giovedì 8 novembre 2007

Il cervello del XXI secolo


Come consigliava caldamente Pietro in una sua nota in questo blog, sono andato a leggere l’ottima recensione di Alberto Biuso a “Il cervello del XXI secolo” di Steven Rose.
Il recensore in parziale accordo/ disaccordo con il recensito ci ricorda che il cervello non è un organo unico e monocorde ma rappresenta un insieme plastico e variegato di strutture, «un insieme di processi dinamici, parzialmente correlati e parzialmente indipendenti», riprende ‘l’emotio, ergo sum’ di Damasio, ci parla del ricordo come evento attivo e critica il riduzionismo organicista della ‘scienza ufficiale’ incapace di avvicinarsi alla complessità del corpo – mente – cervello, e prosegue su tante altre cose interessanti alle quali vi rimando. Ho appena scritto che il cervello è plastico: sì, ma quanto plastico? Qui preme soffermarmi su una storia in cui sono inciampato (ma si trattava di una riscoperta) quando alla fine dell’articolo di Alberto sono passato doverosamente alla lettura dei commenti; e in quello sapido e frizzante del prof. Raciti stava incastonata appunto la Storia dell’uomo che visse senza un cervello o quasi (e si scioglie l’enigma della ‘radiografia’ di Homer Simpson in apertura).

Nel 2003 un paziente di Marsiglia viene ricoverato in ospedale con una diagnosi di idrocefalia; il cervello si presenta letteralmente compresso sulla parete della scatola cranica e le sue dimensioni sono ridotte al minimo. Nonostante ciò, assicura il neurologo Lionel Feuillet (quasi un collega di Rose), “l’uomo riesce a condurre una vita normale”.

Il caso è apparso sull’autorevole rivista medica londinese The Lancet. Sposato e padre di due figli, a questo impiegato pubblico di 44 anni è stata diagnosticata una idrocefalia non-comunicante (un aumento della quantità di liquido cefalo-rachidiano). Gli esami (scanner, IRM) hanno rivelato delle immagini molto inconsuete, con “delle cavità ventricolari enormi”. Il cervello, sia la sostanza grigia che quella bianca, costituiva un sottile strato appiattito sulle pareti della scatola cranica. Per i medici la discordanza tra immagini tanto inquietanti e una vita quasi normale, è ‘un messaggio di speranza’: il cervello del paziente, che è stato curato efficacemente nella prima infanzia, ha avuto modo di adattarsi plasticamente alla patologia, con il solo scotto di un piccolo ritardo intellettuale (q.i. 75). E parliamo di una massa cerebrale ridotta di un buon 80-90%...

Che si possa vivere senza usare il cervello, appare un dato incontrovertibile, se ci guardiamo attorno, però questa è solo una battuta, e non delle migliori…

Attingendo fin dai tempi pionieristici all’inesauribile riserva del meraviglioso che è internet, avevo letto diverse volte di storie simili: persone con un cervello ridottissimo, quasi inesistente che conducevano una vita normale, alcuni di loro con un alto quoziente intellettivo.

John Lorber, il neurologo inglese tra i pochissimi al mondo ad avere approfondito il caso degli idrocefali intelligenti fin dalla metà degli anni ‘60, ha posto provocatoriamente la questione se il cervello è veramente necessario .. Uno dei primi casi portati alla sua attenzione riguardava un giovane con un q.i. di 126, premiato per le sue doti matematiche, ma privo virtualmente di cervello; un esame non invasivo (cat scan) chiarì che alle pareti del suo cranio aderiva uno strato di cellule cerebrali non più spesso di un millimetro; il resto della cavità cranica era occupato da fluido cerebrospinale; il ragazzo continuò la sua vita normalmente, eccetto che per la nuova consapevolezza di non avere cervello. Evidenze aneddotiche come queste sono comparse spesso nella letteratura medica. Merito di Lorber è stato lo studio sistematico di questi casi. Ne ha raccolti più di 600 e li ha divisi a seconda della gravità:

- quelli con un cervello quasi normale

- quelli con una capacità ridotta al 50-70%

- quelli con una capacità ridotta al 70-90%

- quelli più gravi, con la cavità cranica riempita al 95% di fluido

Dell’ultimo gruppo, che comprendeva circa il 10% del campione, la metà era gravemente ritardata. L’altra metà aveva un q.i. superiore a 100. Gli scettici hanno attribuito i risultati a errori di lettura dei cat-scan e certo, ammette Lorber, ‘smorfiarli’ è abbastanza difficoltoso; “io non so se lo studente di matematica aveva un cervello di 50, 100 o 150 grammi. So però che era ben lontano dal chilo e mezzo della media”. Si attribuisce il merito di queste prestazioni mentali apparentemente impossibili alla ‘ridondanza’ del cervello e alla sua capacità di riassegnare le funzioni, anche se, ammettiamolo, sono risposte che non spiegano molto.

Le anomalie, che poi sono la punta visibile di complesse fenomenologie e non scherzi di natura, vengono spesso marginalizzate, perché esigono risposte che oggi la scienza non è in grado di dare, e questo avviene in vari settori, pensiamo agli esperimenti che hanno confermato l’esistenza della fusione fredda (di fatto ignorati o ridicolizzati) o alle evidenze osservative che contraddicono la teoria del big bang (gli eretici sono stati banditi dai grandi telescopi) ; viene più comodo confermare le vecchie certezze, e i relativi assetti di potere, chiudendo le carte scomode dentro un cassetto.

Tornando al punto, forse è stata sovrastimata l’importanza della corteccia cerebrale: si è fatta anche l’ipotesi che funga da libreria di consultazione, mentre le strutture profonde del cervello avrebbero un ruolo più decisivo; forse al contrario è proprio il neopallio, lo strato più esterno della corteccia che in molti idrocefali si salva (anche ridotto a un millimetro ma ‘spalmato’ su una vasta superficie), ad assicurare le funzioni intellettive; vero è che il cervello ha una grande capacità di adattamento alle patologie e alle lesioni, e gli spendidi libri di Oliver Sacks ce lo dimostrano. E vero è, soprattutto, che non sappiamo come il cervello produca la sua mente, ammesso che “la mente sia semplicemente ciò che il cervello fa” (Minsky). Non sappiamo come si ricrei immediatamente e momento per momento l’unità della coscienza e della nostra vita interiore.

10 commenti:

Donatella Ragusa ha detto...

Posto che Oliver Sacks è un ricercatore sensibilissimo e posto che vivere "senza pensieri" è meglio che avere "troppi pensieri",
siamo sicuri che quello scritto/riportato non sia ...una "terza beffa"?

pietro spalla ha detto...

Non credo sia una beffa. Mi incuriosisce ma non stupisce che si può avere solo il dieci per cento del cervello ed essere (quasi) normale. Simmetricamente, ad esempio, io che ho il doppio di un cervello normale sembro quasi come voi.
Anche io conme Giovanni ho il dubbio che sia stata sopravvalutata l'importanza del cervello e sospetto che emozioni e subconscio risiedano in una parte più profonda di noi. Però è' un discorso troppo esoterico (che sto approfondendo). Meglio fermarsi quì.
Pietro

alberto.spatola ha detto...

Devo dire che il "cervello", che poi in realtà è il S.N.C. (Sistema Nervoso Centrale )e che comprende anche il M.S. (Midollo Spinale ) e che è pertanto distinto dal S.N.P.(Sistema Nervoso Periferico-,essendo quest'ultimo costituito dai fasci nervosi periferici) ha proprietà plastiche ed autoriparative notevoli. E' noto, ad esempio, dalla clinica neurologica, che un ictus cerebri, anche con sintomatologia eclatante , quale una paresi o emiparesi, può guarire anche quasi completamente , dopo un certo periodo dalla lesione primigenia , anche dopo sei mesi o un anno.
Si parla appunto di neuroplasticità del S.N.C. ed è nota da tempo. La cd "riabilitazione neuromotoria " si basa sulle capacità di recupero del SNC dopo una lesione. Ecco perchè chi ha una paralisi deve fare fisiokinesiterapia, perchè così mantiene trofiche le masse muscolari , in attesa di un recupero della lesione nel SNC che tornerà dopo un certo periodo di tempo ad "innervare" efficacemente le aree somatiche interessate. Ed anche perchè bisogna spesso recuperare capacità prassiche e gnosiche varie. Il caso riportato da Giovanni è interessante , ma si tratta dell'eccezione che conferma la regola. Cioè le atrofie del SNC da idrocefalo sono appunto quasi sempre accompagnate da ritardo mentale e a volte anche da altra sintomatologia neuropsichiatrica. E' solo grazie alla grande capacità vicariante del SNC che si possono vedere quadri clinici di tal tipo. Parlando con un amico neuroradiologo durante l'esecuzione di una RMN encefalo, mi spiegava che spesso si vedono quadri radiologici molto seri, con aree atrofiche estese, senza sintomatologia clinica. Ciò è dovuto al fatto che le aree neuronali non lese tentano di vicariare il lavoro di quelle lese. E' come se in un ufficio chi c'è faccia anche il lavoro di chi si dà malato , in attesa che torni (se torna). Alle volte le guarigioni complete non ci sono e si hanno "gli esiti" (zoppie, afasie etc. etc. ). Va tenuto presente inoltre che le lesioni focali di aree specifiche del SNC , non sono facilmente vicariabili. Se è lesa la corteccia visiva , ad es. , si ha la cecità. Se è leso il tratto nigro striatale si ha il Parkinson . Le funzioni vicarianti del SNC si manifestano meglio nel caso di interessamento complessivo e non focale. Ma sino ad un certo grado: L'alzheimer è caratterizzato da atrofia corticale in certe zone cerebrali. (fronto parietali ).

Donatella Ragusa ha detto...

Sometimes I'm afraid of Altzheimer, but there's more..may be. Where's it?

alberto.spatola ha detto...

( a completamento di quanto detto prima )........L'Alzheimer è spesso caratterizzato da vaste aree di atrofie corticale in ampie zone cerebrali. Ma nonostante l'ampiezza delle aree interessate , o forse proprio per tale ampiezza, non c'è gran chè capacità riparativa o vicariante nella Malattia di Alzh. , caratterizzata a volte da un precoce declino delle capacità cognitive. Ci sono pure dei casi di Alzh , senza considerevole atrofia cerebrale. Comunque , in linea di massima, lesioni o atrofie corticali sono seguite da sintomatologia clinica. Ergo tutto il " mentale " ha comunque a che fare con il SNC. La psiche non può neppure manifestarsi (non dico esserci) senza un SNC normofunzionante.

Giovanni La Fiura ha detto...

Alberto parla di casi di Alzheimer senza considerevole atrofia cerebrale. Ho letto (ma non ho riferimenti precisi sull'attendibilità) di un tipo molto intelligente e colto che si era andato convincendo che le sue capacità mentali si deterioravano. Però tutti i test che faceva lo collocavano regolarmente al top della scala. All'improvviso si manifestarono tutti i sintomi di un Alzheimer avanzato, e ben presto seguì la morte. Le persone intelligenti che tengono costantemente in esercizio la mente creano forse flessibilità e capacità inerenti che permettono in qualche modo di 'aggirare' il danno (un po' come fa internet con i suoi pacchetti di dati che cambiano strada se incontrano un ostacolo) anche se non per sempre. Sono d'accordissimo sul fatto che la psiche non si può manifestare senza un sistema nervoso centrale funzionante. Il 'si può vivere senza cervello' di Lorber è una boutade che gli è servita per farsi ascoltare. Che il sistema nervoso continui a funzionare anche in condizioni limite è una condizione umana da cui si possono ricavare preziose informazioni e riflessioni.

pietro spalla ha detto...

Preferisco cogliere dal competente contributo di Alberto gli aspetti più incoraggianti sulle capacità del cervello di compensare i danni da traumi e da invecchiamento.
Per rimanere in questo clima di ottimismo neurologico, segnalo a pag. 198 della rivista allegata a Repubbica di Sabato l'interessante prefazione al libro di Norman Doldge "Il cervello infinito" che oppone al corrente "nichilismo neurologico" (il cervello sarebbe una macchina destinata ad invecchiare senza capacità di evolversi dopo una certa età) una visione ottimistica delle capacità plasticche del cervello a suo dire sottovalutate. Anche un cervello non giovane, scrive, sa modificare la propria struttura attraverso il pensiero e la parola: ecco perchè noi delle cenette siamo così in forma e sempre in evoluzione.
Già che ci sono segnalo, sulla stessa rivista, un bellissimo articcolo di Galimberti sul rappporto tra religione e ragione: assolutamente da leggere!
Pietro

Donatella Ragusa ha detto...

Ringraziando, intanto, delle segnalazioni, mi piacerebbe continuare a pensare in termini "out" rispetto le nostre amate celluline neuronali.
Mi pare una sfida provare a collocare "feelings and soul" altrove. Vibrazioni cellulari somatiche? Cosa è l'istinto, archi-palio-cervello escluso?

alberto.spatola ha detto...

La sede dell'anima

L'argomento dell'anima e della sua possibile sede è un argomento che è stato molto popolare nella storia della filosofia.Nei tempi moderni lo è un pò di meno perchè di anima si parla poco. Il termine è ripreso da Jung con significato meta religioso, ed archetipico. Nell'uomo ci sarebbe l'anima , nella donna l'animus.
Personificazione di una natura femminile nell'inconscio dell'uomo e di una natura maschile nell'inconscio della donna.
Cartesio invece si occupò della sede dell'anima credendo di individuare nella ghiandola pineale la sede specifica :
"Articolo 32.
Come si vede che questa ghiandola -la pineale- è la principale sede dell'anima.
Mi sono convinto che l'anima non può avere in tutto il corpo altra localizzazione all'infuori di questa ghiandola, in cui esercita immediatamente le sue funzioni, perché ho osservato che tutte le altre parti del nostro cervello sono doppie, a quel modo stesso che abbiamo due occhi, due mani, due orecchi, come, infine, sono doppi tutti gli organi dei nostri sensi esterni. Ora, poiché abbiamo d'una cosa, in un certo momento, un solo e semplice pensiero, bisogna di necessità che ci sia qualche luogo in cui le due immagini provenienti dai due occhi, o altre duplici impressioni provenienti dallo stesso oggetto attraverso gli organi duplici degli altri sensi, si possano unificare prima di giungere all'anima, in modo che non le siano rappresentati due oggetti invece di uno: e si può agevolmente concepire che queste immagini, o altre impressioni, si riuniscano in questa ghiandola per mezzo degli spiriti che riempiono le cavità del cervello; non c'è infatti nessun altro luogo del corpo dove esse possano esser cosí riunite, se la riunione non è avvenuta in questa ghiandola."
(Cartesio -Le passioni dell'anima -Parte prima art. 32 )
Si comprende che per alcuni "anima" è qualcosa di metafisico e spirituale, -tra questi anche il credo delle religioni monoteiste-; per altri come Jung, ha solo una valenza psicologica. Per altri ancora viene sostituita , ad esempio nel linguaggio ermetico di Heidegger, da termini come "presenza" o "esserci". Ma la cosa più importante che accomuna tutti è : quale è il rapporto con il corpo e con il SNC in particolare? E poi c'è davvero l'anima ? Non esiste in realtà solo una realtà quella del " corpo vissuto "? ( Der Leib), degli autori più legati alla fenomenologia Husserliana, o ad un Merleau-Ponty? E sopratutto il fatto che lesioni del SNC zittiscano "l'anima" non sembra dar ragione ai neopositivisti- Schlick ed i pensatori del Circolo di Vienna - quando sostengono che esiste solo il Bios , essendo il termine anima "insensato" perchè non verificabile dalla ricerca empirica ? Lascio senza risposta queste domande per cui non ho risposta , che mi sembrano interessanti e attinenti a parte dei temi affrontati da Augusto Cavadi nel suo libro: " e per passione la filosofia ."

Francesco Vitale ha detto...

Interessante il discorso della sede dell'anima, ripreso dalla recensione di Alberto Biuso, oggi in testa.
Ma come si fa a trovare la sede di qualcosa che da ciascuno è pensata e definita in modo diverso e singolare?
In pratica non si potrebbe rispondere a questa domanda nè da un punto di vista filosofico, nè spirituale (non so cosa dice Augusto nel suo libro).
Mi piace anche Biuso quando dice che molti trattano temi filosofici inconsapevolmente. Tra questi mi sono accorto di esserci anch'io, ed è per questo che seguo le vicende del vostro gruppo e i contenuti di questo blog, che mi pare davvero molto bello.