mercoledì 9 gennaio 2008

Caro realistico Giacomo,

quando ti studiavo, mi eri proprio antipatico ed anche ora che, dopo tanti anni, ti ritrovo come autore scelto da stimati e coltissimi commensali di cenette, il fatto che tu abbia chiamato "morali" le tue "operette", non ti rende ai miei occhi più simpatico. Si perchè ci vuole più coraggio Giacomino, l'hai detto tu stesso: di morale in questa realtà così attenta solo al suo corso, c'è ben poco e se di morale si può parlare è nel senso che si usa per dire morale di una favola, di un racconto, di un discorso, di un avvenimento, di un fatto...L'HO DETTO!.. DI UN FATTO. Ben ti viene in aiuto, ancora oggi Umberto Eco a ricordarci che "accettare tutte le conseguenze di una filosofia dolorosa ma vera" significa accettare che ci sono fatti, ci sono realtà che resistono a tutte le possibili interpretazioni. E ben ti viene ancora in aiuto la passione nascosta in uno dei cassetti (chiamo così, mi perdonerai, i commenti ai post) di questo blog che ci ricorda la necessità di faticare e lavorare per accettare i fatti, perchè è più facile, lo dici pure tu, mi sembra, dissimulare l'infelicità umana. La distinzione di Eco, caro Giacomo, mi ricorda, tra l'altro, una distinzione valutativa che bisogna talora ricercare in ambito giuridico tra fatti e "fattoidi" (cfr. Gulotta) ove con questo termine si intendono eventi che grazie al contenuto dato da interpretazioni personali, possono assumere la valenza di fatti. Che poi Eco deve avere presente che, come rileva Popper, “la falsificabilità separa due tipi di asserzioni perfettamente significanti: le falsificabili e le non falsificabili. Essa traccia una linea all’interno del linguaggio significante, non intorno ad esso”. Verrebbe di non parlare più e starsene zitti. Tu davanti all'infinito dici di sgomentarti, perchè poi ognuno di noi sceglie un pò l'identità con cui si presenta al mondo e tu, lasciatelo dire, da viziatello, non hai mai smesso di commiserarti e piangerti addosso, ma non fa gioco e non importa rispetto agli spazi di infinito e di realtà da cui poi ti lasci riempire l'anima, tanto da avercene lasciato descrizioni sicuramente pregevoli nel realismo, nella sensibilità e nei particolari. Però non mi piaci tanto, te lo devo dire, perchè non riesci a reggere la verità e piagnucoli, nè penso che bisogna per forza consolarci l'un l'altro in alternativa al mentirsi ed al dissimulare. Penso che vivere alla luce dei fatti apre ad una sensibilità personale più vigile e sincera verso l'ambiente e le relazioni umane e tu lo sai e ce ne hai dato prova; l'unico particolare, è che fra le cose più difficili per un essere umano è reggere la solitudine e l'incertezza che può scaturire da una filosofia dolorosa ma vera, rispetto cui anche un malanno è rassicurante, ma già a te l'infinito sgomentava. Pazienza. Mi puoi venire in sogno per discutertela e..portami numeri buoni da giocare. Donatella.

4 commenti:

pietro spalla ha detto...

Caro Giacomo
Ti scrivo anch'io perchè ti indovino giustamente amareggiato dalle critiche di Donatella che non ti rendono giustizia.
Proprio Donatella che, nel corso dell'ultima cenetta, aveva opportunamente ricordato a Maria (che ti rimproverava per il tuo rinchiuderti solipsistico
in una stanza)come invece le tue immortali liriche trasudano di spazi aperti e di infinito.
Hai un bel dire, sembra sostenere Donatella, che occorre accettare una filosofia "dolorosa ma vera" se invece di accettare i fatti - che, secondo lei, resistono a tutte le possibili interpretazioni - li confuti e te ne lagni piagnucolando come un viziatello.
Viziatello: ha scritto proprio così! Mai epiteto fu più ingiusto di questo. Viziatello tu che hai rifiutato di cullarti negli agi del "paterno ostello" sino a contestare i tuoi severissimi e bacchettoni genitori (a quell'epoca non era così facile) ed a denunziare la matrigna natura e le sue leggi!
Ti consoli, allora, sapere che anch'io ho il tuo stesso vizio: non subisco la realtà ma, come te, la inquisisco e pretendo che mi dia conto delle sue opere e dei suoi disegni, che mi sveli il suo senso e che si pieghi alle mie interpretazioni. Non si trattta di svalutare la realtà ma, anzi, di darle valore fecondandola con il mio spirito. Parafrasando quello che un tale ha detto di Dio, direi io di lei: mi chiedi se "credo" nella realtà? Diciamo che la rispetto, purchè lei rispetti me.
tuo Pietro

Donatella Ragusa ha detto...

Take it easy, Giacomino.
Tua Donatella.

armando caccamo ha detto...

Carissimi Amici di Giacomo che gli scrivete tirandolo per la giacca da un lato o dall’altro. Non sapete che con le sue poesie Giacomino ha vinto la Natura matrigna, smentendola e gridando forte, molto forte che esistono le emozioni, i pensieri (quelli che se si pensano si va oltre i fatti ) e grazie a questi è legittimo, quasi doveroso cercare un senso della vita! Solo che bisogna, a mio parere, accettare che i fatti, voglio dire la realtà filosoficamente intesa, noi non la possiamo conoscere perché ne facciamo parte e non la possiamo osservare dall’esterno come sarebbe corretto fare. Ci dobbiamo accontentare di sue interpretazioni, credendo però che c’è, e allora è nostro dovere cercare una filosofia non “vera” ma “possibile”, anche se “dolorosa”, lasciando le conseguenze, le speranze solamente ad un atto di fiducia che non è necessariamente “utile” o “consolatorio” ma solo “appagante” del percorso che abbiamo intrapreso e se non lo è “appagante” continuiamo a cercare fino a quando “il nostro numero dato di respiri” ce lo consente.

Donatella Ragusa ha detto...

Sarà, comunque non mi sento di aver tirato dalla giacca nessuno, semmai sono stata io ad essere tirata dal grembiulino, sin dalle elementari.