venerdì 26 ottobre 2007

Augusto liberato per difendersi dalle critiche

Cari Filosofanti delle nostre cene
Come ampiamente previsto (data l'assenza di Augusto) in questo secondo incontro sono giunte le prime critiche, anche aspre, al libro ed all'autore.
Ha iniziato Anna Gulì che ha citato varie idee di Augusto che, a suo dire, sono assolutamente non condivisibili, come quella secondo la quale, se con la filosofia comprendiamo il "perchè" delle cose, possiamo attrezzarci anche per il "come" (farle). Non è vero, ha proseguito Anna, guardandosi attorno come per assicurarsi che Augusto effettivamente non c'era, che la filosofia ci aiuta, dato che la conoscenza può confonderci ancora di di più e persino portarci alla disperazione! (il commento di Anna ha riecheggiato il "per conoscere occorre coraggio" di Nietzsche, n.d.r.). Ed Augusto sbaglia, ha incalzato Giovanni la Fiura, anche quando scrive che se ascolto musica me la godo senza chiedermi perchè ed a a prescindere dall'autore mentre per godermi un pensiero filosofico devo riconoscerlo almeno plausibile ed apprezzare la coerenza del filosofo. Invece, ha spiegato Giovannni, anche il pensiero filosofico ha un suo suono, un'armonia che può piacermi a prescindere dalla sua coerenza logica, dalla stessa rigorosità dell'argomentazione che lo sorregge: è il caso, ad esempio, del pensiero di Nietzsche che ci trascina e coinvolge anche se non è sempre "logico".
Ed a proposito di un'altro parte del libro, non sempre, secondo Giovanni ed Alberto, gli scienziati si chiedono solo le cause immediate e non le cause prime della realtà, ed hanno citato un matematico molto profondo, di cui spero vorranno ricordarci il nome, che si chiedeva sicuramente il senso più profondo del proprio lavoro e si poneva domande come quella, accennata da Augusto, se i numeri sono un'invenzione umana o solo una "scoperta". I filosofi sono presuntuosi, ha confermato l'altro Giovanni (il Burgio redivivo) forse pensando ad Augusto, con questa loro pretesa di essere gli unici ad occuparsi di cose profonde.
Donatella ha poi sottolineato (ma qui senza volerlo ha forse sponsorizzato il pensiero di Augusto) che non è vero che l'arte soddisfa bisogni estetici ed emotivi mentre la filosofia solo bisogni celebrali: secondo Donatella possiamo avere "fame" intellettuale ed essere coinvolti emozionalmente e fisicamente da questo bisogno proprio come per altri bisogni meno cerebrali, dato che il razionale e l'irrazionale si tengono insieme ed entrambi ci costituiscono.
Abbiamo continuato così a demolire le tesi di Augusto sino al punto che ha cominciato a serpeggiare l'idea di eliminare dalle nostre cenette il testo e lo stesso Augusto. Ma poi ci siamo realisticamente rassegnati alla notizia del suo ritorno in patria dalla Colombia, ritorno favorito dagli stessi guerriglieri locali che, dopo averlo incautamente rapito, si sono dovuti subire, ogni sera per cena, i suoi discorsi filosofici ipercelebrali (I guerriglieri sono gente abituata a soffrire ma non ce l'hanno fatta a sopportare l'ennesima cena filosofica e, pur di liberarsi di Augusto, hannno accettato di pagare un contro-riscatto salatisssimo per riconsegnarlo alle autorità colombiane, che l'hanno subito estradato).
Per concludere, ci è parso interessante il dialogo tra Elisabetta Lo Bue, che ci ricordava come, per Aristotele, la curiosità intellettuale è profondamente iscritta nella natura umana ed esprime un bisogno primario (anche se spesso rimosso, n..d.r.) e Marcella Alletti che ha notato come questa curiosotà, questa fame di conoscenza si nutrono ed esprimono liberamente nei bambini, ma solo sino a che non cominciano ad andare a scuola! Anche a me sembra che la scuola si incarichi di uccidere curiosità e meraviglia. E così la cultura, da piacere naturale, diventa una costrizione, un fastidio, un corpo estraneo.
Per fortuna, ha poi concluso la sig.ra Carla, ad una certa età, quando la società ha smesso di stritolarci con le sue richieste di omologazione, funzionalità ed efficenza, ritornano la voglia d'imparare e di capire.
Martedì prossimo commenteremo la seconda parte del libro di Augusto Cavadi "E per passione la filosofia", ossia sino a pag. 115. Essendo di nuovo presente l'autore auguriamoci che la diplomazia e l'affetto che, nonostante tutto, nutriamo per lui, non annacquino il libero confronto con le sue idee.
Vi lascio con un bel pensiero di Simone Weill, coerente con l'ultimo tema:
"La volontà, contrariamente all'’opinione corrente, non ha quasi alcuna parte nello studio. L’'intelligenza può essere guidata solo dal desiderio… La gioia di imparare è indispensabile agli studi quanto lo è la respirazione per i corridori".
Ciao Pietro

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Se posso dare un contributo all’argomento “conoscenza ed insegnamento”, io penso che nella società di oggi considerare prioritario innalzare i livelli di conoscenza per tutti senza affrontare seriamente gli aspetti qualitativi e quantitativi di competenze che, in questo contesto, la figura dell’insegnante deve avere porta inevitabilmente all’appiattimento del livello culturale dei più soffocando la spontanea curiosità di molti giovani che, vedendo spersonalizzato il rapporto con l’insegnante, abbandonano l’idea di seguire le proprie attitudini e aspirazioni. Quanti insegnanti riflettono sulla parola che definisce il loro ruolo (in-signum) colui che mostra la via, colui che indica il percorso che porta alla conoscenza, limitandosi a somministrare nozioni, peraltro mai neutrali. E non è un problema solo della scuola italiana ( pensiamo al livello di ignoranza degli americani !!!). Diamo spesso lo stesso significato a parole profondamente diverse, pensiamo per es. alle parole “docente” ed “insegnante”: oggi la Scuola è tutto un equivoco per cui……..speriamo!

Scusate se dico cose ovvie, ma l’ovvietà non è detto che non possa far riflettere.

Non potendo esserci martedì perché fuori Palermo, saluto tutti e alla prossima

Armando

pietro spalla ha detto...

Già che ci siamo, a proposito degli interessanti contributi di Elisabetta, di Marcella e della sig.ra Carla, ecco cosa pensava Danilo Dolci dei danni che fa la scuola::

"Non è vero che tra insegnamento e conoscenza vi sia un rapporto di causa ed effetto....ridurre negli altri l’esperienza della ricerca e della creatività non solo spegne la gioia della scoperta ma produce risentimenti, talora odio. In tutto questo non si articola un processo educativo ma distruzione di personalità, del naturale bisogno di sapere."

ed Erasmo da Rotterdam:

"Il reciproco amore tra chi apprende e chi insegna è il primo e più importante gradino verso la conoscenza"

Pietro Spalla