì, comporta invece un lavoro, che non è pura speculazione. E lavorare, si sà, è scomodo, faticoso e costoso.
Allora, perché si? Perché per alcuni è un desiderio talmente forte, che non ci dormi la notte. Devi sapere, devi saperne di più. E daglie e aridaglie un giorno cominci a trovare qualcosa, qualcosa che funziona. E mentre ti scomodi, anche “gli extraterrestri” si scomodano per te…
Ma, si dà il caso, che intanto per gli altri non è cambiato nulla, è sempre come lo zio Tano. Essi nel frattempo nulla hanno prodotto per poter arrivare a negare quei "fatti" che tu hai visto; non hanno fatto altro che parlare. Parlare (costa poco, non è faticoso, ed è comodo) significa limitarsi a dire: “…ah, beh, tanto le tue sono solo interpretazioni…”. Ma attento: se parli soltanto, ti puoi distrarre; parlando parlando potresti non accorgerti che ti stavi sedendo su una sedia che non c'era, e battere il culo per terra.
Ma lasciate perdere, andrò io incontro allo zio Tano. A me piace vederlo e soffermarmi a chiaccherare con lui. E' troppo forte! Ti dice delle cose strane ed insensate, ma che spesso si verificano davvero. Lui rappresenta una delle più straordinarie interpretazioni della mia vita. Secondo me lo zio Tano si scomoda volentieri, se qualcuno decide di parlargli. Ovvio, è una interpretazione personale. Perchè lo zio Tano non esiste.
Ah, un'ultima cosa; consiglio fraternamente a tutti una bella fiaba per la notte, per questa notte: "Il cane che ha visto Dio", di Dino Buzzati (da "Sessanta Racconti", Mondadori ed.)

pietro spalla ha detto...

Vedo che finalmente Armando si è sbloccato col Blog e ne ha subito approfittato per essere stimolante col suo discorso sul "fatto".
Nel Blog stannno trovando eco le suggestioni prodotte dai nostri ultimi incontri, quando si sono confrontate le posizioni realiste con quelle idealiste. Dopo averne enfatizzato i contrasti con le mie circolari, proverò ora a stemperarli. Possiamo cercare, ad esempio, di non prendere alla lettera Nietzsche quando dice che non esistono fatti ma intepretazioni o Berkeley che scrive che il mondo e i fenomeni non esistono al di fuori della coscienza che li percepisce. Riconoscendo, però, che ci aiutano a non idolatrare la realtà data come fatto oggettivo ed immutabile, assolutamente indipendente da noi. Non è che il fenomeno in sè proprio non esista ma, come dice Scalfari citato da Armando, è muto se non viene letto ed interpretato. Vi inviterei a rifiutare quella sorta di "nominalismo dei fatti" che svaluta il ruolo della percezione e della conoscenza. A questo proposito ho scoperto che un certo Hartman usava un esempio che credevo mio e che spiega molto: il suono nasce solo dall'azione reciproca tra vibrazione ed orecchio. E Goethe sottolineava che la realtà è un intreccio tra fenomeno e percezione.
Insomma, non sottovaluterei il ruolo della coscienza e della percezione e tiferei per la funzione creativa dello spirito, della fantasia e dell'intuizione. Mi ritrovo a credere in una sorta di incontro creativo che può avvenire tra coscienza e "fatti" e sponsorizzo Carlos Fuentes che scrive: “ogni possibilità è aperta….. io non credo che l’immaginazione condizioni la realtà, ma che piuttosto ne faccia parte, ne mostri il lato nascosto.”
Constato con piacere che, da non filosofi, questi problemi ci intrigano molto (più che i filosofi di professione Augusto e Giannni che non scrivono sul Blog e forse neppure ci leggono?) e, siccome in pratica parliamo di Conoscenza, concludo citando Rudolf Steiner che, a mio avviso, scolpisce perfettamente il ruolo e l'intreccio tra realtà esteriore e coscienza quando scrive: "Se vuoi conoscere te stesso, allora cercati nell'universo;
Se vuoi conoscere il mondo,
allora spingiti nel profondo di te stesso."
Auguroni
Pietro