venerdì 5 ottobre 2007

Il teorema delle scimmie infinite


Approfitto dell’ospitalità incautamente accordatami (finalmente posso sistemare i miei appunti da qualche parte) per discettare su un argomento su cui rimuginavo dai tempi di Arquata, ma anche prima, perché è venuto fuori per la prima volta mi pare quando abbiamo letto il libro di Orlando Franceschelli sull’evoluzione. Si tratta delle famose scimmie che battono a casaccio su una tastiera e ne traggono i capolavori della letteratura, prima o poi. Metafora del caso creatore e ordinatore. Sarò prolisso e noioso. Prevedo varie puntate.

Enunciazione del teorema delle scimmie infinite

Una scimmia che batta a caso sulla tastiera di una macchina da scrivere per un tempo virtualmente infinito (quasi) sicuramente produrrà un particolare testo scelto, ad esempio un’opera di Shakespeare, l’Amleto. In tale contesto ‘quasi sicuramente’ è un termine matematico con un preciso significato (probabilità appunto matematica) e ‘scimmia’ è una metafora per una macchina teorica che produce una sequenza casuale di lettere ad infinitum.

Discussione

Ignorando punteggiatura, spaziatura e maiuscole, una scimmia che batta a caso ha una probabilità su 26 (numero dei tasti dell’ipotetica macchina da scrivere) di scrivere la prima lettera dell’Amleto e una su 676 di scrivere le prime due (26x26). Poiché la probabilità diminuisce in maniera esponenziale con l’aumentare delle lettere da scrivere, a 20 lettere la chance è 2620, vicina a quella di comprare quattro biglietti della lotteria consecutivamente e vincere ogni volta il primo premio. Nel caso dell’intero testo la probabilità è così incredibilmente piccola che molto a stento può essere concepita in termini umani. Posto che il testo è composto da circa 130.000 lettere, esiste una probabilità su 3.4x10183946 di ottenere l’Amleto al primo tentativo. Il numero medio di battiture che occorre effettuare prima che il testo abbia una possibilità (statistica) di apparire è lo stesso. Per avere un termine di paragone esistono solo 1079 atomi nell’universo conosciuto e 1080 elettroni, mentre sarebbero trascorsi 1021 minuti dal supposto Big Bang (circa 14 miliardi di anni). A cento parole al minuto occorrono 1040.000 minuti per avere una probabilità di ottenere ‘per caso’ la nostra sudata copia dell’Amleto. Anche se avessimo a disposizione un’armata cosmica di scimmie, una per ogni elettrone dell’universo al lavoro dall’inizio dei tempi, la probabilità di riuscire sarebbe ancora solo una su 10183800.

Si, ma le scimmie sono lente, cento parole al minuto, bazzecole: e se le sostituissimo con un computer molto molto potente? Le sfide vanno prese sul serio. Andiamo al bersaglio grosso: prendiamo un computer delle dimensioni dell’universo stesso, con tutta la sua materia e la sua energia al servizio della computazione, e facciamolo più veloce che si può: la sua capacità può essere calcolata in base a leggi abbastanza collaudate.

Prima di ogni cosa, l’energia e la velocità stanno in preciso rapporto. L’ammontare di energia nell’universo visibile può essere definita accuratamente. La maggior parte di essa è imprigionata nella massa degli atomi. Se contiamo gli atomi di tutte le stelle e le galassie, e ci aggiungiamo la materia delle nubi interstellari, troviamo che la densità di materia dell’universo equivale a un atomo di idrogeno per metro cubo.

Esistono poi altre forme di energia: quella della luce per esempio. La velocità di rotazione delle galassie suggerisce l’esistenza di ulteriori e invisibili fonti di energia; si parla inoltre di una ‘quintessenza’ legata all’anomala velocità di espansione dell’universo, e di altre forme ancora più bizzarramente denominate (machos, wimp, winos).

L’ammontare totale dell’energia in queste forme esotiche si calcola, un po'a spanne, come dieci volte superiore a quella standard contenuta nella materia direttamente osservabile. Naturalmente, ogni atomo contribuisce secondo la formula E = mc 2. Da questo conteggio ricaviamo che l’energia dell’intero universo ammonta a 1071 joules. Per ottenere la massima velocità di calcolo che questo computer cosmologico può sviluppare si applica il teorema di Margolus- Levitin: (energia x 4): costante di Planck (h = 6,626068 x 10–34 joule-sec, un numero piccolissimo che regola gli eventi quantistici).

Conclusione provvisoria

Ne risulta che ogni secondo un computer che usa tutta l’energia e la materia dell’universo compie 10105 operazioni. In 14 miliardi di anni, ne ha fatte 10122.

Per scrivere casualmente l’Amleto occorrono 3.4x10183946 operazioni. Se assegniamo al nostro universo una vita di 30 miliardi di anni, il cosmo-computer dovrà funzionare per biliardi di miliardi di miliardi di cicli cosmici, (e speriamo che non vada mai in crash…) prima di poter mostrare se la probabilità matematica assunta inizialmente si è tradotta o meno in realtà. E già: tutto questo ambaradan è senza certezza alcuna di riuscita. Non esiste qualcosa come una probabilità certa.

Se poi questi cicli cosmici sono in qualche modo ricorsivi, se essi presentano elementi di ripetizione e correlazione, se insomma il mito dell’eterno ritorno non è solo un mito, se non si dà una stringa casuale infinita come un fiume eterno mai uguale a se stesso, ma la reiterazione di stringhe finite, alla scimmia verrà negata anche quella probabilità abissale rimasta e potrà solo comporre, tra un eone e l’altro, solo qualche verso, magari sempre gli stessi. L’esperienza accumulata con i generatori di numeri causali indica che questa possibilità (seriazione, prevedibilità) non è remota come sembra.

Morale della favola, se vogliamo fare i seri: l’universo immaginato come una macchina generatrice di eventi casuali è incapace di elaborare in uscita una stringa complessa fornita come chiave della computazione in un tempo finito, anche se molto grande (ciclo cosmico) e può solo rinviare la resa dei conti su un piano (super ciclico, super cosmico) inattingibile dai mezzi di cui la ragion scientifica dispone e dai quadri concettuali che si è data, che non permettono oggi di andare oltre la nascita (e la morte) dell’universo quale singolarità irripetibile e inspiegabile, e quindi di pensare un altro o altri cicli cosmici, e tantomeno le possibili connessioni tra di essi.

Il limite della computazione, già indicato da Roger Penrose sul raffinato versante algoritmico, si dimostrerebbe qui anche nella rozza prospettiva del rimescolamento ‘brute-force’.

Pausa. Questo gioco che sembra (ed è anche) una stupidaggine appartiene alla schiera dei giochi mentali ‘come se’ così tipici ai nostri giorni: comportiamoci come se l’universo fosse una macchina o come se una scimmia fosse l’universo, come se l’eternità fosse calcolabile o un poeta simulabile.

Oggi non si danno più giochi di scena, di sfida, di specchio, giochi duali. Ma giochi estatici e solitari, in cui il piacere non è più estetico e scenico, ma aleatorio, psicotropico, dalla fascinazione pura: giochi di vertigine.
Questo l’ha pensato Roger Caillois.


continua...


4 commenti:

Donatella Ragusa ha detto...

Grazie per la spiegazione della Teoria delle Stringhe" (è questa vero?).
Per il resto sono perfettamente d'accordo con Roger Caillois (che per me potrebbe essere anche un vicino di pianerottolo)e che mi dà l'immagine di una produzione della Biennale in corso che però non riesco ad inserire tra queste righe: la foto in bianco e nero di un gabbiano che vola alto nel cielo.

Francesco Vitale ha detto...

A me non sembra sia questa la spiegazione della teoria delle stringhe. Io la conosco in modo piuttosto diverso. Si parla forse dell'universo caotico descritto matematicamente dalla teoria dei quanti. Le "strighe" storicamente vengono dopo, e riescono a calmierare un disordine concettuale al quale non siamo abituati, in quanto per noi rappresenta letteralmente un'altra dimensione (forse non sto parlando con la precisione dovuta). Potrebbe darsi invece che un ordine molto, per quanto illogico, appartenga alla nostra scala di osservazione (dimensione di vita). Del resto, se si calcolasse con lo stesso procedimento quante probabilità avrebbe avuto la vita di generarsi e di evolversi su questo pianeta, dovremmo concluderne che si tratta di un numero infintamente piccolo. Eppure esiste...
Qualche altra volta vi esporrò un punto di vista del concetto, forse non tanto filosofico, di sincronicità.

Eugenio ha detto...

E ammesso che salti fuori l'Amleto, e tutto il resto? tipo qualcuno che lo sappia leggere ovvero qualcun altro in grado di inventarsi teorie che dimostrano solo la superbia dell'ignoranza. "...Ti ringrazio perchè hai celato queste cose ai sapienti." Fecit potentiam in brachio suo: dispersit superbos mente cordis sui.

Anonimo ha detto...

la secondo legge della termodinamica è la toerizzazione del caos verso cui l'universo si muove, inesorabilmente. un sasso caduto a terra potrebbe tranquillamente assorbire energia dal terreno e risalire verso il cielo senza infrangere la legge della conservazione dell'energia, ma la probabilità che ciò accada è esattamente la stessa che ha la nostra scimmia di divenire un poeta immortale. nn abbiamo speranza alcuna di correre contro la freccia del tempo... cavalchiamola allora.
ENTROPIA