martedì 25 marzo 2008

Domande da 1000 punti sull’anima….

…Ma…
…se una persona è convinta che l’anima esista…
…come principio in grado di sopravvivere al corpo fisico…
…e se quindi quest’anima sia concepibile come principio cosciente, senziente ed intelligente…
…capace di proiettarsi al di fuori dello spazio e del tempo…
…allora…
…perché questa persona dovrebbe necessariamente porre dei limiti a quest’anima…
…cioè…
…pensare che essa sia vincolata ad uno specifico corpo, come specie e come individuo…
… e pensare che essa abbia origine nella materia, in cui quel corpo è nato e sopravvive limitatamente?...

… A quel punto forse sarebbe meglio fare una scelta più drastica…
… O affermare che l’anima non esiste…
… ed esiste solo una intelligenza corporea, magari irriproducibile…
… O, al contrario, pensare che l’anima sia un principio di intelligenza di per sé immateriale ed atemporale…
…che non ha limiti da noi conosciuti né immaginabili…
…se non quelli imposti dal grado di confidenza…
…che la individuale intelligenza riesce a stabilire con il sistema materiale che sta esplorando…
… in altre parole…
…pensare che l’anima non ha origine nei corpi fisici ma che…
…proprio in quanto ignoto terreno di conquista, …
…l’anima ha seri problemi con i corpi che va ad occupare …

…E poi, se un processo è riproducibile, quali sono i limiti di questa riproducibilità…
…se non quelli che attualmente riconosciamo…
…ma che già domani avremo spostato un tantino più in là ? …

…Pensiamoci un istante…
…ogni cosa che è successa dentro e fuori di noi…
… la nostra stessa nascita e i nostri primi anni senza memoria…
… la nostra morte vissuta o da vivere con terrore o serenità…
… ogni cosa che abbiamo percepito e meditato…
… può essere spiegata in questa chiave…

… L’esperienza della vita non ha garanzie poiché è un’avventura…
… che parte da una scommessa al di fuori del Tempo e priva di garanzie…
… poiché ove l’anima pervade un corpo con maggiori attitudini e complessità…
… è vero, potrà svolgere compiti molto più importanti …
… ma i risultati definitivi si vedranno al termine di ogni ciclo…
… quando cioè si vedrà se i delfini, che pure comunicano tra loro e con l’uomo …
… saranno stati migliori degli umani…
… i quali spesso non sono in grado di comunicare tra loro, e nemmeno coi delfini …
… quegli antropoidi collocati ad un qualsiasi passaggio dell’evoluzione biologica …
… che per un pezzo di corteccia acquisita, si credono in cima alla piramide della vita…
…che non sono propensi a credere che l’intelligenza abiti in ogni forma…
… e che, ovunque si trovi, l’anima abbia diverse modalità, possibilità, e risultati attesi !!

13 commenti:

pietro spalla ha detto...

Sono d'accordo con Francesco Vitale quando parla dei limiti imposti all'anima dal corpo che la ospita (l'ipotesi di lavoro è, per il momento, che l'anima sia qualcosa di immateriale che si insedia in un corpo). L'anima, scrive Francesco "ha seri problemi con i corpi che va ad occupare".
O.K. Mi sembra, però che, se vuol sviluppare un io autocosciente, l'anima ha più limiti e probemi se si serve del corpo di un delfino incvece che di quello umano.
Pietro Spalla

armando caccamo ha detto...

quanto stimolanti intellettualmente sono sempre le riflessioni di Francesco!....e restando agli argomenti di lettura che ci siamo proposti su "l'anima e il suo destino" di Vito Mancuso, penso che le argomentazioni dell'Autore possano essere compatibili alle osservazioni di F.V.....l'anima, essendo pura energia ed essendo parte integrante del processo evolutivo dell'Universo e quindi anche della materia, potrebbe esistere coniugata con forme materiali evolute a noi ancora sconosciute......certo bisogna fare i conti con quanto dice Pietro nel commento precedente, quando parla di autocoscienza come condizione necessaria dell'anima e....la vedo dura con le forme di vita a noi conosciute..... comunque sia penso sempre e sempre ribadisco ....che noi uomini discutiamo dal di dentro del sistema "realtà" cui sappiamo riferirci e questo "vizia" sempre le nostre conclusioni e/o ipotesi.....parliamone
armando caccamo

Francesco Vitale ha detto...

I limiti ed i problemi potrebbero essere relativi al grado di confidenza che questo principio immateriale stabilisce con la materia e con le sue varie forme. Che siano maggiori o minori in una forma piuttosto che in un'altra non sappiamo, ma dipende dai vari scopi. Se ad esempio l'anima desidera provare l'esperienza del volo o dell'immersione, o il senso delle radici e delle foglie, non sceglierà un uomo o un cavallo, ma un uccello, un pesce, o un'albero.
E poi, chi ci dice che l'anima non sia unica e sia però in grado di occupare questi innumerevoli corpi contemporaneamente? Questa macro-coscienza potrebbe non risiedere negli individui incarnati nella materia, ma al di fuori dello spazio-tempo, dove la medesima coscienza potrebbe contemporaneamente permanere e raccogliere il frutto dell'esperienza...

alberto.spatola ha detto...

L'anima o c'è o non c'è. Se c'è "anima" qualcosa, cioè la vivifica. Per esempio un delfino , una donna, un uomo, un angelo o et al. Se c'è ed vincolata a qualcosa è un'anima individuale, se invece è estesa ed universale , è "anima mundi". Ora che sia una forma speciale , diciamo rarefatta , di energia, lo dice Mancuso , ma senza alcun fondamento scientifico. Lo dice (gratuitamente) e basta e può essere pure bello crederlo, ma quali sono i fondamenti argomentativi per cui dovrebbe essere così? Credo che il discorso sull'anima possa essere principalmente di tipo poetico ed evocativo, e non possa avere presunzioni di tipo scientifico. Cioè , un pò alla maniera di Heidegger , è come se solo nella poesia si possa rintracciare una consistenza ontologica , uno "spessore d'essere" che può dirsi "anima". Ma il discorso di Mancuso è d'altro tipo , fa riferimento (impropriamente) a termini scientifici, che di solito si usano per altri tipi di indagini.A leggere quanto scrive lui si diventa materialisti. Se invece si sceglie la strada evocativa di ricerca dell'essere e più facile parlare di "anima ", anche perchè ciò che si evoca , l'anima per l'appunto , rimane indefinita ed impalpabile. altro che "energia".
Che poi ci sia una estensione extraindividuale del concetto di anima , come sembra dire Vitale, può pure essere, ma sarei d'accordo se accentuasse un pò di più il carattere poetico del suo dire, che già per la verità è poetico, specie nei puntini (evocativi ) di interpunzione.............

pietro spalla ha detto...

Grazie ad Alberto Spatola ho capito neglio il pensiero di Francesco Vitale quando ipotizza una macro-coscienza al di fuori dello spazio-tempo. Ma, come osserva giustamente Alberto (sia pure con parole diverse dalla mie) in questo caso parliamo di un'anima universale che si sottrae al principium individuationis (Schopenhauer?). I problemi nascono quando l'anima si degna di collocarsi nello spazio e nel tempo e decide di individuarsi: se vuole volare, dice Francesco, si incarnerà in un uccello, ma secondo me così dovrà accontentarsi di essere un'anima di gruppo - più che un'anima individuale - partecipe dell'anima degli uccelli. Ma se vuole costruirsi da sola le ali, autoedificarsi ed autoederminarsi anche disubbidendo alle leggi biologiche della specie, evolvendo individualmente sino all'IO ed all'autocoscienza, ora come ora deve accontentarsi di quello che offre il il mercato: solo i corpi ummani sono adatti a questo scopo. A meno che Francesco non vuole dirci altro ma, affettuosamente, preferisce centellinare le sue comunicazioni per rispetto alle nostre abitudini mentali ed alle nostre modalità di comprensione.
Quanto alle pretese scientifiche di Mancuso e del suo libro cui pure accennna alberto, ne parleremo nelle cenette, ma anticipo che secondo me anche le "verità" scientifiche possono essere recepite in modo letterale oppure, come preferisce Mancuso evocativo.
Pietro Spalla

Francesco Vitale ha detto...

E’ difficile trovare qualcuno che non speri di sopravvivere in qualche modo, oltre la morte del corpo fisico. Ci sono tante cose che ci inducono ad essere possibilisti, ma non abbiamo dimostrazioni certe.
Ma possiamo porre limiti a qualcosa che stiamo solo immaginando che esista oltre i nostri corpi? Non "sappiamo" se c'è o non c'è. Se l’anima c'è o non c'è ciascuno lo “decide”. Pertanto, non sarei così drastico come il precedente commento di Alberto, quando dice che: "Se c'è ed vincolata a qualcosa è un'anima individuale, se invece è estesa ed universale , è "anima mundi".

Ipotizzando un'anima immateriale, come principio di pura intelligenza in grado di occupare dei corpi fisici, suppongo che non possiamo filosoficamente imporne i limiti apriori, perchè cadremmo in una parzialità di fatto infondata. Non possiamo decretare, o immaginare, cosa quest’anima possa riuscire a fare e cosa no. Quindi l'anima mundi (ammesso che esista) non necessariamente esclude le anime individuali. E non esclude tanto altro ancora: anche possibilità in contraddizione tra loro potrebbero coesistere. Non è detto che il vero-falso oltre le nostre percezioni o logiche, sussista ancora. Si tratta pur sempre di ipotesi molto ampie. Per contornarle dovremmo conoscere bene un mondo che comprende, ma anche travalica, la nostra esperienza diretta ed individuale.
Il fatto è che la nostra limitata idea di anima nasce dal confronto tra ciò che ci sentiamo dentro, e il riconoscere intorno a noi altri corpi "animati" simili o dissimili. Ma non sappiamo cosa realmente essi contengono al loro interno, a parte i tessuti e gli organi e le sostanze.

A me pare che l'antichissimo motto "conosci te stesso" sia una solida via, forse l’unica, per fare dei passi in avanti in tal senso. Diversamente da Alberto però, io ritengo non si tratti solo di poesia. Ad esempio, scoprire se esistono e come funzionano le percezioni extrasensoriali, scoprire (senza l’uso di stupefacenti) che dentro di noi vi sono memorie e conoscenze di cose che fisicamente non abbiamo mai visto, o ascoltare – anche attraverso comunicazioni medianiche- intelligenze "diverse da noi stessi", che ci parlano e ci raccontano di cose che poi andiamo fisicamente a trovare, oppure che si devono ancora verificare e poi si verificano, ebbene tutto ciò induce seri ripensamenti sui nostri preconcetti di base sull’esistenza. E ci fa intravedere la possibilità che per scoprire l'anima (o altrimenti chiamatela come vi pare) a poco servono la conoscenza scientifica o la speculazione filosofica, e neppure in sè la poesia che tanto io amo. Ma occorre agire uscendo dagli schemi, ed entrare maggiormente dentro di sè. Senza certezze o preconcetti, ma confrontando le proprie scoperte con quelle che altri hanno fatto. Nessuna garanzia sui risultati.

Da tutto ciò potrebbe emergere che la Coscienza vera, almeno quella che io ed altri stiamo cercando, nasca dal riuscire a stabilire un ponte di comunicazione tra quella parte che è incarnata nei corpi individuali compreso il nostro, e quell’altra che poniamo idealmente fuori dallo spazio-tempo. Una domanda interessante sarebbe infatti: “Se così fosse, perché non dovremmo averla già questa consapevolezza, o aver memoria della nostra provenienza originaria?”.
Potrebbe trattarsi di un incidente di percorso, qualcosa di imprevisto, o di una serie di danneggiamenti che abbiamo subìto come specie. Oppure ancora ciò potrebbe far parte delle “regole del gioco”, un gioco che non ha esiti certi, e può essere anche perso. Il gioco si chiamerebbe “evoluzione dell’anima”. Certo, sono congetture, spiegazioni, giustificazioni.
Però la sensazione, da parte di alcuni di noi, è che altre specie siano più avanti nel senso comunicativo, avendo elaborato o raggiunto un pensiero che vibra in comune. Cosa che io non vedrei in negativo, come lascia intravedere Pietro quando parla di un “accontentarsi”. Non è un caso che molte figure mitiche o mitologiche delle varie culture, definite come esseri illuminati, vengono raccontati o ritratti nell’atto di colloquiare con altre specie viventi. Da noi, l’ultimo è stato Francesco d’Assisi.

Allora, approssimandosi a ciò che per noi è inconcepibile o inaccettabile (= avere un “Io” meno tronfio e sviluppato) non è detto che sia un limite vero, magari solo un limite della nostra mente, che mente spudoratamente e costantemente. Per me il vantaggio vero dipende dal grado di comunicazione intra-specifica e super-specifica che si riesce a stabilire. Credi che evoluzione sia solo costruire oggetti e tecnologie? Se produci pensiero, e non ti serve un mezzo fisico per scambiarlo, perché non dovresti essere evoluto? Hai coscienza della gioia che provano le piante, o i delfini o i gabbiani a sentirsi “una cosa sola”? Presso gli umani di gioia se ne vede ben poca. Vorremmo essere uniti agli altri, ma non ci riusciamo.

In generale, non abbiamo nemmeno provato ad immaginare se “l’anima superiore”, ben cosciente di sé e delle varie realtà, non stia divertendosi a giocare e costruire con gli atomi, le energie ed i tessuti, le molecole e gli ambienti, per poi tentare di infondere questa medesima Coscienza tra tutti gli individui e le forme: innanzitutto come “ricordo del vero sé”, e poi come partecipazione cosciente al gioco dell’evoluzione. Per alcuni ciò rappresenta l’idea del Dio Creatore, a volte immanente, a volte trascendente. Ma se entriamo nel campo di Dio, terreno ben minato, i nostri condizionamenti e preconcetti sono ancora maggiori, e non ne veniamo fuori. Perché l’idea di Dio è stata innanzitutto, per ciascuno di noi, oggetto di insegnamenti precedenti. Di lunghissimi e controversi dibattiti filosofici, senza esito.

Tornando all’anima ipotetica ed evolutiva, posso immaginare che, quando è venuto fuori l’uomo, essa sapeva già che con noi avrebbe trovato l’osso più duro, proprio perché si era giunti alla generazione di esseri dotati di cervello e di possibilità più estese. Eppure quell’essere fu capace di una svolta epocale. Chi è attento, osservi. L’Homo sapiens -ho già detto altre volte- non si distingue dalle altre specie di Homo per avere inventato gli utensili e gli oggetti (cosa che gli altri avevano sviluppato ben prima, già da un milione e mezzo di anni) ma dall’aver creato l’arte (pitture rupestri e oggetti decorati) e le forme di ritualità che presuppongono una continuità nell’oltre (sepoltura dei morti con gli oggetti della vita). L’uomo moderno invece superficialmente ritiene che quelle fossero forme di comportamento e credenze primitive, magari soltanto perché in cuor suo ha perso anche quella memoria evolutiva e, in generale, non prova più incanto e soddisfazione nell’ammirare o produrre opere d’arte. E ha paura della morte, e della vita naturale.
Molte scuole di pensiero delle varie culture, orientate alla scoperta di sé, contemplano nel proprio percorso la sperimentazione manuale nei laboratori d’arte. Ed altre, ancora più ardite, a tentare una comunicazione con l’oltre. Magari avranno trovato dei perché, oppure sono tutti scemi. Fate voi…

pietro spalla ha detto...

Forse è' meglio che Francesco non accolga le mie provocazioni e riprenda a centellinare le cose che ci dice: se ci dice troppo corriamo il rischio di perderci qualcosa.
Francesco scrive: "Quindi l'anima mundi (ammesso che esista) non necessariamente esclude le anime individuali." Mi pare che io e Alberto cercavamo di distinguere le due ipotesi, non di porle in alternativa.
Quanto all'“evoluzione dell’anima” non credo che piante ed animali siano più avannti di noi solo perchè "vibrano in comune", e sono “una cosa sola” (anche perchè secondo me, contrariamente a quanto pensa francesco, non lo sanno); del resto, anche noi da bambini eravamo in unione con il tutto, ma la separazione da quel tutto, lo svezzamento, la perdita dell'unità originaria sono una condizione della nostra evoluzione (anche spirituale).
Certo, c'è un lutto da elaborare per la perdita di quell'età dell'oro, di quel tutto accogliente a cui eravamo uniti, ma secondo me per l'evoluzione della nostra coscienza è necessaria questa separazione, che è il prezzo che dobbiamo pagare per lo sviluppo dell'io autocosciebnte e della libertà.
Pietro 28 marzo 2008 14.10

alberto.spatola ha detto...

Francesco d'Assisi parlava agli uccelli ed altre forme d'essere del "Creato". La citazione di Francesco Vitale mi sembra opportuna per sostenere una sorta di "continuità" essenziale ed esistenziale tra esseri diversi ,ma comunque uniti al fondo da una sorta di partecipazione comune ad uno stesso spirito ( "fratello sole " , dice Francesco ). Ma , e lo ribadisco, questa sorta di continuità e comunione tra uomo ( certo uomo non comune ma molto "pneumatico" come Francesco - non nel senso del copertone Pirelli, ma dello spirito o "pneuma "-) comunione tra uomo , dicevo, ed il resto dell'essere , avviene anche per la partecipazione ad un linguaggio comune che è , giocoforza poetico , allusivo , metaforico , non denotativo , scientifico o connotativo. C'è una bella differenza perchè in relazione all'anima ed allo "pneuma" , non si può essere precisi e certi , come lo si vuole essere nel linguaggio scientifico. Ciò è importante ai fini della critica dell'ipotesi di Mancuso - dell'anima descritta in termini scientifici , ed è importante anche perchè dell' anima e dello pneuma si parlerà sempre "di sfuggita " , "tendenzialmente" , ma sempre senza centrare il bersaglio , che è sovrasensoriale e in un certo senso sovraindividuale ( Per dare ragione a Francesco basti pensare alla dottrina della comunione degli spiriti del cristianesimo ). Basti considerare la secolare e storica rappresentazione dell'anima , come qualcosa di diverso , di diffente rispetto alla realtà sensoriale . Qualcosa che va "oltre " , qualcosa di "trascendente ". Rassegnamoci al fatto che l'anima , se c'è non la si acchiappa, ma la si "sente per effetto", la si intuisce vagamente , la si descrive poeticamente, come Dante nella Divina Commedia , ma non la si afferra concretamente. Rassegnamoci.

armando caccamo ha detto...

....ma perchè, caro Alberto, metti sempre il pensiero scientifico come metro di oggettività del pensiero?....la conoscenza (almeno quella umana), a mio parere, è una o almeno deve ritornare ad essere una. La conoscenza è ciò a cui il pensiero arriva partendo da presupposti che ne condizionano le conclusioni, infatti queste sono in continua evoluzione perchè i presupposti cambiano continuamente......e allora rivediamo il principio di oggettività della Scienza e collochiamo la stessa come uno degli aspetti (molto importante per lo sviluppo della tecnologia,un po meno per lo sviluppo del sapere) della Conoscenza umana.Liberiamoci!
Armando

alberto.spatola ha detto...

Caro Armando, io non pongo il pensiero scientifico come metro di oggettività del pensiero(lo facevano i positivisti e lo fanno i neopositivisti del circolo di Vienna ) .Per me La filosofia , l'arte, la musica ... , la letteratura, le religioni etc etc, sono altrettanti validi modi del sapere e della conoscenza. Il punto che invece obbietto a Mancuso è che lui pretende ( a mio avviso ) di dare una spiegazione in qualche modo legata al sapere scientifico , del concetto di anima. In buona sostanza mi suona strano che , ad esempio , in letteratura si pretenda di usare un linguaggio scientifico, o nelle ricerche scientifiche si pretenda di usare un linguaggio letterario. Ogni branca del sapere , pur essendo in comunicazione con le altre , ha una specificità di linguaggio ed una appropriatezza relativa di termini. Se, poniamo il caso , Einstein avesse descritto le sue scoperte non con il rigore dell'appropriato linguaggio scientifico, ma in endecasillibi , la cosa sarebbe risultata impropria alla comunità degli scienziati. Nulla vieta poi , è ovvio , che anche Einstein scriva poesie , se lo vuole. Oppure se un poeta moderno ci proponesse le sue poesie , nei termini e con lo scritto relativo alla risoluzione di un integrale , ci sarebbe qualcosa di strano. Ergo non dico che un sapere sia più oggettivo dell'altro , ma che ha forme linguistiche e semantiche diverse , sui generis, ed appropriate. Mancuso invece e Teilhard de Cardin prima di lui,
a mio avviso, tentano di usare un linguaggio scientifico ( il termine "energia" , per quanto vago voglia essere deriva , nelle precisazioni di Mancuso, dal concetto "fisico" di energia ), per giustificare e dare ragione dell'idea di " anima " . A mio avviso questa sorta di " concordismo " tra linguaggio della scienza e linguaggio della filosofia ( ma anche della teologia ), al meglio è "improprio".

alberto.spatola ha detto...

P.S.Per la verità spesso il linguaggio della filosofia e della letteratura si intrecciano. Così Lucrezio nel "De Rerum Natura " esprimeva in forma poetica le sue concezioni filosofiche, e , in epoca moderna Nietzsche, a volte, si esprime in modo sfolgorante e come un poeta, e lo stesso Leopardi delle studiate operette
morali , esprime concezioni filosofiche. Ma il linguaggio scientifico dei fisici e dei matematici è meno facilmente "solubile ", con quello dei letterati e della letteratura. Per quanto certe scoperte scientifiche , specie in epoca moderna , incitano l'uomo alla " meraviglia " , di aristotelica memoria . Ed in tale meraviglia può esserci pure l'incipit del poetare. A mio avviso la teologia , pur dovendosi confrontare con le scoperte della scienza , ha un suo statuto epistemologico ben definito , e che trova nella riflessioni sui testi religiosi ( biblici e non ) la sua fonte primigenia di riflessione e se possibile , senza alcun complesso rispetto alla presunta oggettività della scienza.
( come vedi Armando anche io contesto la presunta oggettività del sapere scientifico )
Senza alcuna necessità quindi di usare terminologie che le sono estranee.

Francesco Vitale ha detto...

Molto bello questo dialogo che cresce e si infervora intorno ai nodi dell'esistenza, secondo alcuni inestricabili, secondo altri molto meno.
Piuttosto, per farlo crescere ed estendere verso altri, dovremmo lasciare che Pietro non si limiti a centellinare le provocazioni di cui è maestro, e che rincari la dose verso tutto e tutti, altrimenti corre il rischio di pensare che io creda sul serio alle cose che dico!
(eh eh, questa volta sono stato più breve...)

armando caccamo ha detto...

Grazie Alberto per avermi fatto capire meglio la tua opinione sul "sapere scientifico". Comunque anch'io credo che Mancuso opera delle forzature nel suo libro pur di far quadrare i conti....ma credo pure che l'originalità dello stesso sia aver messo nello stesso contenitore "Natura" tutto quello che la Scienza, almeno negli ultimi secoli, aveva lasciato fuori e cioè.....la Spiritualità!...ecco é su questo che mi sento coinvolto!!!...e non è soltanto questione di linguaggio!
Armando